Il bonus di merito degli insegnanti? E’ un contentino che «scontenta»

di Gianna Fregonara

Nello stipendio di dicembre e, per chi non ha fatto in tempo, nella prima busta paga del 2017 è in arrivo il bonus di merito per gli insegnanti che se lo sono guadagnato nello scorso anno scolastico. Sono 247.782 in tutto: più di un terzo dei prof di ruolo – 624 mila – che potevano partecipare alla competizione. Per ora avranno solo l’80 per cento dell’una tantum prevista dalla riforma perché il ministero si tiene un quinto dei fondi – duecento milioni stanziati per l’anno scolastico 2015-16 – in attesa della definizione del ricorso dei sindacati al Tar: chiedono che anche i supplenti e non solo gli insegnanti di ruolo possano avere il bonus.

I dubbi del sindacato: mettiamo gli aumenti nel contratto

Il bonus è una delle novità previste dalla riforma Renzi: non più solo aumenti a pioggia ma un riconoscimento del lavoro e della dedizione (e anche dei risultati) degli insegnanti migliori. Oggi, che la riforma sta subendo una drastica revisione, c’è da domandarsi se il premio di quest’anno sia destinato a restare davvero un’una tantum e venga travolto dagli accordi della ministra Valeria Fedeli con i sindacati: nell’ultimo incontro del 2016 si è cominciato a parlare anche di come cambiare mettendolo nel prossimo contratto o addirittura abolire questo premio, che da subito ha creato più malumori che entusiasmo. Ogni scuola ha diritto in media a 23 mila euro da distribuire tra i prof migliori: i premi sono stati da 200 a 1800 euro a prof, con una media di 6-700 euro, che in busta paga arrivano più che dimezzati dalle tasse.

I presidi e la scelta dei prof più bravi

Tutte le scuole lo hanno assegnato se, secondo i dati del ministero, solo 500 su ottomila istituti non si sono adeguati. Ma lasciando al comitato di valutazione, istituito apposta da ogni scuola, la scelta dei bravi prof, sia pure con criteri indicati dalla legge, è successo un po’ di tutto e il risultato è una lunga litania di proteste e di arrabbiature anche tra chi pensa che il premio a chi si impegna sia una buona idea.Molti presidi hanno deciso di non divulgare i nomi dei premiati per evitare proteste, la Cisl ha monitorato l’umore dei prof in Sicilia: in nove scuole su dieci il clima è diventato «teso» dopo l’istituzione del bonus.

Nel Lazio premiato uno su due, in Lombardia uno su tre

Sui social e sui siti specializzati circolano denunce, quasi sempre anonime, che la poca trasparenza della procedura non riesce a zittire: la vicaria ha preso 3500 euro, la preside ha premiato il suo staff, il comitato ha scelto solo tre insegnanti su settanta. E tra gli esclusi, che potrebbero – se non ci saranno cambiamenti – puntare al premio il prossimo anno, crescono le proteste. Nel bonus, con queste modalità, finisce per esserci una buona dose di casualità: nel Lazio è stato premiato il 47 per cento dei prof, cioè uno su due, ma in Lombardia la competizione è stata molto più dura: solo il 36 per cento, cioè uno su tre, ha avuto la busta paga appesantita dal bonus. Una scuola su 5 ha scelto di dividere i fondi in parti uguali, le altre hanno dato bonus differenziati. Alcuni comitati li hanno assegnati ad un gruppo di insegnanti e non ai singoli.

Le proteste da Milano a Palermo

A Palermo nella metà delle scuole il premio è stato assegnato sulla base dell’autocertificazione degli insegnanti stessi. Insomma ognuno ha scelto cosa premiare. E così per tutto l’anno ci sono state proteste in tutta Italia, con creazione di comitati, lettere aperte. A Bologna nell’Istituto comprensivo Volta 72 prof su 177 hanno rinunciato a partecipare alla competizione, ma la protesta è stata un po’ dovunque da Milano a Palermo, passando per Bologna, Roma (al Mamiani), Napoli. C’è anche chi ha preso il premio e l’hanno regalato alla scuola, come il professor Quartarone che ha spiegato di voler così fare una «protesta costruttiva». La professoressa Lo Fiego si è offesa perché il premio “è un’elemosina”. L’anno prossimo ci saranno ancora duecento milioni. Forse.

CORRIERE.IT

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