Archive for Giugno, 2023

Crepet: «Il virtuale è spietato con i nostri ragazzi. E oggi i genitori vogliono essere più giovani dei figli»

lunedì, Giugno 19th, 2023

di Walter Veltroni

Lo psichiatra: «Gli ex contestatori sono servi dei figli». La Pandemia? «È stato un big bang. Ha prodotto disagio per il modo in cui è stata gestita»

Crepet: «Il virtuale è spietato con i nostri ragazzi.  E oggi i genitori vogliono essere più giovani dei figli»

Paolo Crepet è uno degli analisti più attenti dello stato della condizione giovanile. Sta per uscire un suo volume, per Mondadori, intitolato Prendetevi la luna .

Come vedi l’esplodere del disagio tra i ragazzi del nostro tempo?
«Coesistono due fenomeni: da una parte la tendenza all’autoisolamento, la diffusa perdita di speranze, la difficoltà di vedere il futuro. Ma non è solo questo, il senso di rinuncia convive con un atteggiamento opposto: la rabbia, la violenza, la prepotenza del bullismo. Non è un fenomeno nuovo, se ci si pensa. Negli anni in cui eravamo giovani una parte dei ragazzi precipitò, fino a morirne, nell’eroina, la cui improvvisa esplosione è un fenomeno mai indagato davvero, e un’altra nel terrorismo che, in fondo, era una forma di indifferenza e di cinismo nei confronti della vita altrui. E persino della propria. Se si vuole il racconto più drammatico di quella condizione di disagio bisognerebbe rileggere le lettere a Lotta Continua. In quel tempo esisteva, infatti, una diffusa e coinvolgente partecipazione politica e civile. Ciò che manca, oggi. Sia chiaro, comunque: un adolescente non inquieto è inquietante».

Quanto ha pesato la pandemia?
«È stato un big bang. Ha prodotto disagio per il modo in cui è stata gestita: chiusura delle scuole, didattica a distanza, conseguente chiusura in casa dei ragazzi, isolati dal contesto sociale. È stata dura per tutti, ma per loro è stata un’esperienza afflittiva. A scuola si va certo per imparare, certo perché è un dovere. Ma si va anche perché c’è un cortile, un corridoio, una ricreazione. Lì si trovano gli amici, gli amori, si costruisce la ragnatela fondamentale, la prima, dei rapporti sociali. I ragazzi sono stati rinchiusi nel loro cellulare. Quando una ragazza di un liceo di Bologna alla quale è stato tolto il cellulare ti dice, due settimane dopo, “Non è male, questo esperimento, finalmente siamo tornati a parlare” ci sta parlando di una possibilità. Se io prendo una ragazza di sedici anni e la chiudo con le cuffiette, con una visione del mondo che passa solo attraverso lo schermo, è chiaro che qualcosa in quella esperienza umana accade. Dovremmo studiarla bene».

Cosa pensi degli sviluppi tecnologici annunciati, come il visore Apple e l’intelligenza artificiale?
«Tim Cook ha ragione a dire che il visore sarà una rivoluzione. La terza tappa: il computer, l’Iphone, ora il visore. Ma il visore porta a un mondo prevalentemente virtuale. La prima cosa che mi viene in mente è la follia. Il mondo della psicosi è sempre stato descritto come un mondo altro, in cui tu costruisci una tua vita virtuale. Parli da solo, pensi da solo. È l’uomo sull’albero di Amarcord di Fellini. Mondi altri, costruiti per sfuggire a quello reale. Che inquieta, fa soffrire. Il virtuale è stare su quell’albero».

Il nostro tempo è causa di infelicità?
«Mi viene in mente il caso del “ragazzo selvaggio” magnificamente raccontato nel film di Francois Truffaut. Un adolescente trovato nel bosco dove aveva trascorso i primi dodici anni della sua vita che si cerca di riportare nel mondo civile. Siamo in pieno illuminismo e la domanda che si fanno i medici che lo curano è: la civiltà porta felicità?».

Nel caso del ragazzo la risposta è no. Non riuscì mai a integrarsi, morì infelice.
«Perché citare questo caso? Perché questo è il tema. E se le tecnologie, nel separarci e relegarci in un mondo virtuale costruissero la nostra infelicità? “Think different” diceva Apple: era un messaggio di libertà, di innovazione, era una promessa di libertà e di felicità. È stato davvero così? Gran parte del disagio giovanile nasce o si alimenta in relazione con questi strumenti. Torniamo all’illuminismo: libertè, egalitè, fraternitè. Cos’è la fraternitè, Facebook? E cos’è la libertè, il metaverso? Tutto questo crea appagamento, dipendenza o maggiore libertà? Forse è venuto il momento di ragionarne senza le catene dell’ovvio o del politicamente corretto imposte dallo spirito del tempo».

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Chi c’era sul Suv dei Theborderline? Perché i clic sono crollati? I dubbi sull’incidente e l’addio degli youtuber: «Pensiamo solo a Manuel»

lunedì, Giugno 19th, 2023

di Erica Dellapasqua e Rinaldo Frignani

«Impossibile moralmente proseguire, pensiamo solo a Manuel», hanno scritto sulla loro pagina di Youtube. Matteo Di Pietro ha schiacciato il piede sull’acceleratore per superare un’auto, forse una bravata

Chi c'era sul Suv dei Theborderline? Perché i clic sono crollati? I dubbi sull'incidente e l'addio degli youtuber: «Pensiamo solo a Manuel»
I fiori e i pelouche lasciati a Casal Palocco in ricordo del piccolo Manuel 

Oltre 30mila visualizzazioni in meno di un’ora per l’addio degli youtuber di «TheBorderline». I ragazzi che dal 2020 hanno catturato l’attenzione di milioni di utenti in Rete e circa 600 mila iscritti alla loro pagina, hanno comunicato ieri sera di aver chiuso con la loro attività dopo l’incidente nel quale, mercoledì scorso, uno dei fondatori della crew, Matteo Di Pietro, 20 anni, ha ucciso il piccolo Manuel travolgendo con un Suv l’auto della mamma nel quartiere romano di Casal Palocco. «I TheBorderline — hanno scritto in un testo pubblicato nell’ultimo video — esprimono alla famiglia il massimo, sincero e più profondo dolore. Quanto accaduto ha lasciato tutti segnati con una profonda ferita, nulla potrà mai più essere come prima». 

E ancora: «L’idea di TheBorderline era quella di offrire ai giovani un intrattenimento con uno spirito sano. La tragedia accaduta è talmente profonda che rende per noi moralmente impossibile proseguire questo percorso. Pertanto, il gruppo TheBorderline interrompe ogni attività con quest’ultimo messaggio. Il nostro pensiero è solo per Manuel».

Chi c’era sul Suv?

Sul fronte delle indagini da chiarire ci sono ancora alcuni aspetti. Come chi c’era davvero sul Suv che ha ucciso Manuel. A parte Di Pietro, indagato per omicidio stradale, e Vito Loiacono, la sua spalla in numerose challenge su YouTube, secondo chi indaga sulla Lamborghini Urus lanciata a 110 chilometri all’ora c’erano almeno due ragazzi e una ragazza sui quali il riserbo è massimo. 

Perché? Le smentite della «dirigenza» dei «TheBorderline» — in tre hanno ribadito che non c’erano — fanno ritenere che i due a bordo abbiano fatto salire altri giovani. Come un ragazzo coinvolto nella zuffa con i genitori di altri bambini dopo l’incidente: è stato ripreso in un video mentre una poliziotta cerca di fermarlo. 

Chi è? Interrogativi che alimentano il mistero, insieme con la presunta fuga di uno o più passeggeri del Suv da via di Macchia Saponara. Anche su questo aspetto lavorano i carabinieri che indagano sulla morte del bambino: fra le informazioni contenute nei telefonini sequestrati agli youtuber insieme con telecamere e schede video, ci sarebbero anche le chat con i messaggi che i ragazzi si sono scambiati prima ma soprattutto dopo lo schianto.

L’auto superata

Dalla ricostruzione dei vigili urbani viene soprattutto confermato il fatto che Di Pietro prima dell’incidente ha superato un’auto a forte velocità. Da capire se sia stata solo una manovra azzardata o una bravata al volante di una supercar capace di toccare i 100 km/h in meno di 3,5 secondi. E comunque al vaglio c’è il ruolo di questa terza vettura.

Funerali in settimana 

Oggi intanto dovrebbe arrivare il nulla osta della procura per restituire Manuel alla famiglia come richiesto dai suoi legali. I funerali potrebbero essere celebrati a metà settimana, preceduti da una fiaccolata di solidarietà a Casal Palocco. Una dimostrazione di affetto alla famiglia della piccola vittima, ma anche di rabbia nei confronti dei ragazzi coinvolti che continuano a ricevere minacce social, come anche il noleggiatore del Suv, titolare della società Skylimit. Alcuni di loro sono stati costretti a trasferirsi.

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Turismo, un’estate di lavoro: è boom di assunzioni. Quali sono i mestieri più richiesti

sabato, Giugno 17th, 2023

A giugno 125.000 contratti nel settore della ristorazione. Trend positivo anche nel comparto manifatturiero

Roma – Sono poco meno di 125mila le assunzioni previste per il mese in corso nelle sole imprese della ristorazione e dei pubblici esercizi. Si arriva a 165mila se si considerano quelle in gioco per l’intero settore turistico in giugno. Ma si sale addirittura a quota 353mila per l’intero comparto se si considera tutto il trimestre estivo. Il boom delle vacanze e degli arrivi dall’estero dell’estate 2023, dunque, si riverbera anche nei fabbisogni occupazionali di ristoranti, alberghi, bar, locali notturni.

I dati su turismo e mercato del lavoro

I dati su turismo e mercato del lavoro

A indicare i trend del mercato del lavoro dei mesi estivi sono gli analisti del Centro Studi di Fipe-Confcommercio, sulla base dei numeri aggiornati del Sistema informativo Excelsior Unioncamere-Anpal. Numeri che, più complessivamente, segnalano una tendenza favorevole anche per altri settori, come quello dei servizi e del manifatturiero, con aspettative positive che si traducono nella previsione di 568mila assunzioni a giugno e quasi 1,4 milioni entro agosto. Anche se non mancano le ombre, rappresentate dalla difficoltà consistente di reperire e reclutare i profili richiesti. Il cosiddetto mismatching o disallineamento tra competenze cercate e professionalità disponibili raggiunge il 46-50 per cento dei profili. A trainare il mercato del lavoro, dunque, è certamente il turismo.

Nello specifico, per il 77% dei casi è previsto un contratto a tempo determinato, per il 9% a tempo indeterminato, mentre la restante parte sarà inquadrata con contratti di apprendistato e altre tipologie contrattuali. Se spostiamo il focus sul solo settore della ristorazione, tra le figure professionali più ricercate si confermano i camerieri con oltre 64.000 profili nel solo mese di giugno. Un numero destinato a raggiungere le 144.000 unità nel trimestre giugno-agosto. Seguono, poi, i cuochi con 24.000 assunzioni previste e i baristi con oltre 19.000 posti da coprire.

A livello territoriale, Roma, Rimini e Bolzano sono le province che sostengono maggiormente la domanda di lavoro. La Capitale, con il 4,2% delle assunzioni, deve il suo primato alle dimensioni del mercato, mentre Rimini e Bolzano, posizionate al secondo e al terzo posto, beneficiano della forte specializzazione turistica del proprio territorio. L’altro grande settore che cresce per occupati previsti è quello manifatturiero. A giugno, l’industria nel suo complesso ricerca circa 134mila lavoratori che salgono a 348mila nel trimestre giugno-agosto. Per il manifatturiero, che è alla ricerca di 89mila lavoratori nel mese e di 237mila nel trimestre, le maggiori opportunità di lavoro riguardano le industrie della meccatronica che ricercano 22mila lavoratori nel mese e 58mila nel trimestre, seguite dalle industrie metallurgiche e dei prodotti in metallo (circa 18mila nel mese e 45mila nel trimestre) e da quelle alimentari (13mila nel mese e 46mila nel trimestre). A livello complessivo l’incremento è di oltre 9mila unità rispetto a giugno 2022 (+1,5%) e di circa 37mila unità sul corrispondente trimestre (+2,8%).

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Russia, vicina la fine della guerra in Ucraina? Cambia tutto sulla pace

sabato, Giugno 17th, 2023

Passo avanti della Russia verso la fine della guerra in Ucraina. «Ribadisco che siamo grati a tutti i Paesi, a tutti gli Stati e a tutte le figure pubbliche», a «tutti coloro che parlano di pace, di una soluzione (pacifica) e che vogliono rendersi utili» e «ci sono idee interessanti che possono funzionare». Si è espressa così la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, in alcune dichiarazioni all’agenzia di stampa russa Tass in cui ha affermato che iniziative di pace per porre fine al conflitto in Ucraina proposte da vari Paesi contengono idee che potrebbero «funzionare». «Ci sono idee che sono in sintonia con i nostri approcci», ha ribadito, citando, «ad esempio, l’iniziativa cinese». 

Il problema, ha accusato Zakharova, è che queste iniziative vengono bloccate «dal regime di Kiev». «Tutto questo è stato bloccato dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky perché è questo il concetto che è stato definito a Washington – ha incalzato – Washington segue il principio di ‘uccidere quanti più russi possibile’. Un concetto che è stato espresso da importanti rappresentanti dell’establishment politico Usa, George Bush e Lindsey Graham compresi. E inoltre vogliono danneggiare la Russia per danneggiare la Cina». 

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Grecia, poche speranze di trovare superstiti. “È la tragedia più grave”

sabato, Giugno 17th, 2023

Franceco De Palo

Mentre non si fermano le operazioni di ricerca nelle acque dinanzi al Peloponneso, con una fregata militare, un elicottero Super Puma e diversi droni, e si assottigliano le speranze di trovare sopravvissuti dopo il naufragio del peschereccio Adriana, sono le voci politiche a confrontarsi aspramente, palesando attacchi ideologici accanto ai racconti di chi ce l’ha fatta. Intanto chi aveva lasciato intendere che vi fosse una responsabilità diretta greca è stato smentito dalle testimonianze, che parlano apertamente di due offerte di soccorso da parte della Guardia Costiera ellenica. Quest’ultima ha lanciato una corda prima dell’affondamento, ma gli immigrati l’hanno sciolta. Fino a questo momento sono stati salvati 104 migranti, di cui 71 trasferiti in una struttura a Malacca, 27 ricoverati in ospedale, 9 arrestati, mentre i cadaveri recuperati sono 78. Nonostante ciò, le ong continuano ad attaccare: Save the Children, assieme ad Amnesty International e altre otto, invoca un’indagine completa sul ruolo degli Stati membri e sul coinvolgimento di Frontex, passaggio che si è verificato sin dalle prime ore dopo il naufragio quando, sul molo di Kalamata, polizia e intelligence greca hanno iniziato a interrogare gli scafisti, raccogliendo preziose informazioni sul viaggio e su quanto ha fruttato alle organizzazioni criminali. Ma sembra non bastare alle ong, che accusano le autorità di diversi Stati membri di essere state informate dell’imbarcazione in difficoltà molte ore prima del suo rovesciamento e anche un aereo di Frontex era presente sulla scena, sostengono. Non fanno menzione dei rifiuto da parte dell’Adriana dell’intervento greco, anzi chiedono alla presidente della Commissione europea, Ursula Von der Leyen, di «assumere finalmente una posizione chiara rispetto al cimitero a cielo aperto alle frontiere terrestri e marittime dell’Europa e a richiamare gli Stati membri alle proprie responsabilità». Il riferimento è a un sistema di asilo europeo, nella consapevolezza che, come osservato dal direttore esecutivo di Frontex, Hans Leijtens, salvare vite umane è «ovviamente la massima priorità» dell’Agenzia europea. Bruxelles, chiamata i causa dalle ong, replica per voce della commissaria europea agli Affari interni, Ylva Johansson, secondo cui non ci sono ancora tutte le informazioni su cosa è successo nel naufragio di Pylos. Ma su un punto non ci sono dubbi: «I trafficanti che mettono queste persone sulle navi non le stanno mandando verso l’Europa.

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Così siamo il coccio tra i vasi di ferro

sabato, Giugno 17th, 2023

Stefano Lepri

Meglio che l’Italia abbandoni le idee velleitarie su cui si è trastullata per qualche mese. Sulle nuove regole di bilancio per i Paesi europei siamo a una stretta imprevista: da una parte la Germania, dall’altra la Francia. L’Italia non può che schierarsi con la Francia, con la quale in materia di finanza pubblica ha parecchio in comune.

Oltre non si può andare. Anche per tentare ricatti o cercare baratti servono alleati, tra i 27 dell’Unione e i 20 dell’euro. In teoria ha buone ragioni il ministro Giancarlo Giorgetti per sostenere che le spese per investimenti, almeno quelli importanti, andrebbero favorite. In pratica, è da quando esiste l’euro che ogni tanto si prova a trovare una regola chiara per farlo, e non ci si riesce.

Se si condivide una moneta occorrono salvaguardie perché gli eccessi di un Paese danneggiano anche gli altri. Però si è visto che una volta fissate le regole quasi tutte le maggioranze di governo sfruttano gli spazi concessi molto più per spese correnti, di più rapido effetto sugli elettori, che per spese volte al futuro. Da quando ci sono i vincoli – ossia il Patto di stabilità nelle sue tre successive versioni – quasi tutti i Paesi membri dell’euro hanno investito troppo poco. Ha investito poco l’Italia dandone la colpa alle regole e ha investito poco la Germania che talvolta ha persino strafatto nel rispettarle. Il problema non è facile da risolvere.

In Germania si era provato, con la Costituzione del 1949, ad adottare una formula semplice: lo Stato può far deficit solo per gli investimenti. Poi negli anni ci si era impantanati in discussioni senza fine su che cosa sia investimento. Dal 2009 si passò a una regola numerica, rigidissima nella lettera ma elusa con sotterfugi negli ultimi anni. Si ricorreva dunque a numeri precisi per litigare di meno. Ma più volte la realtà si è evoluta in modo diverso dai ragionamenti concordati. Il Patto del 1997 parve a un certo punto schematicamente rigido di fronte a una crescita economica infiacchitasi. L’allentamento concordato nel 2005 parve poi un errore di fronte al panico sui debiti del 2010-2011.

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Patto di stabilità, lite sul debito: la Germania attacca l’Italia

sabato, Giugno 17th, 2023

Marco Bresolin

Nord contro Sud. Falchi contro colombe. Ma soprattutto: Parigi contro Berlino. La più classica delle divisioni, che taglia in due il Vecchio Continente lungo un asse orizzontale, è riemersa prepotentemente nella prima discussione ufficiale tra i ministri delle Finanze sulla riforma del Patto di Stabilità disegnata dalla Commissione europea. A dividere i due blocchi, la proposta di introdurre un target minimo annuale, uguale per tutti, per la riduzione del debito. Uno strumento che sembra però essere in contraddizione con lo spirito della riforma, basata su percorsi di rientro personalizzati e negoziati bilateralmente dalle singole capitali con Bruxelles. Ma per il fronte nordico si tratta di una questione fondamentale: bisogna garantire un taglio minimo del debito.

Christian Lindner è in prima linea in questa battaglia e anche ieri ha ribadito quella che dovrebbe essere l’entità del taglio annuale: almeno l’1% del Pil. Un target che a suo modo di vedere è tutt’altro che eccessivo: «Con questa riduzione, per un Paese che ha un debito del 140% servirebbero 80 anni prima di vederlo scendere sotto il 60%. Io avrei 124 anni…». Pur senza nominarla esplicitamente, il riferimento di Lindner è chiaramente all’Italia, che ha un debito superiore al 144%. «Noi condividiamo chiaramente il fatto che la progressiva riduzione del debito è condizione essenziale per la stabilità, la sostenibilità e la crescita», ha replicato Giancarlo Giorgetti. Ma per il ministro italiano delle Finanze «gli aspetti tecnici non devono prevalere rispetto alle considerazioni politiche». E durante il suo intervento ha insistito sul cavallo di battaglia del governo: lo scorporo degli investimenti dal calcolo di deficit e debito. Si tratta degli investimenti «relativi alla transizione ambientale, energetica e digitale», in sostanza «quelli considerati prioritari anche ai sensi del Next Generation EU». Secondo Giorgetti gli investimenti del Pnrr «devono avere una considerazione particolare», anche perché «sono di durata limitata e la loro quantificazione è già stata accertata».

La battaglia sullo scorporo degli investimenti strategici, però, rischia di essere condotta in solitaria. La questione è stata sollevata solo dalla Lituania (che gioca nel campo dei “falchi”), ma limitatamente alle spese per la Difesa. Non è stata invece menzionata da nessuno dei principali alleati del fronte Sud, concentrati a difendere la proposta della Commissione e a cercare di smontare gli argomenti di Lindner & Co. Il più netto nel respingere le richieste tedesche è stato proprio il ministro francese Bruno Le Maire, secondo il quale «sarebbe un errore economico e politico grave» introdurre questi parametri comuni. Economico perché «già in passato abbiamo avuto regole automatiche, uniformi e questo ci ha portato in recessione, mentre noi vogliamo esattamente il contrario». Politico perché l’introduzione di questo parametro finirebbe per «disconoscere la sovranità degli Stati».

Al momento sono dieci i governi che sostengono ufficialmente le ragioni di Berlino: Austria, Bulgaria, Repubblica Ceca, Danimarca, Croazia, Slovenia, Lituania, Lettonia, Estonia e Lussemburgo. All’elenco dovrebbero presto aggiungersi anche la Svezia – fin qui defilata perché presidente di turno dell’Ue – e la Finlandia, dove sta nascendo un nuovo governo di centrodestra. Tutti vogliono l’introduzione di parametri quantitativi minimi per la riduzione del debito, anche se non tutti chiedono l’1% come la Germania. La ministra danese, per esempio, ha proposto una soluzione più sfumata che prevede di stabilire un taglio medio «tra lo 0,5% e l’1% in base al Paese e al ciclo economico».

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Una settimana senza Kata, il mistero della bimba scomparsa non trova soluzione. Pm: sgombero dell’ex hotel Astor occupato a scopo preventivo

sabato, Giugno 17th, 2023

dalla nostra inviata Grazia Longo

FIRENZE. Sette lunghissimi giorni. E ancora Kata non si trova. Il suo papà, Miguel Angel Romero Chicillo, 27 anni, giovedì notte è andato a cercarla con alcuni amici in un campo nomadi di Firenze. Perché insieme alla moglie Kathrina non sa più dove sbattere la testa e si aggrappa a tutte le piste possibili. Anche a quella di una zingara ladra di bambini. Ma della piccola peruviana di 5 anni, rapita il pomeriggio di sabato scorso dall’hotel Astor occupato abusivamente, tra le roulette dei Rom non c’era traccia. Una spedizione a vuoto, dunque, sintomo tuttavia del tormento che attanaglia Miguel e Kathrina, 26 anni, genitori anche di un altro figlio di 8 anni.

Intanto è iniziato lo sgombero del palazzo Astor occupato: sul posto numerose forze dell’ordine tra polizia, carabinieri, guardia di finanza e municipale. Il tratto della strada dove si affaccia l’ex hotel e la strada laterale, via Boccherini sono bloccate al traffico. Si vuole procedere all’abbattimento di tutte quelle parti interne dietro le quali potrebbe essere stata nascosta la bimba. I carabinieri, nei giorni scorsi, hanno provveduto ad un censimento interno degli occupanti abusivi, che sono stati anche tutti fotografati. Le assessore al welfare e alla sicurezza, Sara Funaro e Benedetta Albanese, da sette mesi chiedevano lo sgombero, «esattamente da quando è occupato, cioè da quando la destra ha vinto le elezioni».

Un mistero sempre più fitto
In questo giallo che da una settimana non trova soluzione, le suggestioni purtroppo si accavallano con pochi elementi concreti e sembra di rimanere in un tunnel alla fine del quale non compare alcuna luce. Tra gli ultimi tam tam che circolano tra gli occupanti peruviani dell’Astor ora domina anche il timore per «un nordafricano che dà fastidio ai bambini, li avvicina e poi cerca di farseli amici». Sospetti infondati? Timori che affondano le radici in un clima di rivalità perenne con persone di altre etnie? Fatto sta che giovedì sera una zia peruviana è andata all’Astor a prelevare i suoi due nipoti di 9 e 14 anni (che vivevano nell’ex albergo insieme alla mamma) per portarli via con sé proprio per il timore che possano anch’essi essere molestati dal nordafricano. C’è dunque un orco che ha approfittato di Kata dietro il suo sequestro? La prudenza è d’obbligo in questi casi e le indagini dei carabinieri procedono fra mille cautele.

Anche perché comunque, al momento, la pista più accreditata è quella del rapimento come vendetta nell’ambito di una guerra tra bande per la gestione del racket delle stanze. Un sistema più che collaudato e sicuro, in cui la famiglia di Kata avrebbe svolto un ruolo attivo, per riscuotere 500 euro al mese per l’affitto delle camere. A contendersi la riscossione del “pizzo” due bande di peruviani e un clan di romeni che vivono all’Astor.

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L’effetto del lutto nazionale sull’opposizione (divisa)

sabato, Giugno 17th, 2023


di Antonio Polito

La decisione di Giorgia Meloni ha riaperto una ferita e l’anti-berlusconismo ha ripreso a scavare solchi profondi

Tutti ci siamo chiesti che effetti avrebbe avuto sul centrodestra la scomparsa di Berlusconi. La risposta che abbiamo davanti ai nostri occhi è che ne ha rafforzato, almeno per un po’, l’unità. Ma che conseguenze avrà invece sull’opposizione? Stando a quello che si vede in queste ore potrebbe ulteriormente dividerla, e dunque indebolirla, almeno per un po’.

C’è da considerare innanzitutto l’«effetto bolina». Se una barca a vela viaggia sbandata a destra per il forte vento, l’equipaggio si sposterà a sinistra per bilanciarla e mantenere l’equilibrio. Ma se all’improvviso il vento muore, la barca rischia di scuffiare e capovolgersi se chi ci sta sopra non ritorna rapidamente al centro, ristabilendo un equilibrio.

Qualcosa del genere può accadere anche in politica. Per trent’anni la sinistra ha potuto dire di no a ogni ipotesi di riforma della giustizia (e non solo) sulla base del sospetto, spesso fondato, che servisse gli interessi privati del Cavaliere. Depenalizzare il falso in bilancio o accorciare i tempi di prescrizione aveva infatti un effetto diretto sugli innumerevoli processi, più di trenta, intentati contro di lui. Ma adesso che lui non c’è più, l’abrogazione di un reato come l’«abuso di ufficio» non può essergli messa in conto.

Anzi, migliaia di amministratori locali, in gran parte del Pd, festeggiano la fine di una fattispecie penale generica e discrezionale, e per questo abbastanza minacciosa da paralizzarne l’azione. Così i due «terzi poli» di Renzi e Calenda hanno approvato, il Pd di Schlein ha contestato ma sapendo che i suoi sindaci sono d’accordo, e i Cinquestelle di Conte hanno direttamente gridato allo scandalo. Nei confronti del disegno di legge Nordio, l’opposizione ha così finito per parlare più lingue, oscillando nel giudizio tra l’attentato alla libertà e la montagna che ha partorito il topolino. È la prova che d’ora in poi l’anti-berlusconismo non basterà più a unificare il fronte, e bisognerà esprimersi nel merito, dividendo così le tre opposizioni.

L’altro fattore è l’«effetto lutto nazionale». Dichiarandolo per la giornata dei funerali, Giorgia Meloni ha compiuto un gesto politico: non era un atto istituzionalmente dovuto, non era mai accaduto prima, e di sicuro le sarebbe costato molte polemiche. Però l’ha deciso deliberatamente, perché intendeva connettersi così anche sentimentalmente alle origini del berlusconismo, al ‘94 e alla discesa in campo, anche se la sua storia è molto diversa (Angelo Panebianco ha spiegato ieri con lucidità su questo giornale la differenza tra l’individualismo vitalista e libertario di Berlusconi e il comunitarismo politico della destra di Meloni). In qualche modo se n’è appropriato, pagando in morte al Cavaliere il tributo che lui aveva sempre sognato: non solo e non tanto entrare nella storia, cosa che aveva già fatto, ma esserne accettato alle sue condizioni, sotto l’«occhio magico» delle tv, in diretta a reti unificate, contornato da cantanti, soubrette, calciatori e presentatori, messi sullo stesso piano dei politici. In fin dei conti il trionfo della sua antropologia, che poi è ciò che ha sedotto metà del Paese per vent’anni. La tragica scomparsa di Flavia Franzoni Prodi, moglie dell’unico leader che era riuscito a batterlo, ha quasi simbolicamente sottolineato la diversità culturale delle due Italie che si sono combattute nella Seconda repubblica: lei è morta camminando su un sentiero francescano.

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Forza Italia, asse Marina Berlusconi-Tajani. La famiglia del leader: «Vicini al partito»

sabato, Giugno 17th, 2023

di Paola Di Caro

Il messaggio di Marina Berlusconi dopo la morte del padre. Tajani: «Il nome di Silvio sempre nel simbolo. Una convention ogni 29 settembre. Nel rapporto con gli alleati non cambia nulla: saremo sempre la pietra angolare dell’esecutivo di centrodestra»

Forza Italia, asse Marina Berlusconi-Tajani. La famiglia del leader: «Vicini al partito»

ROMA — La sala è piccola, ma il messaggio che viene lanciato dallo stato maggiore di Forza Italia è grande: qui siamo, qui rimarremo. Nel nome di Berlusconi, che «resterà per sempre nel nostro simbolo» e con l’appoggio della famiglia del Cavaliere, arrivato con una telefonata ad Antonio Tajani che la recita leggendola su un foglio: «Marina mi ha ribadito, nel rispetto dei ruoli, stima, affetto e vicinanza di tutta la famiglia nei confronti di Forza Italia, che è una delle maggiori realizzazioni del padre».

Con alle spalle una grande foto di Berlusconi tra bandiere tricolori, Tajani, Licia Ronzulli, Paolo Barelli e Fulvio Martusciello — coordinatore e capigruppo di Senato, Camera ed Europarlamento — mostrano e predicano unità, e disegnano il percorso immaginato «in totale condivisione», rimarca Ronzulli, per arrivare a rendere FI un partito che continuerà a ispirarsi a Berlusconi e ai suoi valori, ma che dovrà imparare a camminare da solo: «Come ci sono i gollisti, adesso ci saranno i berlusconiani» dicono tutti. Con alle spalle l’appoggio della famiglia, appunto, che è premessa indispensabile per proseguire il cammino e garanzia che non si smobilita. Anzi, sorride Tajani, ci saranno «nuovi arrivi».

La road map — dice il coordinatore dopo aver rappresentato il sentimento di dolore di tutti gli azzurri — sarà quella prevista dallo statuto, da «rispettare alla lettera». Per costruire la nuova struttura quindi, giovedì prossimo si riunirà il comitato di presidenza, che dovrà stabilire la convocazione del Consiglio nazionale che a sua volta eleggerà il presidente reggente. Poi sarà lo stesso reggente a convocare, sentito il Consiglio, il congresso per eleggere la nuova guida di Forza Italia. Ma, conferma il coordinatore, è chiaro che non si riuscirà a tenerlo entro l’anno.

A differenza della vigilia, quando a dominare è stato il nome di Tajani, ieri in conferenza stampa nomi non ne sono stati fatti. D’altronde non ce n’era bisogno: nessuno dubita che sarà lui a gestire questa fase, semmai andrà capito se modificando subito dopo la sua elezione il gruppo di comando, e come. Ma è presto per dirlo, visto che — spiega Tajani — ancora non si sa nemmeno quando sarà convocato il Consiglio. Invece si parla dei ruoli di chi al tavolo non c’è. Tajani alle domande su un possibile ingresso in politica direttamente da parte di qualche esponente della famiglia Berlusconi (si è parlato del fratello Paolo candidato nel collegio lasciato vacante dal fondatore, di Marina, Pier Silvio o anche Luigino ) risponde sempre allo stesso modo: «Vi ho letto la lettera di Marina: parla di vicinanza nel “rispetto dei ruoli”. Più chiaro di così, intelligenti pauca…».

Insomma, lui non può dirlo anche per delicatezza perché non si parla a nome di altri, ma al momento sembra che la scelta dei familiari dell’ex premier sia quella di non scendere in campo direttamente.

Anche su Marta Fascina e il suo ruolo Tajani qualcosa dice, e appare quasi un gesto di delicatezza per non esporla in un momento delicatissimo: «Il suo futuro ruolo? È un deputato e la compagna di vita di Berlusconi: non c’è bisogno di spazi formali». Anche qui sembra che tutto sia ancora da decidere: pesi, presenze, conferme o novità. Ci sono però alcuni punti fermi: portando avanti le proprie bandiere (dalle pensioni minime ai 1.000 euro al taglio fiscale, dal presidenzialismo a un ambientalismo sostenibile), Forza Italia unita assicura il proprio sostegno al governo. E lo fa con forza proprio Ronzulli, che finora era stata considerata una possibile spina nel fianco per Meloni. Altra certezza, il saldo ancoraggio al Ppe. Indispensabile peraltro per occupare spazio politico e per creare un legame con i conservatori in Europa che si trasformi in alleanza.

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