Renzi cambia squadra, nuova ricetta per il Pd. “Giovani e intellettuali”
di GOFFREDO DE MARCHIS
ROMA – Ripartire dai punti deboli evidenziati nel referendum del 4 dicembre: il voto dei giovani e il rapporto con gl intellettuali. Matteo Renzi torna oggi a Roma (per fare ritorno a casa domani, il giorno del suo compleanno) ed è chiamato a fare quello che ha fatto poco in tre anni: il segretario del Pd. Le priorità sono la squadra, sulla quale fondare il Pd che andrà alle elezioni, e il profilo identitario del partito. “Ma non sarà un reset – dice il leader dem – Il renzismo non è un incidente di percorso, una parentesi della storia. Questo Pd rappresenta ancora la sinistra riformista italiana”.
Anche se pubblicamente l’analisi della sconfitta è stata veloce e non molto approfondita, la pausa natalizia è servita a Renzi per fare luce sui suoi difetti e su quelli del Partito democratico. Il segretario ha in mente un “piano giovani” che parta non dalle ideologie ma dalle proposte: partite Iva, ricerca e innovazione, strumenti previdenziali per i precari. Tre o quattro politiche concrete, dicono i suoi fedelissimi, che spostino l’asse generazionale. Oggi il bacino degli under 40 è in gran parte appannaggio dei 5 stelle. Se non si lavora su quella fascia d’età, le elezioni sono perse sicuro. A questa parte del programma lavoreranno Tommaso Nannicini, per gli interventi economici e sociali, e il presidente dell’associazione Volta Giuliano Da Empoli per la parte innovazione. Il segretario immagina anche un appuntamento nazionale sulle politiche giovanili che raduni le idee e le metta in circolo.
Il rapporto con gli intellettuali, un pallino della sinistra fin dai tempi del Pci, è un’altra debolezza del renzismo. È un mondo che giorno dopo giorno ha preso le distanze dal Renzi premier, la cultura che aveva molto spazio alle Leopolde degli esordi, ha lasciato solo l’ex premier. Lo scrittore, ex magistrato ed ex senatore Gianrico Carofiglio entrerà nella nuova segreteria e toccherà a lui tenere i fili con studiosi, artisti, professori. Ma non basta. Renzi ha letto i “manifesti” post referendum sul futuro della sinistra di Massimo D’Alema e Pier Luigi Bersani (lo ha convinto più il secondo del primo). Il suo Pd dev’essere ora in grado di proporre una piattaforma alternativa convincente e attrattiva. Rilanciando il renzismo, su una base più studiata.
La squadra è anche importante. L’intenzione di Renzi è l’azzeramento della segreteria, con l’eccezione dei due vicesegretari Lorenzo Guerini e Debora Serracchiani e di Filippo Taddei, il responsabile economico. Per farlo senza traumi ha bisogno di un criterio: fuori tutti i parlamentari che sono oggi 15 su 18. E spazio ai “territori” con il giovane sindaco di Mantova, Mattia Palazzi, 37 anni, ex Arci, nuovo pupillo renziano, al quale verrebbe affidato lo scouting di nuove leve per il Pd, il primo cittadino di Reggio Calabria Falcomatà e forse quello di Ercolano Bonajuto. Piero Fassino andrà agli Esteri. Il ministro Maurizio Martina (non parlamentare) entrerà, non all’organizzazione dove Renzi vuole mettere un fedelissimo. Ma i nomi della segreteria sono legati all’obiettivo principale di Renzi: le elezioni a giugno. Togliere tutti i parlamentari significa farsi qualche “nemico” tra coloro che dovranno staccare la spina a Paolo Gentiloni. Dunque, il repulisti non è ancora deciso in via ufficiale.
E il congresso? Non è nella testa di Renzi che pensa al suo viaggio in Italia in chiave elettorale anziché congressuale. Ma Michele Emiliano lo tallona e dalla Puglia è partito un documento che chiede il congresso subito firmato, tra gli altri, da Francesco Boccia e Dario Ginefra. “Le assise sono inevitabili, anche se si vota a giugno – dice Boccia – Serve a tranquillizare il Pd, serve anche a Renzi se non sceglie l’autolesionismo di chi si chiude nel suo cerchio stretto”
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