Quella furia che incarna il Male e la vergogna lucida del killer
Hanno sempre qualcosa di eccessivo, gli omicidi inter-famigliari: non si dica che il senso della famiglia non c’è più, che chi uccide non sente nulla verso le vittime, perché quella crudeltà si spiega soltanto come antidoto al turbamento. Il figlio che uccide la madre impazzisce per quello che sta facendo, e la pazzia si sfoga nel furore. Qui, a Ferrara, l’assassino dei genitori ha spinto l’amico a colpire la madre con quasi il doppio dei colpi dati al padre, 5 a lei e 3 a lui: sono colpi d’ascia sulla testa, anche uno solo è già mortale, perché tanta furia? Al punto in cui sono le indagini, pare che tra il figlio e i genitori ci fosse un rapporto rabbioso a causa dei brutti voti che il ragazzo prendeva a scuola. Padre e madre lo rimproveravano, lui li odiava. Li odiava significa si difendeva da quei rimproveri. Se i colpi inferti sono lo sfogo di quell’odio, allora questo figlio odiava più la madre che il padre. Anche un parricidio o un matricidio obbedisce a una logica di convenienza.
È stato preparato per tempo, il che vuol dire che i due ragazzi s’erano prima messi d’accordo. L’accordo è la fase più delicata, e forse anche più complessa. Se c’è qualche renitenza, è in quel momento che viene fuori. Dopo è troppo tardi. C’è un momento, dopo, in cui pare che i due ragazzi, o uno dei due, entri in crisi, ed è quando «lavorano» sui corpi dei genitori uccisi. Li devono portar via, e per far questo li vedono in faccia. È in quel momento, a sentire le confessioni degli assassini, che hanno l’idea di coprire le facce dei genitori morti con sacchetti di plastica: per non vederli in faccia. Così dice uno dei due ragazzi, non so quale, se il figlio o l’amico del figlio. Preferirei che fosse il figlio, perché in questo dettaglio dell’operazione, coprire la faccia dei morti, ci vedo un fioco, inerte barlume di vergogna, che domani può – è questo l’augurio – diventare rimorso. Perciò mi permetto di correggere la confessione del ragazzo, chiunque sia. Non voleva dire che han coperto le facce «per non vederle», ma «per non essere visti». Non era vergogna per quel che facevano, ma terrore per quel che poteva poi capitargli. E che da questo momento aspettano.
Se li spiegano così, i sacchetti di plastica non erano nel piano. Nel piano c’era l’accordo, l’attesa, l’azione, l’alibi. Hanno atteso che padre e madre fossero ben addormentati, per colpirli con facilità. Così hanno fatto. L’amico era lì «per amicizia», o come dicono loro «per vicinanza», ma questa era una questione tra genitori e figlio, vien dunque da pensare che sia stato il figlio ad ammazzarli. A vendicarsi. A far giustizia. Come a guidare, dopo, la polizia su false piste. È sempre così, anche negli altri grandi delitti di famiglia che abbiamo nella nostra storia, e ai quali questo nuovo grande delitto si affianca per ferocia e grandezza. Erika accusava gli extracomunitari albanesi, e veniva creduta in paese, tanto che si scatenava la caccia allo straniero. Poi s’è tradita parlando sottovoce col fidanzato Omar, mentre le microspie la registravano. Erika ha ucciso anche il fratello minore, che cercava di scappare dalla finestra del piano superiore: lei l’ha preso per un calcagno e tirato giù per accoltellarlo. La ferocia di Erika si misura dal numero delle coltellate. La ferocia di Maso, che ha ucciso padre e madre rientrati dalla messa, colpendoli, lui e i suoi amici, con pentole e martelli sulla testa, si misura dal tempo impiegato: un tempo infinito, tanto che uno degli amici si fermò per respirare, durante la mattanza, ed esclamò: «Ma non muoiono mai?».
Negli altri tre-quattro grandi delitti inter-famigliari in Italia c’è il sospetto o la certezza della droga, o dell’insanità mentale. E questo intorbida tutto. Ma questo di ieri a Ferrara, come quelli di Erika e Maso, sono un puro rovesciamento etico, il Male in sé. Per Maso a suo tempo parlavo di mancanza di valori, ma Gianfranco Bettin mi corresse: non è vero che Maso non avesse valori, Maso aveva i suoi valori, simboleggiati dalla Bmw nera che aveva prenotato e che era arrivata, e lui doveva pagarla. Ammazzare padre e madre era la scorciatoia per l’eredità. I grandi delitti restano appesi al nostro cervello di sghembo, per qualche aspetto curioso che li rende inobliabili. All’amico di Maso che si ferma per riprender forza, ad Erika che tira giù il fratellino per un calcagno, oggi si associa questo cattivo studente di Ferrara, che copre con un sacchetto i volti dei genitori appena uccisi, perché non lo guardino.
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