Archive for Giugno, 2023

Revoca a vita della patente e stretta sui monopattini: il nuovo Codice della strada

giovedì, Giugno 22nd, 2023

Luca Sablone

Un vero e proprio pugno duro contro chi alla guida si rende protagonista di azioni che mettono a repentaglio la sicurezza stradale. Va in questa direzione il nuovo Codice della strada che il governo si appresta a mettere nero su bianco. La linea rigida tocca molti fronti, dalla revoca a vita della patente alla stretta sui monopattini passando per nuove regole per i neopatentati e maggiore intransigenza per gli illeciti commessi quando si è alla guida di un’autovettura.

Sono diverse le novità previste nel disegno di legge a cui sta lavorando Matteo Salvini in vista del Consiglio dei ministri di domani. “Abbiamo messo l’educazione stradale, la prevenzione, i controlli e poi sanzione pensante per chi sbaglia, arrivando alla revoca a vita della patente per i recidivi che uccidono guidando drogati o ubriachi”, ha dichiarato il ministro delle Infrastrutture. Nei 18 articoli della bozza hanno trovato spazio anche le modifiche in materia di sicurezza dei passaggi a livello ferroviari e ulteriori sanzioni per la sosta vietata e le Zone a traffico limitato (Ztl). Ecco tutte le ipotesi sul tavolo.

Sospensione e revoca della patente

Il testo spiega che di fronte a una super multa per eccesso di velocità – o comunque per altre infrazioni che comportano la decurtazione dei punti – la patente viene sospesa se si hanno già meno di 20 punti. Gli illeciti a cui si fa riferimento riguardano il mancato rispetto del senso vietato, del divieto di sorpasso e il superamento di oltre 10 km/h e di non oltre 40 km/h i limiti massimi di velocità.

La sospensione della patente va da 7 a 15 giorni a seconda del numero di punti posseduti al momento dell’accertamento. Ad esempio nel mirino finirà chi è sorpreso alla guida con il cellulare o viene fermato dopo aver assunto droghe. Il tutto senza ovviamente escludere tutti quei comportamenti che generano statisticamente alta incidentalità. I giorni di sospensione raddoppiano in caso si sia causato un incidente. Non è finita qui: la tolleranza zero per le infrazioni introduce anche la possibilità di revoca definitiva del documento di guida per i casi più gravi.

I limiti per i neopatentati

La bozza prevede un importante cambio di passo rispetto alle regole attualmente in vigore. Si va verso l’esordio di altri limiti per i neopatentati, che non potranno guidare le auto più potenti per i primi tre anni (e non più uno) dopo il conseguimento della patente. In sostanza viene fissato a tre anni l’arco temporale dopo cui poter guidare autovetture (categoria M1) a motore termico, potenza specifica, riferita alla tara, superiore a 55 kW/t e/o comunque potenza massima pari o superiore a 70 kW.

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Il Tar dice basta ai blitz delle Ong. “È il Viminale a stabilire il porto di sbarco”

giovedì, Giugno 22nd, 2023

Gian Micalessin

Speravano in un giudice amico pronto a legittimare il dogma secondo cui il porto di sbarco dei migranti deve essere il più vicino alla nave Ong che li soccorre in mare. Ma gli è andata male. A differenza di Carola Rackete, la comandante della Sea Watch 3, scagionata e rimandata a casa dopo aver speronato una motovedetta della Guardia di Finanza, Msf (Medici Senza Frontiere) stavolta fa i conti con una sentenza del Tar del Lazio che dà piena ragione al nostro Ministero dell’Interno e liquida come prive di valore giuridico le sue ragioni.

Al centro del dibattimento, chiuso con sentenza lunedì scorso, c’erano due ricorsi sporti contro il nostro Ministero dell’Interno accusato di aver illegittimamente assegnato alla nave Geo Barents affittata da Msf, il 7 gennaio e il 23 gennaio scorsi, i porti di sbarco di Ancona e La Spezia. Due destinazioni che, a detta dei legali di Msf non potevano, stando alle norme internazionali, venir decisi dal Viminale. Ma soprattutto non potevano venir assegnati in quanto lontani dalla zona di soccorso e inficiati dal sospetto di venir scelti per scaricare l’assistenza ai migranti su due città in mano all’opposizione.

Ma il Tar del Lazio ha fatto «tabula rasa» di argomentazioni e sospetti condannando la Ong al pagamento delle spese di giudizio. Partiamo dall’ accusa secondo cui – in base alla Convenzione di Amburgo sui soccorsi in mare – la scelta del porto di sbarco sicuro (Pos – Place of Safety) non spetterebbe al Ministero dell’Interno, ma a quello delle Infrastrutture e alle Capitanerie di Porto. Una tesi definita inconsistente per due ragioni. La prima è che solo il Viminale è in grado di valutare il Pos più adeguato in base al totale degli interventi di soccorso e al numero di migranti da soccorrere. La seconda è che solo il Ministero dell’Interno può disporre i più appropriati servizi di assistenza sanitaria e di sicurezza.

Ma la batosta più significativa riguarda uno dei dogmi impostici dalle Ong ovvero il concetto che il porto di sbarco debba inevitabilmente essere il più vicino alla nave responsabile del salvataggio. Una tesi fatta a pezzi dalla sentenza che citando la normativa internazionale sottolinea come la nozione di Pos non coincida necessariamente con quella di porto più vicino alla zona di soccorso. Tanto che – a detta del Tar – il Pos può non trovarsi necessariamente sulla terraferma e venir rappresentato, in via temporanea, da una nave o da una struttura galleggiante adatta a soccorrere i naufraghi. Come dire che la Geo Barents – un bestione di 77 metri capace di operare in ogni condizioni meteo – rappresentava già un «luogo sicuro».

Secondo i giudici del Tar, inoltre, le norme internazionali non evocano un concetto di «vicinanza» fra luogo di soccorso e luogo di sbarco, ma un concetto di ragionevolezza. Il «Pos» va scelto, insomma, tenendo conto della situazione concreta dei migranti, degli aspetti logistici relativi alla gestione dei flussi migratori, alla necessità di non congestionare determinati territori e di assicurare accoglienza, identificazione oltre ad eventuali espulsioni e rimpatri.

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Ma non sono tracce sovraniste

giovedì, Giugno 22nd, 2023

di Aldo Cazzullo

Gli studenti hanno già abbastanza pressioni, non carichiamoli anche di quelle politiche

Ma non sono tracce sovraniste

L’idea di nazione non può essere disgiunta dalla libertà e dall’umanità; soltanto così non diventa oppressione su altri popoli. La prima cosa ce l’ha insegnata Cavour; la seconda Mazzini. Non so se sia di destra e di sinistra; è un utile ripasso per i nostri figli e nipoti.  Non è vero che i temi della maturità siano la prima prova dell’era sovranista. Al contrario; non sono poi così male.

I n ogni caso, non dovrebbero essere il pretesto per riaprire la discussione su quanto ci fosse di conformismo di regime negli Indifferenti di Moravia, o su quanto l’idea di nazione di Federico Chabod somigli a quella di Fratelli d’Italia.

La lunga citazione dello storico rende semmai giustizia a Giuseppe Mazzini, frettolosamente indicato anche da esponenti politici e culturali dell’attuale maggioranza come padre della triade Dio patria famiglia. Mazzini era certo un patriota, ma includerlo nel campo conservatore è una forzatura, e non perché ci sia qualcosa di male nell’essere conservatore; al contrario, perché quel campo è già così nutrito che non occorre costringervi spiriti che sentivano diversamente.

Se all’idea di nazione si accompagna quella di libertà e quella di umanità, allora la si rende incompatibile con i totalitarismi; questo intendeva dire Chabod, riallacciando la nazione italiana al Risorgimento, e liberandola dalle incrostazioni del fascismo che si basava sull’idea della disuguaglianza tra le nazioni, le razze, le religioni, le persone.

Per il resto, acchiappare i grandi e rinchiuderli nelle nostre categorie è molto difficile. Cavour fu un esponente della Destra storica; ma il «connubio» con Urbano Rattazzi venne definito «centrosinistro», al maschile, e tagliava fuori le ali estreme, quella austriacante e quella repubblicana.

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Maggioranza sotto stress

giovedì, Giugno 22nd, 2023

MARCELLO SORGI

Erano sicuramente esagerate, ieri, le valutazioni dell’opposizione – che legittimamente svolge il suo compito – sullo stato della maggioranza, dopo i due infortuni avvenuti nella giornata. Il primo forse non sarebbe neppure il caso di considerarlo tale, dato che il ministro dell’Economia Giorgetti, dando sostanzialmente il via libera alla ratifica del fondo europeo Salvastati, il famigerato Mes che l’Italia è rimasta la sola in Europa a non aver approvato. Con una lettera del capo di gabinetto pienamente condivisa dal ministro, i tecnici dell’Economia invitano il Parlamento a dire il suo “sì”, sostenendo che i vantaggi che il Paese può ricavarne sono indubbiamente maggiori rispetto agli svantaggi (la temuta forzata abdicazione del governo ai controllori di Bruxelles al venir meno di certe condizioni). Meloni e i suoi ministri devono comunque affrontare un passaggio parlamentare sul Mes chiesto dall’opposizione per il prossimo 30 giugno, e potrebbe chiedere e ottenere un nuovo rinvio, aderendo alla linea fin qui tenuta da Meloni e Fitto, che mirano a scambiare l’eventuale voto favorevole al Salvastati con una maggiore flessibilità sul Pnrr, di cui dovrebbe tuttavia essere alle porte il pagamento (in ritardo) della terza rata. Giorgetti tuttavia resta dell’idea che è venuto il momento di togliersi il dente.

Il secondo incidente è avvenuto al Senato, dove l’assenza dei parlamentari di Forza Italia ha mandato in pari, e dunque sotto, il governo in commissione sul decreto Lavoro. Anche in questo caso, accuse da parte delle opposizioni su una maggioranza ridotta in pezzi. E sospetti sul partito di Berlusconi – seppure avesse chiesto, inascoltato, un rinvio dei lavori -, che dopo la morte del fondatore sarebbe allo sbando. Anche se alla fine di è trattato di una coincidenza, e in poche ore si è trovato un modo di rimediare con la presentazione di un nuovo testo.

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L’ex segretario dem Pier Luigi Bersani: “Il Pd non può fare l’alternativa da solo. Schlein generosa. Ora tocca a Conte”

giovedì, Giugno 22nd, 2023

«Elly deve trovare un metodo, ma non è una trapezista sul filo. Il governo avrà una navigazione tribolata, i soccorsi però non mancheranno»

Annalisa Cuzzocrea

L’appuntamento con Pier Luigi Bersani è al tavolino di un bar del centro, a Roma. È in partenza per il Molise, tre comizi in un giorno per la campagna elettorale delle Regionali, solo l’inizio dell’“estate militante” evocata da Elly Schlein nel suo discorso alla direzione Pd. La prima, dopo il ritorno a casa di Articolo 1. «Dai, che facciamo tutti un passo avanti», dice l’ex segretario dem davanti a un caffè macchiato: «L’ultima settimana ha messo in moto delle cose che possono chiarire il percorso».

Il governo si è contraddetto con un documento ufficiale sul Mes. Poi è andato sotto in commissione Bilancio al Senato. Segnali di sgretolamento?
«Avranno una navigazione tribolata, ma all’occorrenza non gli mancheranno i soccorsi. Il tema però non sono gli spaghetti di Lotito. Stiamo al merito e spieghiamo bene che arretramenti contiene quel decreto».

Quali?
«Tornano i voucher, si facilitano ancora i contratti atipici. In generale, lavoro più povero e più precario».

Contro la precarietà Schlein è andata in piazza con i 5 stelle, peccato ci fossero Moni Ovadia, il no alle armi all’Ucraina, e siano partite le critiche interne.
«Bisogna dire basta a due cose: alla descrizione di Elly Schlein come una trapezista che cammina sul filo, totalmente fuori dalla realtà. E a queste rappresentazioni stucchevoli del solco tra moderati e radicali del Pd. Propongo di andare al dunque».

Andiamoci.
«È troppo di sinistra dire che è una vergogna avere contratti a 3 euro e mezzo mentre la Germania li ha a 13 euro? O che siamo in testa alla classifica dell’Ocse per la precarietà? Che vogliamo un fisco progressivo e non per categorie? E che si sta andando verso la privatizzazione della Sanità?».

Senza agire sulle norme.
«Non ce n’è bisogno, basta affamarla. È troppo di sinistra sostenere che l’autonomia differenziata è la distruzione dello Stato, pronunciare parole come crisi climatica o cessate il fuoco mentre difendiamo l’Ucraina? Dire che un bambino è un bambino e va accolto, registrato, senza se e senza ma? Se lo è, ci riposiamo, andiamo al mare. Perché è questo il crinale che ci separa dalla destra destra. Siccome il Pd su ciascuna di queste cose ha delle proposte, si fa una piattaforma, la si discute con le altre forze di opposizione e la si finisce con questa rappresentazione riformisti/sinistra, radicale/moderati».

Ma chi la fa questa rappresentazione? Non arriva anche da dentro il partito?
«Certo. E io sento un po’ di disagio quando la parola riformista viene usata in alternativa o in contrapposizione alla parola sinistra. Turati o Andrea Costa rimarrebbero piuttosto sbalorditi. Ma siccome quelle cose che elencavo sono patrimonio di tutti, allora smettiamola di andar per funghi, che ci portan via la casa».

In direzione in molti hanno evocato un problema di metodo: servono più decisioni condivise, meno blitz comunicativi?
«Non c’è dubbio e l’ho sempre consigliato a Elly: hai fatto 30, fai 31, tieni aperto ancora perché c’è un sacco di gente che vorrebbe sentirsi dire credibilmente, e sottolineo credibilmente, “vieni, qui che c’è un nuovo Pd”. Ma ci sono ancora tante barriere. Secondo: metti un appuntamento politico di discussione, di chiarimento, perché il meccanismo delle primarie non lo ha mai consentito. Questa direzione ha dimostrato che è importante discutere. Naturalmente è anche faticoso, ci vuol pazienza. Ma credo che la segretaria abbia capito e non si lascerà sfuggire questo tema di metodo. Anche se i temi di metodo nascondono anche dei pezzi di merito».

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Il pressing della Lega costringe Meloni a mediare

giovedì, Giugno 22nd, 2023

ILARIO LOMBARDO

ROMA. Ieri poteva finire come tutti i populisti e i sovranisti italiani sognavano da tempo, compresa Giorgia Meloni. Con la riforma del Mes affossata in Parlamento e l’addio alla ratifica. D’altronde era l’epilogo che la presidente del Consiglio ha sempre auspicato, da quando era all’opposizione. Sarebbe bastato votare come aveva chiesto la Lega, alla Camera, in commissione Esteri, contro la proposta delle opposizioni, Terzo Polo e Pd, che chiede l’immediato via libera al nuovo trattato sul Meccanismo europeo di stabilità.

Con il centrodestra compatto il testo non sarebbe passato. Fratelli d’Italia invece ha preso ancora tempo e ha sfruttato la sponda che gli ha offerto il renziano Ettore Rosato per raffreddare le pulsioni anti-Mes degli alleati. Ha preso 24 ore in più, per trattare. Da una parte con la Lega, e lo sta facendo il capogruppo Tommaso Foti con il leghista Riccardo Molinari, con l’obiettivo di trovare un’exit strategy. Magari oggi, di fronte al voto richiesto e congelato da ieri, FdI uscirà, si asterrà, con la scusa di non voler bocciare un testo delle opposizioni. Dall’altra, i meloniani provano a negoziare con Pd, Terzo Polo e M5S un nuovo rinvio, per evitare la data del 30 giugno, quando la proposta di ratifica del Mes andrà in Aula.

Il Parlamento non porta buone notizie per Meloni. Le assenze di Forza Italia che hanno fatto andare sotto il governo sul decreto Lavoro in Senato sono un segnale preoccupante sulla tenuta del partito rimasto orfano del suo fondatore, Silvio Berlusconi. Ma ancora di più a Palazzo Chigi sono in ansia su come gestire quello che è accaduto a Montecitorio, dopo la lettera contenente il parere tecnico del ministero dell’Economia che certifica l’utilità del Mes. Esattamente il contrario di quello che sostengono Meloni e Matteo Salvini.

Stando a fonti di FdI, la premier sarebbe stata messa al corrente di quali potrebbero essere le conseguenze in Europa e sui mercati se decidesse di bocciare il Mes, tanto più in un giorno in cui il Tesoro scrive che tenere in vita questo strumento di soccorso finanziario avrebbe effetti benefici sullo spread. E poi il governo è ancora alle prese con le trattative su Pnrr, Patto di Stabilità e migranti. La strategia di Meloni prevede di rinviare il più possibile l’ok italiano e usare questo come arma negoziale per gli altri tavoli aperti a Bruxelles. Le sorprese di ieri e la foga leghista hanno messo a dura prova le mosse della leader di FdI, spaventata dalla prospettiva di lasciare da sola la Lega a difendere una battaglia storica della destra. Meloni sta facendo i conti con la realtà del governo. Con la contraddizione lampante che emerge con chiunque abbia a che fare con il fondo salva-Stati non più dall’opposizione (fu così anche per il M5S).

Meloni continua a dire di non aver cambiato idea, «fosse per me – sostiene – il Mes mai». E allora perché non osare? Nelle interlocuzioni tra Parlamento e Palazzo Chigi si svelano le ragioni di questa frenata, proprio mentre veniva resa nota la lettera sul Mes che porta la firma del capo di gabinetto di Giancarlo Giorgetti. Quando va all’estero, e i colleghi lo avvicinano durante i vertici, il ministro dell’Economia italiano deve soffocare tutta la sua nota schiettezza per nascondere la verità che chiunque sieda al governo conosce: il Mes andrà approvato. Si tratta solo di capire come costruire un percorso che possa minimizzare la giravolta di Meloni e del centrodestra.

La premier ha lasciato qualche traccia nelle risposte date in questi mesi, quando ha più volte ha detto di voler rimettere la decisione al Parlamento. Un’occasione poteva essere proprio il parere del Mef. E qui c’è una storia nella storia. Già a gennaio questo giornale aveva scritto che al Tesoro era in lavorazione un documento, concordato con Palazzo Chigi, che di fatto avrebbe segnato una svolta e portato al via libera del fondo salva-Stati. Per settimane non se n’è saputo più nulla, finché FdI, con l’obiettivo di dilatare ancora i tempi, ha chiesto un’opinione tecnica a via XX Settembre. La lettera è datata 9 giugno. Offre una via d’uscita, perché in teoria smonta gli argomenti di chi (Meloni in testa) pensa che gli effetti siano più negativi che positivi. Su questa base, fare in modo che il Mes passi addossando la responsabilità alle opposizioni, è uno scenario che la premier non disdegnerebbe. È già pronta la scusa: «Lo ha votato il Parlamento. E il Parlamento è sovrano». Ma Meloni non aveva ben calcolato le reazioni della Lega.

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Esami di maturità, al via la seconda prova scritta. Al classico un brano di Seneca, allo scientifico problemi con le funzioni

giovedì, Giugno 22nd, 2023

Dopo la prova di italiano di ieri, è il giorno della seconda prova scritta per i 536.008 studenti coinvolti nell’esame di maturità – sono 521.015 candidati interni e 14.993 esterni.

È iniziata alle 8.30, in contemporanea in tutti gli istituti e con tracce elaborate dal Ministero (lo scorso anno le avevano preparate le singole commissioni) che variano a seconda dell’indirizzo e delle materie: al liceo Classico dunque la versione di latino, allo Scientifico l’esame di matematica, al liceo Linguistico la prova sulla prima lingua e cultura straniera. Poi, dalla prossima settimana, inizieranno gli orali.

Per gli studenti che quest’anno affrontano la Maturità nei comuni delle aree alluvionate dell’Emilia-Romagna, le prove d’esame sono sostituite da un colloquio interdisciplinare.

09:02

Problemi con funzioni allo Scientifico

Per quanto riguarda gli 8 quesiti della prova di matematica del liceo scientifico – segnala sempre il sito Skuola.net – diversi di questi riguardano l’analisi matematica – dall’applicazione del Teorema di Rolle allo studio degli zeri di una funzione – combinati con alcuni di geometria (es, dimostrazioni su triangoli e parallelepipedi) e di geometria analitica. Infine, un quesito sul calcolo delle probabilità, inerente un dado truccato. Non risultano elementi che rimandano alla vita quotidiana, cosa che invece caratterizzò le tracce di matematica negli ultimi anni prima del Covid. I ragazzi dei licei scientifici hanno a disposizione 6 ore di tempo per risolvere il problema che è stato scelto dal Ministero dell’Istruzione e del merito come seconda prova scritta dell’esame di maturità. 08:41

Al Classico un brano di Seneca

È un brano di Seneca che si rivolge all’amico Lucilio è l’autore deciso dal ministero dell’Istruzione per la seconda prova scritta, Latino, al liceo Classico: «Chi è saggio non segue il volgo», tratto dall’opera «Lettere morali a Lucilio». Agli studenti viene chiesto di tradurre il testo, comprenderlo e interpretarlo, di fare un’analisi linguistica e stilistica e infine di concludere con un approfondimento e delle riflessioni personali. Come segnala il sito Skuola.net, Seneca non veniva proposto dal 2017 e sale al primo posto della “classifica” degli autori più proposti alla Maturità dal dopoguerra a oggi: con 16 “apparizioni” eguaglia infatti Cicerone, assente dal 2009. Nell’ultimo esame di Stato pre-pandemia era stato infatti proposto un brano di Tacito. 08:24

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Le vacanze infinite di Di Battista: «Eccomi a Quito, poi l’Amazzonia»

giovedì, Giugno 22nd, 2023

di Fabrizio Roncone

L’ex parlamentare, 42 anni, riparte e «promette» un nuovo documentario dopo avere lasciato la politica

Le vacanze infinite di Di Battista: «Eccomi a Quito, poi l’Amazzonia»

Alessandro Di Battista è ripartito.
Va in Amazzonia.
Niente battute meschine, state calmi, fatevene una ragione: tanto quello è sempre in vacanza.

Primi post su Instagram per farci schiattare di invidia: «Ciao a tutti. Come state?». E come stiamo, Dibba: stiamo al chiodo. Noi. E tu?

«Ora sono a Quito, la seconda capitale più alta del mondo. Nei prossimi giorni discenderò uno degli affluenti del Rio delle Amazzoni e, poi, il “grande fiume” fino all’Oceano Atlantico».

Felpa, zainetto, barbetta da esploratore, già abbronzato, presto con la bandana d’ordinanza: più il solito sguardo piacionesco che si portano dietro un po’ tutti quelli che arrivano da Roma Nord, loro però condannati a Fregene, bruschette con le telline da Mastino e Rolex Submariner, mica come lui.

«Viaggerò dalle Ande all’Oceano, passando per Ecuador, Perù, una piccolissima parte di Colombia e Brasile. Mi aspettano 5.000 chilometri in barca».

Promette uno dei suoi documentari. Il capolavoro è che riesce ancora a farseli pagare. I soldi li mette TvLoft. A Sky ci sono cascati solo una volta: telespettatori imbufaliti, l’account di Sky Atlantic costretto a rimuovere il tweet con cui annunciava la messa in onda del programma, Aldo Grasso lo definì «Il più brutto dell’anno».

Era l’autunno del 2019. Dibba partì con la moglie Sahra Lahouasnia (all’epoca 31 anni, una delle donne più pazienti del pianeta) e il figlio Andrea, appena cucciolo. Dalla California vennero giù fino in Guatemala, passando per il Chiapas, il Messico, il «caracol zapatista di Oventic». Bus, autostop, carri trainati da muli, giacigli di fortuna. Lui, Dibba, molto nella parte del rivoluzionario: un pomeriggio si collega su Facebook da «un luogo imprecisato» del Sud America (disse proprio così: tipo Subcomandante Marcos, ma senza passamontagna). Poi chiede ospitalità in un villaggio. Ma alcuni ricercatori italiani che lavorano laggiù — era la stagione del governo gialloverde — avvertono i companeros: «Guardate che il tipo impegnato a fare il terzomondista è, in realtà, il leader di un partito che in Italia va a braccetto con la destra». Comincia a girare un hashtag: «DiBattistaFueraYa». Lo inseguono con i forconi. Lui porta in salvo la famiglia, ma — ostinato — continua a spedire alcune corrispondenze al Fatto.

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Nordio: «Riforma della giustizia, vado avanti. Mai legittimati gli evasori»

giovedì, Giugno 22nd, 2023

di Giovanni Bianconi

Intervista al ministro della Giustizia: «Confitti con i magistrati? Spero di no, vorrei che si abbassassero i toni da parte di tutti. Sulle intercettazioni ripristiniamo la Costituzione»

Nordio: «Riforma della giustizia, vado avanti. Mai legittimati gli evasori»

Carlo Nordio, da ex magistrato divenuto ministro della Giustizia sembra aver aperto una nuova stagione di conflitto con i suoi colleghi d’un tempo.
«Penso e spero proprio di no. I miei propositi li esprimo e li scrivo da 25 anni, e derivano proprio dal desiderio di avere una giustizia più efficiente e dal grande rispetto per la magistratura, di cui mi sento ancora di far parte. Del resto, amantium irae, amoris integratio est: i litigi degli amanti sono un’integrazione dell’amore».

Ma lei ha accusato i magistrati di interferenza. Davvero pensa che non debbano commentare le leggi, come i politici le sentenze?
«C’è modo e modo di dissentire dai disegni di legge e dal tenore delle sentenze. Nel caso di questa riforma sono stati usati termini molto forti ancor prima che il testo fosse noto, così come in altri momenti alcuni politici hanno commentato certe sentenze come eversive. Vorrei che si abbassassero i toni da parte di tutti».

Le sue dichiarazioni sul fisco però sembrano andare in un’altra direzione; non teme che possano incoraggiare chi non paga o non vuole più pagare le tasse?
«Ho letto che la segretaria del Pd Elly Schlein sostiene che legittimo gli evasori fiscali, ma è stata tratta in inganno da alcuni giornali che hanno volutamente alterato le cose dette da me alla Luiss. Poiché tra le poche qualità che mi riconosco c’è quella di esser chiaro, non dirò di essere stato travisato: hanno proprio alterato le mie parole, pronunciate tra l’altro davanti al procuratore di Milano, e a vari generali della Guardia di finanza. Il discorso, pur fatto a braccio, è registrato: dico che il nostro sistema tributario è così impazzito che anche l’imprenditore più onesto che paghi tutte le tasse è sempre esposto ad indagini. È questo sistema che favorisce gli evasori, non chi come me lo denuncia. L’evasione si combatte con una semplificazione normativa e un rapporto più certo e leale tra Stato e contribuente. Ed è questo il senso della riforma illustrata dal viceministro Leo».

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Sommergibile disperso vicino al relitto del Titanic: corsa contro il tempo per ritrovare il Titan

giovedì, Giugno 22nd, 2023

di Viviana Mazza

Robot in mare, sentiti dei rumori. Le speranze di poter trovare e riportare in superficie i passeggeri sono ormai flebili. «L’ossigeno sta per finire»

Sommergibile disperso vicino al relitto del Titanic: corsa contro il tempo per ritrovare il Titan

DALLA NOSTRA CORRISPONDENTE
NEW YORK — «È un’operazione di ricerca e soccorso, dobbiamo per forza continuare a sperare», ha risposto ieri sera a Boston il capitano della Guardia Costiera Jamie Frederick ai giornalisti che gli chiedevano se ancora fosse ottimista, mentre ormai mancavano 20 ore prima che l’ossigeno a disposizione dei cinque passeggeri del Titan si esaurisse. Le famiglie aspettano disperatamente su una delle cinque navi americane e canadesi — destinate nelle ore successive a diventare dieci — che dalla superficie li cercano nei pressi del relitto del Titanic. «Dopo aver considerato tutti i fattori, a volte ti trovi nella posizione di dover fare una scelta difficile — ha aggiunto Frederick —. Potremmo trovarci a quel punto, e allora ne discuteremo innanzitutto con le famiglie».

La speranza di poter trovare e riportare in superficie i passeggeri del sommergibile, disperso da domenica nell’Atlantico, ieri sera era ormai flebile. La fine dell’ossigeno, secondo una stima, è fissata alle 6 del mattino di oggi, cioè intorno a mezzogiorno ora italiana. Nessuno poteva dire se fossero ancora vivi: non era noto nemmeno se il sistema di riscaldamento a bordo fosse rimasto in funzione. Ma ad alimentare la speranza c’erano dei suoni captati dai sonar di un aereo canadese sia ieri che il giorno prima: possibili colpi contro lo scafo, hanno affermato i media americani, citando un rapporto inviato al dipartimento di sicurezza interna del governo che parlava di rumori ogni 30 minuti. La Guardia costiera non ha confermato quest’ultimo dettaglio, che però è rilevante: almeno uno dei 5 dispersi, Paul-Henri Nargeolet, ex capitano della Marina francese, senz’altro conosce il protocollo di fare rumore ogni mezz’ora per tre minuti, in modo da essere notati dai sonar.

«C’è la possibilità che questi suoni siano umani», dice al Corriere l’ex capitano della Marina militare americana David Marquet, che ha comandato il sottomarino nucleare USS Santa Fe e scritto il bestseller pubblicato anche in Italia «The Leader Ship». Ma l’oceano è un luogo rumoroso: «Ci sono molti suoni, di balene, navi di passaggio, di quelle stesse navi usate ora per le ricerche. Anche gli aerei producono suoni che arrivano sott’acqua», continua il capitano. Gli esperti, che includono britannici e francesi, hanno deciso di seguire questa pista. «Così gli aerei hanno lasciato cadere nell’oceano delle boe acustiche a un chilometro di distanza l’una dall’altra. Se più di una boa capta il rumore si può ottenere una localizzazione che di solito è grande quanto un campo da football — spiega Marquet —. Questa localizzazione viene trasmessa al sistema di controllo di un ROV (remotely operated vehicle, ndr), un veicolo subacqueo che va in profondità».

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