Archive for Giugno 16th, 2023

Dritto e rovescio, Mario Giordano: “Finitela di dire che i rom rubano per necessità”

venerdì, Giugno 16th, 2023

Mario Giordano, ospite di Paolo Del Debbio a Dritto e rovescio, su Rete 4, nella puntata del 15 giugno, parla dell’inchiesta sulle borseggiatrici rom: “È ora di finirla di dire che si ruba per necessità, molto spesso dietro i furti dei rom c’è una organizzazione criminale, che usa le situazioni di illegalità per organizzare l’illegalità”, tuona il conduttore di Fuori dal Coro.

Dritto e rovescio@Drittorovescio_·Segui“E’ ora di finirla di dire che si ruba per necessità” @mariogiordano5 a #Drittoerovescio

12:11 AM · 16 giu 2023116RispondiCopia link

“Le situazioni di illegalità, i campi rom, le case occupate, sono luoghi di cui si servono per coprire organizzazioni strutturate come quella che avete raccontato voi”, prosegue Mario Giordano. Che osserva ancora: “Quindi non è una cosa occasionale, non è la necessità, ma è la volontà, la scelta, l’organizzazione, l’imposizione spesso ai bambini e alle donne, con la violenza, di esercitare attività criminali”.

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Russia, Progozhin si vuole prendere il Cremlino: “Sfida a Putin”, c’è la data

venerdì, Giugno 16th, 2023

Il capo dei mercenari del gruppo Wagner, Evgeny Prigozhin, è ormai un ex fedelissimo di Vladimir Putin. I suoi attacchi ai vertici militari russi vanno di pari passo con le rivendicazioni per le sue milizie. Ma il cuoco di Putin, come era stato soprannominato per le sue attività nella ristorazione, punta al Cremlino, a diventare lui stesso presidente. Non attraverso normali elezioni, spiega un articolo del Giornale, ma il duello di potere tra Putin e il suo ex fedelissimo “potrebbe comunque arrivare a una conclusione, potenzialmente fatale per uno dei contendenti, entro i primi di luglio”.

La data da segnare è quella del primo luglio, Putin ha ordinato di persona al capo di Wagner di “regolarizzare” il gruppo mercenario che opera in Ucraina (oltre che in Africa e in altri scenari)  e irreggimentarli nelle  forze armate russe. Pigozhin ha rifiutato e lo scontro sembra inevitabile.Da Mesi il capo di Wagner spara a zero sui vertici militari russi  e in particolare con il ministro Shoigu, a capo delle operazioni in Ucraina. Ma gli ultimi successi dei russi nella guerra portano tutti la firma di Prigozhin. Ora “si è trasformato in un ambizioso e vociferante rivale anche politico del Numero Uno”, si legge nell’analisi che ricorda come recentemente siano comparsi manifesti che mostrano Prigozhin nelle vesti di candidato presidenziale.

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Il Papa esce dal Gemelli circondato dalla folla: lunga convalescenza a Casa Santa Marta

venerdì, Giugno 16th, 2023

di Gian Guido Vecchi

Dopo nove giorni di ricovero per «un intervento di laparotomia e plastica della parete addominale», Francesco lascia il policlinico

Il Papa esce dal Gemelli: convalescenza a Casa Santa Marta. Folla di

CITTÀ DEL VATICANO Questa mattina, di buon’ora, Papa Francesco è uscito dal Gemelli dopo nove giorni di ricovero per proseguire la convalescenza in Vaticano, a Casa Santa Marta.  Era stato ricoverato il 7 giugno per «un intervento di laparotomia e plastica della parete addominale». Da mesi pativa dolori ricorrenti e sempre più intensi. All’uscita dal policlinico Francesco è stato circondato dalla folla in attesa per salutarlo.

Lunga convalescenza

Si trattava di rimuovere un «laparocele incarcerato», un’ernia che si era formata sulla cicatrice di un intervento precedente: non quello di due anni fa al Gemelli per l’asportazione di un tratto del colon, hanno detto i medici, ma un’operazione del 1980 alla cistifellea per una «cancrena della colecisti», raccontò lo stesso Bergoglio. La convalescenza, del resto, è appena iniziata e non sarà breve. Alla vigilia dell’intervento, dopo una Tac, era stato Francesco a decidere: «Mi opero domani, così posso rispettare i miei impegni». 

I prossimi viaggi del Papa
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Il sollievo di Nordio. “Le intercettazioni avevano raggiunto livelli di barbarie”

venerdì, Giugno 16th, 2023

Francesco Boezi

Nella sala stampa di Palazzo Chigi, tornata a disposizione dell’esecutivo e dei giornalisti dopo i lavori durati due anni, molto ruota attorno a Carlo Nordio, ministro della Giustizia, e protagonista del giorno. Prima d’illustrare i contenuti approvati in Cdm, il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani ha ricordato la figura di Silvio Berlusconi, rimarcando come il Cdm abbia voluto onorare la figura del fondatore del centrodestra. E Berlusconi voleva la riforma della Giustizia in senso garantista, un caposaldo del programma elettorale della coalizione. «Giustizia giusta per ogni cittadino. Sarebbe soddisfatto se potesse essere qui ad ascoltare le parole del ministro Nordio», ha chiosato Tajani, citando l’ex leader azzurro. Il tratto segnante della novità normativa è dunque il garantismo. Il Guardasigilli aveva già esposto l’orientamento del testo a SkyTg24, nel corso di un’intervista mattutina. «Quel che è patologico in Italia è che molto spesso la politica abbia ceduto alle pressioni della magistratura sulla formazione delle leggi. Non è ammissibile, il magistrato non può criticare le leggi come il politico non può criticare le sentenze. È un principio elementare della divisione dei poteri», aveva detto. Un principio declinato nel pratico con le misure. Il ddl Giustizia è stato approvato all’unanimità. Nordio, dopo essersi detto commosso per la scompara del Cav, ha spiegato come il lavoro a queste novità duri ormai da sei mesi. «L’unico rammarico è che una persona di grande spessore politico, che ha segnato la storia del Paese, non abbia potuto assistere al primo de tanti passaggi che avremo per realizzare quella che lui chiamava giustizia giusta», ha fatto presente il Guardasigilli. «Il reato d’abuso d’ufficio viene abrogato e viene eliminata la cosiddetta paura della firma», ha premesso Nordio, che poi ha spiegato come sulle intercettazioni si sia intervenuto soprattutto per la «tutela del terzo». «La normativa che abbiamo introdotto impedisce la pubblicazione di chi viene citato durante queste intercettazioni», ha spiegato. Per Nordio, l’abuso attuale delle intercettazioni, è definibile un «imbarbarimento». E sulla custodia cautelare interverrà un «organo collegiale». Perché il «carcere dev’essere l’eccezione dell’eccezione». Poi il capo di Dicastero si sofferma sull’aumento dei magistrati. E in contemporanea sull’accelerazione dei concorsi ottenuta attraverso una norma specifica.

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Schlein, ritorno in trincea

venerdì, Giugno 16th, 2023

Francesca Del Vecchio

Milano. «Non parteciperemo alla beatificazione di Berlusconi. Il pensiero dovrebbe andare alle vittime già accertate dell’ennesimo naufragio in Grecia». È Elly Schlein, segretaria del Pd, a scandire queste parole. Ventiquattro ore dopo il funerale di Stato di Silvio Berlusconi, per il quale sembrava fosse stata siglata una tregua, torna a riaccendersi la polemica sulla decisione del governo Meloni di indire per l’ex premier il lutto nazionale. Non ci sta la segretaria dem che ieri da Milano ha dichiarato di non poter dimenticare «cosa ha significato la stagione del suo governo per questo Paese, le leggi ad personam, il conflitto d’interesse, la mercificazione di tutto, dalla compravendita dei senatori alle battute sessiste». E ancora, pur rivendicando la decisione di partecipare ai funerali di Stato celebrati in Duomo, di aver «portato il rispetto che si deve davanti alla morte, anche del tuo più acerrimo avversario. Ma è una forzatura inopportuna chiedere tre giorni di lutto nazionale, perché non si erano mai fatti per altri presidenti del Consiglio». Schlein spiega di aver abbracciato la politica proprio «in contrapposizione al berlusconismo e a quello che ha significato». E precisa ancora che il lutto nazionale andrebbe riservato a personalità «non divisive, come i capi dello Stato, persone che hanno unito la Repubblica e che hanno incarnato i valori costituzionali». Tutte caratteristiche, prosegue Schlein, «non corrispondono a Berlusconi».

La replica dai forzisti ancora in lutto non si è fatta attendere: la prima è stata Licia Ronzulli, ex pupilla del Cav che ha accusato Schlein di «mancare di rispetto al presidente anche dopo la sua morte». E aggiunge che la decisione del governo è stata «sacrosanta». Per la capogruppo azzurra al Senato – sulla cui presidenza a Palazzo Madama pende un grande punto interrogativo – ha accusato ancora la sinistra di «avere come unico programma quello di demonizzare Berlusconi usando ogni pretesto».

La visita a Milano della segretaria dem, che per nulla si è fatta intimidire dalla polemica con i forzisti, è stata anche l’occasione per tornare su alcuni temi dell’attualità politica: a partire dalla riforma della Giustizia, il cui testo è stato portato nel Consiglio dei Ministri ieri sera. «La montagna ha partorito il topolino: dalle bozze che abbiamo visto e rispetto agli annunci, alcune scelte potrebbero ottenere addirittura degli effetti contrari a quelli dichiarati», ha commentato, ribadendo la sua contrarietà e quella del partito all’abolizione del reato di abuso d’ufficio. La segretaria però non chiude la porta a una possibile discussione sul testo: «L’Ue sta per approvare una direttiva anticorruzione che chiede uno strumento di quel tipo. Siamo però dell’idea che si possa riformare la fattispecie (cioè modificare l’insieme degli elementi costitutivi del singolo reato, ndr) per evitare alcuni effetti distorsivi. Un conto è la riforma, su cui possiamo ragionare, altro è l’abrogazione tout court, che renderebbe ancora più difficile negoziare il Pnrr. Quindi sarei molto cauta».

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Giulia Bongiorno: “Finora l’abuso d’ufficio ha paralizzato la Pa. Non ci saranno bavagli”

venerdì, Giugno 16th, 2023

Francesco Grignetti

ROMA. La senatrice Giulia Bongiorno, plenipotenziaria della Lega in materia di giustizia, fino all’ultimo ha remato contro la secca abolizione del reato di abuso d’ufficio. Alla fine è andata diversamente. E ora dice: «È pacifico che un cambiamento fosse necessario. Il terrore della firma da parte di sindaci e pubblici amministratori è sicuramente un problema. Il ministro Nordio mi ha garantito che ci sarà una rivisitazione complessiva dei reati contro la pubblica amministrazione e non ho motivi per dubitare della sua parola». La senatrice teme infatti che l’abolizione del reato potrà avere come contraccolpo che le procure procederanno con altri reati, pure più pesanti, ad esempio il peculato per distrazione.

Era davvero necessario, questo intervento?
«Quando per ogni firma si deve chiedere il parere all’avvocato, abbiamo una pubblica amministrazione paralizzata e timorosa. Il che evidentemente non è sinonimo di efficienza».

Lei era per una riscrittura del reato piuttosto che per un’abolizione.
«Il ministro sostiene che è stato riscritto più volte, ma il problema non è stato mai risolto».

Perché, secondo lei è così importante riscrivere i reati contro la Pubblica amministrazione?
«Venuto meno l’abuso che ha dato pessima prova, occorre evitare rischi di interpretazioni estensive di altri reati».

Quelli che anche l’Anm ipotizza. Finirà che i magistrati useranno altri reati per portare avanti le indagini?
«Purtroppo non si può escludere. Ecco perché è auspicabile una riforma organica dei reati contro la Pubblica amministrazione. Considero l’abrogazione dell’abuso d’ufficio un punto di partenza e non di arrivo».

Il Guardasigilli ha appena replicato al procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, che sarebbe un «sacrilegio» se un pm procedesse utilizzando strumentalmente altri reati dopo questa abolizione.
«Il “sacrilegio” di cui parla il ministro è quel che anche io temo. La speranza è che i timori siano infondati».

Il pacchetto Nordio è molto eterogeneo. Possiamo parlare di riforma della giustizia?
«È solo il primo passo di un percorso riformatore che attueremo nel corso della legislatura. Complessivamente è all’insegna del garantismo, della efficienza del sistema, e della tutela della riservatezza. Mi trova pienamente d’accordo».

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L’Europa disumana

venerdì, Giugno 16th, 2023

Annalisa Cuzzocrea

L’abisso dell’Europa è nelle parole prive di pietas e prive di senso che sa pronunciare all’indomani di una tragedia come quella di Pylos. Ci sono, secondo tutti i testimoni, 600 persone che mancano all’appello: erano partite dall’Egitto, transitate dalla Libia, arrivate nel mar Egeo. La barca su cui erano stipate non è stata soccorsa in tempo, anche se – è un copione già visto – un aereo di Frontex l’aveva avvistata, la Guardia Costiera di Atene era stata allertata.

C’erano, anche questo lo dicono tutti i testimoni, bambini e donne chiusi – chiusi – nella stiva. Cento bambini, quaranta bambini, di nulla si ha certezza tranne che in tantissimi erano lì e adesso non ci sono, tra i superstiti. Non ci sono né donne né bambini, tra i sopravvissuti di un barcone che si è inabissato e che nessuno pensa neanche più a cercare. A Kalamata, nel Peloponneso che è meta di viaggi da sogno, ci sono ombre che si aggirano con fotografie plastificate in mano e chiedono: “È mio fratello, qualcuno lo ha visto”. Sono palestinesi, siriani, egiziani, pachistani. Fuggivano per salvarsi e l’unica cosa che la fortezza Europa sa dire è: “Non dovete partire”. Senza sforzarsi neanche un istante di immaginare vie legali che possano mettere fine a tutto questo. E quindi è qui, l’abisso: mentre i militari greci controllano a vista il campo in cui sono stati portati i salvati, mentre il conto dei cadaveri continua – 78, per ora – Giorgia Meloni incontra il premier maltese Robert Abela e dice con linguaggio burocratico: «Abbiamo convenuto che senza una adeguata difesa dei confini esterni dell’Ue diventa molto più difficile parlare di movimenti secondari». Bisogna pensare ai “movimenti primari”, su questo Italia e Malta sono d’accordo, e così sappiamo che insieme hanno lavorato «per cambiare il punto di vista della commissione Ue».

Si parla di flussi migratori, ma la tragedia di Pylos non merita neanche una dichiarazione a latere. È una delle peggiori di sempre, ricorda quella del 3 ottobre 2013, quando davanti all’Isola dei Conigli ci furono 368 morti. O quella del 2015, quando a inabissarsi nel canale di Sicilia, a sud di Lampedusa, fu un barcone con a bordo tra le 700 e le 950 persone. E i sopravvissuti furono solo 28. Parliamo di numeri simili, forse maggiori, ma per l’Europa è come fosse ordinaria amministrazione. Il portavoce della commissione europea fa sapere che Frontex non può fare che segnalare alle autorità competenti. E quindi, è il sottotesto, “che volete da noi?”. La commissaria agli Affari interni Ylva Johannson, che pure difende l’operato delle Ong che salvano vite in mare (le stesse che il governo italiano ostacola), si limita a dire: «Penso che questo naufragio sia il segno del fatto che la nostra politica migratoria al momento non funziona bene». Si direbbe un eufemismo, se ci si potesse prendere il lutto di essere ironici davanti a una tragedia.

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Il futuro di Forza Italia: il «reggente» sarà Tajani. Un congresso nel 2024

venerdì, Giugno 16th, 2023

di Paola Di Caro

Gli azzurri vanno avanti dopo la perdita del leader Silvio Berlusconi. Si avvia l’iter congressuale e nel frattempo la guida sarà affidata al vicepremier

Il futuro di Forza Italia: il «reggente» sarà Tajani. Un congresso nel 2024

La prima notizia è che Forza Italia va avanti. Non implode, non si scioglie, né formalmente, il che sarebbe impossibile a pochi giorni dalla morte del leader, ma nemmeno sostanzialmente. Nei giorni in cui ad Arcore hanno reso omaggio all’ex premier nella camera ardente, i big del partito infatti hanno avuto l’assicurazione dalla famiglia Berlusconi che l’avventura può proseguire, con il loro appoggio sentimentale e anche economico. Per il momento, senza la presenza diretta di qualcuno dei familiari, ma in futuro chissà. In ogni caso, il mondo berlusconiano più stretto resta a cavallo. E manterrà un ruolo cruciale.

Questo passaggio era essenziale per dare il via al secondo: nominare una nuova guida provvisoria. Che sarà l’attuale vice presidente e coordinatore Antonio Tajani , che ieri ha avuto anche la notizia di una crescita di oltre due punti di FI nei sondaggi nonché un nuovo endorsement del Ppe. È lui che assumerà perlomeno la reggenza del partito fino ad un congresso che si terrà nei prossimi mesi, con ogni probabilità non prima del 2024. Ed è proprio per dare questi segnali e illustrare ogni fase del prossimo futuro che oggi alle 12 nella sede di FI a Roma lo stesso Tajani, i capigruppo Barelli, Ronzulli e Martusciello in rappresentanza degli europarlamentari — tutte le anime del partito insomma, una accanto all’altra — terranno una conferenza stampa.

Una forma di rassicurazione per parlamentari ed eletti sul territorio, agitatissimi e preoccupati per il futuro, un modo per evitare appunto che il panico possa provocare un esodo che non serve a nessuno. Nemmeno a Giorgia Meloni. «Noi abbiamo tutto l’interesse che ci sia un partito in salute in Italia che fa riferimento al Ppe. Il centrodestra è più forte se mantiene le sue anime diverse ma unite», dice il fedelissimo della premier Giovanbattista Fazzolari.

Quindi, oltre alle iniziative che verranno messe in campo (tra cui due giorni di tesseramento il 24 e 25 giugno in tutta Italia), verrà illustrato il cammino: come prevede lo statuto del partito, in caso di «impedimento permanente del leader» viene al più presto convocato un Comitato di presidenza che a sua volta convoca il Consiglio nazionale per indicare il nuovo presidente, che sarà reggente fino allo svolgimento del congresso.

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Il naufragio dei migranti in Grecia: «Cento bambini nella stiva». Le vittime potrebbero salire a 600

venerdì, Giugno 16th, 2023

di Gianni Santucci

Fermati nove scafisti egiziani. Le salme recuperate sono 78, centinaia i dispersi. Il medico dell’ospedale: «Tra i 104 sopravvissuti c’è chi ricorda molti minori sottocoperta»

Il naufragio dei migranti in Grecia: «Cento bambini nella stiva». Le vittime potrebbero salire a 600

DAL NOSTRO INVIATO
ATENE — La notte non porta nuovi sopravvissuti. Non porta neppure altri corpi di morti (per ora 78). L’alba illumina soltanto voci d’altra disperazione. Dei 104 messi in salvo, una trentina sono in ospedale. Una dozzina passano l’intero pomeriggio sotto interrogatorio negli uffici della guardia costiera: nove, in serata, finiscono in arresto, accusati di far parte dell’equipaggio al comando del peschereccio affondato. Sono tutti egiziani. Il comandante sarebbe riuscito a scappare nel pomeriggio prima del naufragio, ma non ci sono conferme della testimonianza raccolta dagli attivisti di Alarm Phone. Gli altri salvati, gli innocenti, sono rimasti in un silos d’acciaio azzurrognolo nel porto di Kalamata, Peloponneso sud-occidentale, prima di venire trasportati (tra ieri sera e oggi) in una struttura di accoglienza a Malakasa, non lontano da Atene.

Tre giorni in mare

Sono gli unici sopravvissuti (tutti uomini) al naufragio del peschereccio che s’è ribaltato a 80 chilometri dalla costa greca nella notte tra martedì e mercoledì. Secondo le testimonianze raccolte dalla polizia, avrebbero pagato tra i 4 e i 7 mila dollari per il viaggio, e sarebbero partiti dalla Libia orientale, zona di Tobruk, Cirenaica, il 10 giugno. Quando è scattato l’allarme, erano dunque in mare già da tre giorni, con poca acqua e pochi viveri. Tre giorni in cui il peschereccio ha avuto due guasti al motore, riparati in qualche modo da chi era al comando. Fino alla rottura definitiva, nel pomeriggio di martedì, e l’inizio della lenta deriva, a 45-50 miglia nautiche da Pylos.

«Non si trova nessuno»

Una soccorritrice dell’Hellenic rescue team racconta: «I sopravvissuti hanno fame, sete. Cercano di farsi capire a gesti». Anche loro, cercano i dispersi. «Sono in totale stato di choc — racconta ieri all’agenzia Ap Erasmia Roumana, capo delegazione dell’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati — Chiedono di potersi mettere in contatto con le famiglie. E continuano a chiedere dei dispersi. Sul peschereccio avevano amici, parenti, figli. E di tutte queste persone che mancano, non si trova nessuno». Un ragazzo egiziano, di fronte alle telecamere, implora un aiuto per ritrovare il cugino, che era a bordo con lui. Soprattutto, non si trovano i bambini.

I bambini mancanti

Dicono che ce ne fossero molti, nella stiva. Almeno 50, forse 100. Le stime ipotizzano, in totale, 750 migranti a bordo. Considerato che le persone in salvo sono 104, il numero delle vittime potrebbe essere enorme, più di 600. In ospedale a Kalamata ieri mattina c’erano ancora 29 persone. Manolis Makaris, cardiologo, ha parlato dello stress dei ricoverati, e soprattutto di chi chiama per sapere se ci siano bambini: «Per tutta la notte mi hanno mandato foto di minori per scoprire se sono stati salvati. Alcuni sapevano che c’erano bambini nella stiva». Quanti? «Ci sono testimonianze diverse, alcuni dicono 50, altri 100, nessuno di loro può sapere con precisione chi ci fosse sottocoperta».

Tante versioni

I magistrati greci hanno aperto un’inchiesta. L’organizzazione Alarm Phone fornisce una ricostruzione dettagliata dei contatti col peschereccio, tra le 14.17 e le 20.05 di martedì, quando la barca già in mattinata viene comunque individuata da un aereo dell’agenzia Frontex, e avvicinata da almeno sette imbarcazioni, tra qui lo yacht che trasporterà i sopravvissuti, il mercantile Lucky Sailor che riesce a fornire acqua, alcune vedette della guardia costiera greca che, secondo la versione delle autorità elleniche, avrebbero ricevuto due informazioni: il peschereccio non era in imminente pericolo e le persone a bordo intendevano proseguire verso l’Italia. Versioni che potrebbero essere smentite, e che sono ora al centro delle polemiche internazionali. Ha detto l’ammiraglio della guardia costiera greca in pensione Nikos Spanos: «La nave era un cimitero galleggiante, una barca molto vecchia. Di solito donne e bambini in tali viaggi li mettono sul fondo. Li bloccano in modo che non possano muoversi. Il ministero della navigazione è stato informato tramite Frontex. L’Italia ci ha “affidato” l’incidente poiché si stava svolgendo nella nostra zona. La nave era in difficoltà. In un caso del genere, lo stato greco doveva agire immediatamente. Far partire il piano operativo, le barche di soccorso dovevano precipitarsi nell’area».

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Roma, i redditi quartiere per quartiere: più povera di Milano di oltre 10mila euro, il caso limite di Ostia Antica

venerdì, Giugno 16th, 2023

di Danilo Supino

Il Pil di Roma non dipende solo dal turismo: la contrazione tra il 2019 e l’anno del Covid è stata solo dell’8%. Ecco come la Capitale ha salvato la sua ricchezza economica

(OK) Roma più povera di Milano di oltre 10mila euro, ma ha un’economia solida: i redditi quartiere per quartiere

Roma è la capitale amministrativa e politica d’Italia, Milano è la capitale economica. Questa è una delle espressioni più abusate per descrivere la differenza che c’è tra le due città e, osservando i rispettivi redditi, l’affermazione suona reale e non tanto qualunquista. Secondo i dati del ministero dell’Economia e delle Finanze riguardanti la dichiarazione dei redditi 2022 (anno fiscale 2021), il reddito medio a Roma (considerati i redditi da lavoro e non quelli da immobili) è stato di 25.990 euro, inferiore a Milano di poco più di 10.000 euro.

Tuttavia, Roma si è mostrata una città solida che ha saputo resistere al colpo della pandemia e delle chiusure dimostrando di non essere solo una città d’arte che vive di turismo. La diversità della sua economia ha fatto in modo che la contrazione di reddito tra il 2019 e il 2020 sia stata di soli 228 euro, inferiore ad altre città d’arte come Venezia (-1.394 euro) e Firenze (-799 euro).

Il reddito nei quartieri di Roma

Il reddito medio più alto è dichiarato nel Cap 00197 di 72.090 euro che corrisponde ai Parioli, il quartiere dell’alta borghesia romana e dei palazzi in stile neoclassico. La zona supera di cinque mila euro il Cap 00187 che comprende le vie che vanno da via del Corso a Barberini e via Veneto, dove il reddito medio è di 67.045 euro. 

Il resto dei redditi dichiarati nelle zone centrali di Roma si spingono al di sotto dei sessanta mila euro. Nel quartiere che va da Corso d’Italia e corre lungo Corso Trieste (Cap 00198) il reddito medio è di 59.470 euro. Segue il Cap 00186 con 59.103 euro che comprende l’area di Montecitorio e Palazzo Madama e si estende fino al Circo massimo costeggiando il fiume Tevere; nel Cap 00193 al confine con lo Stato del Vaticano nella zona di Piazza Cavour e Castel Sant’Angelo il reddito medio è di 56.082 euro; ultimo Cap al di sopra dei cinquantamila euro è lo 00191 che corrisponde a Tor di Quinto-Corso Francia con 51.553 euro.

Le zone più povere sono al di là del Raccordo Anulare

Man mano che ci si sposta verso e oltre il Grande Raccordo Anulare, i redditi diminuiscono escluse alcune aree come i Cap attraversati dalla Colombo (la Via del Mare) dove ci si attesta tra i 25mila euro e i 32 mila euro. I Cap oltre Raccordo più poveri sono 00132 con 19.043 euro e 00133 con 18.970, due zone nella parte est di Roma corrispondenti a Tor Vergata, Tor Bella Monaca e Rocca Cencia-Villaggio Prenestino. 

Osservando i dati salta all’occhio la situazione economica in cui vivono i contribuenti del Cap 00119 dove si trova Ostia Antica. Qui il reddito medio è di 16.392 euro e ben il 52,91% vive con un reddito annuo che va da 0 a 10.000 euro.  2)

Ci si rende conto che c’è qualcosa che non va. Molto probabilmente si tratta di un errore del Mef perché i contribuenti sono 29.715 mentre i residenti circa 10.500.

Roma ha superato la crisi economica: ecco perché

Così come Milano anche Roma ha superato il periodo della crisi economica provocata dalla pandemia da Covid-19. La mappa qui di seguito mostra l’aumento dei redditi che c’è stato tra il dichiarato nel 2019 e nel 2021.

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