Milano hub mondiale della cocaina Ogni settimana in manette 51 pusher

di Gianni Santucci

Bisogna ascoltare i telefoni. Non quello che viene detto nelle intercettazioni. Ma gli squilli. La ripetitività degli squilli. La scena è questa (risale a qualche mese fa): stanza al piano terra, meandri della questura di via Fatebenefratelli, uffici della Sesta sezione della Squadra mobile, spacciatore italiano, di quelli che consegnano cocaina a domicilio, pony express della bamba che fanno anche 40-50 cessioni in un pomeriggio. Arrestato, l’uomo sta seduto davanti ai poliziotti che scrivono i verbali. Il suo telefono «di lavoro» è appoggiato sulla scrivania: e continua a squillare, squillare, senza sosta. «Era letteralmente bollente — ricorda un investigatore — avrà ricevuto più di cento chiamate in un’ora. Una roba da non crederci». Telefonate di clienti. Consumatori che chiamavano. Intasavano quel cellulare come fosse un call center. Ecco perché bisogna «ascoltare» quel telefono (e i tanti altri che di fronte ai poliziotti, in situazioni analoghe, vengono tartassati di richieste): nel ritmo ossessivo di quelle chiamate c’è il respiro affannato della Milano che assorbe quintali di cocaina (e sempre più eroina, e droghe sintetiche). Il ritratto di questa città perennemente in cerca di stupefacenti si ritrova nelle statistiche. Nel 2016, polizia e carabinieri hanno arrestato 2.458 spacciatori: una media di 204 al mese, 51 a settimana. I denunciati, sempre per spaccio, sono stati 4.514: 376 al mese, 94 a settimana. Più 1.756 consumatori segnalati alla Prefettura: in maggioranza, persone che vengono controllate durante i servizi antispaccio, subito dopo aver comprato.

Tra queste persone, come ormai da anni, c’è di tutto. Dall’operaio al professionista, dal ragazzino del centro a quello di periferia. L’85 per cento sono italiani. Mentre la maggior parte degli spacciatori sono stranieri. Marocchini, gambiani, albanesi. Bilancio annuale dei sequestri: 2 mila chili di droga. Considerazione di macroeconomia criminale: nel business degli stupefacenti a Milano, il problema non è mai, come per le aziende legali, conquistare i clienti. Quelli ce ne sono sempre, anche troppi: domanda perennemente alta. Insoddisfatta. Il problema, al contrario, è procurarsi abbastanza merce da vendere. Ecco perché Milano è sia un mercato, sia un hub internazionale del traffico per grossi carichi. Come quello intercettato dai carabinieri di Sesto il 29 aprile, quasi 100 chili di hashish in un box e due macchine. O il Tir che aveva appena consegnato in un’azienda di Cinisello, l’8 maggio, ma trasportava anche 200 chili di hashish, scoperti dagli stessi militari di Sesto. E poi le indagini che hanno smantellato due reti di importazione di shaboo, una potentissima metanfetamina. Entrambe contro trafficanti e spacciatori cinesi e filippini: «Nuova China» (Nucleo investigatovi dei carabinieri, 12 ottobre) e «BingDu» (Squadra mobile della polizia, 17 novembre).

Lo spaccio di piazza cambia. Sempre più accorto: i pusher tengono addosso quantità minime, alle Colonne di San Lorenzo molto spesso sono minorenni, impiegati dagli adulti per via delle più blande conseguenze giudiziarie. E così i poliziotti della Sesta sezione della Mobile, uomini che ogni giorno sono sempre e soltanto in strada, guidati dal dirigente Francesco Giustolisi, devono seguire l’evoluzione del mercato, aggiornare le tecniche, cambiare strategie. Solo questo gruppo di poliziotti (diviso in tre squadre), in un anno ha arrestato 333 spacciatori, intercettando 47 chili di cocaina e quasi 22 di eroina. L’eroina sequestrata è il triplo rispetto al 2015. Dimostrazione di una tendenza che si consolida. Spacciatori al dettaglio nordafricani, soprattutto nei «campi», le zone di boschi nei dintorni della città: prima fra tutte Rogoredo, al centro di una vasta bonifica delle forze dell’ordine a partire dal novembre scorso. Ma i grossisti/fornitori sono di solito albanesi.

I poliziotti della Sesta ne hanno arrestati una decina. Tutti con buoni carichi: 27 dicembre, Corsico, ragazzo albanese di 22 anni, oltre 5 chili di eroina e 27 chili di sostanze da taglio in casa; 22 novembre, a San Donato, 11 chili di eroina e 1 di cocaina. Eroina vuol dire anche criminalità diffusa. Al bosco di Rogoredo si vende anche la punta, micro dose sufficiente solo a calmare la crisi, roba da pagare pure in monete, 4-5-6 euro: ecco perché in tutto quel quadrante della città, negli ultimi anni, avevano ricominciato a spaccare di continuo i finestrini delle auto per frugare nei cassetti. Gli italiani invece fanno tutt’altro mestiere. Lavorano in casa o a domicilio. I poliziotti della Mobile ne hanno arrestati un centinaio: tutti con discrete quantità, da qualche etto, a qualche chilo. Tutti hanno un telefono per il «lavoro»: sono quei cellulari che smettono di squillare soltanto quando si spengono.

CORRIERE.IT

 

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