Accuse di Dieselgate a Fca negli Usa. L’azienda: limiti rispettati
–di Eleonora Micheli
Chiusura in calo per le Borse europee, con Milano che ha accusato la performance peggiore del listino, risentendo del crollo di Fiat Chrysler Automobiles. Il FTSE MIBha lasciato sul parterre l’1,69%, sul contraccolpo delle accuse lanciate dall’Epa, l’autorità americana che aveva messo sotto inchiesta anche la tedesca Volkswagen, contro la casa auto guidata da Sergio Marchionne, rea di avere violato la normativa sulle emissioni diesel. Le Fca, dopo essere entrate più volte in asta di volatilità, hanno chiuso in calo del 16%, nonostante dal quartier generale del gruppo sia stato ribadito che gli standard sono stati rispettati.
Le accuse dell’Authority americana
L’Epa, l’Agenzia per la protezione ambientale americana, la stessa che nel settembre 2015 fece esplodere lo scandalo dieselgate della casa auto tedesca, ha accusato Fiat Chrysler Automobiles di avere montato sui motori diesel d 104.000 veicoli un software che ha consentito emissioni superiori a quanto consentito dalla legge. La tesi delle autorita’ Usa è che il gruppo guidato da Sergio Marchionne ha installato senza dirlo un cosiddetto “engine management software” (Ems) nei modelli Jeep Grand Cherokees e Dodge Ram 1500 prodotti nel 2014, 2015 e 2016 con motori diesel a tre litri venduti in Usa. «Chiediamo a Fca di dimostrare che il suo Ems non sia assimilabile al defeat device» ossia il software incriminato che nel settembre 2015 incastrò Volkswagen, ha spiegato un rappresentante dell’Epa in una call con i media definendo «chiara e seria» la violazione delle leggi sulle emissioni. «Continueremo le indagini e le discussioni con Fca», ha aggiunto.
La multa massima che rischia Fca
Secondo l’Agenzia per la protezione ambientale americana, Fiat Chrysler Automobiles rischia una multa potenziale di 4,63 miliardi di dollari. Lo ha detto un rappresentante dell’Environmental Protection Agency durante una call con i media. «La multa potrebbe essere pari fino a 44.539 dollari per veicolo», ha detto. Siccome la notifica di presunta violazione della legge Clean Air Act riguarda circa 104.000 veicoli, si ottiene una cifra massima di 4,63 miliardi di dollari circa. Proprio ieri Volkswagen ha patteggiato con il governo americano per lo scandalo del DIeselgate, ammettendo la sua responsabilità e accettando di pagare una sanzione di 4,3 miliardi di dollari.
La replica di Fca
In una nota, Fca Us si dice «rammaricata» di fronte alla decisione dell’Epa. La società statunitense del gruppo aggiunge di voler «lavorare con l’amministrazione» Trump per risolvere la questione in maniera «giusta ed equa» e di assicurare l’Epa e i clienti negli Usa che le auto a motore diesel prodotte incontrano tutti gli standard previsti dalla legge. In particolare, nel comunicato si specificano quali sono i sistemi di controllo delle emissioni montati su auto del gruppo , sottolineando che questi «incontrano i requisiti richiesti». Inoltre, la società ricorda di aver fornito per mesi «voluminose informazioni» all’Epa e ad altre autorità Usa per rispondere ai quesiti posti e di aver cercato di spiegare la propria tecnologia sul controllo delle emissioni ai rappresentanti dell’Epa.
La giornata di Borsa
Fca a parte, oggi si è inoltre sgonfiata la speculazione su Mediaset, che così ha lasciato sul parterre il 3,99%, dopo la smentita che Vivendi abbia presentato una proposta di accordo a Fininvest. Sono inoltre state vendute le azioni delle banche, fatta eccezione di Ubi Banca, volata del 9,1% nel giorno dell’annuncio dell’acquisizione delle tre così dette goods bank. Operazione che comporterà un aumento di capitale da circa 400 milioni per l’istituto bergamasco, ma al tempo stesso porterà un utile aggiuntivo stimato pari a 100 milioni di euro al 2020. Sono inoltre andate male leUnicredit (-1,7%), nel giorno in cui l’assemblea dei soci ha varato l’aumento di capitale da 13 miliardi di euro, che dovrebbe essere lanciato a marzo.
Sul fronte dei cambi, la divisa unica ha recuperato punti sul dollaro: passa di mano a 1,0663 dollari (da 1,0507 di ieri in chiusura), mentre l’euro/yen è pari a 121,43 (da 121,79). Il biglietto verde è in calo anche contro lo yen: il cross dollaro-yen è pari a 113,88 (da 115,91). Ha imboccato la strada del rialzo il petrolio: il wti, contratto con consegna a marzo, sale dell’1,28% attestandosi a 53,74 dollari al barile.
Pharma sotto pressione dopo Trump
Indici europei tutti in calo ma in recupero dai minimi di giornata, all’indomani dell’attesa conferenza stampa di Trump che non ha dato le indicazioni sperate (segui qui l’andamento delle principali Borse europee).
Neanche i dati macroeconomici positivi (dal Pil tedesco alla produzione industriale europea) hanno dato una spinta positiva ai listini. Sull’azionario europeo, guidano i cali i titoli del comparto farmaceutico) dopo le parole del presidente Usa sulle aziende del comparto (il più penalizzato ieri a Wall Street), che «spesso l’hanno fatta franca»: secondo Trumo c’è bisogno di più competizione sul fronte dei prezzi dei loro prodotti. Nel settore, in calo a Milano anche Recordati che realizza negli Usa circa l’8%-9% del totale dei ricavi.
A Piazza Affari vola Ubi dopo via libera all’acquisto delle tre banche
A Piazza Affari, con il FTSE MIB in territorio negativo, oggi i riflettori sono puntati su Ubi Banca (in forte rialzo e anche fermata per eccesso di volatilità poco dopo l’avvio) che ha approvato come atteso il via libera all’acquisto di tre (Banca Marche, Etruria e CR Chieti) delle quattro banche nate da piano di risoluzione di fine 2015. L’acquisto avverrà al prezzo simbolico di 1 euro e nell’operazione è previsto un aumento di capitale da 400 milioni di euro. Generalmente deboli i bancari, con l’eccezione di Bper in territorio positivo. La banca è in procinto di acquistare Carife e oggi è in calendario una riunione ordinaria del cda in cui il tema sarà sicuramente oggetto di aggiornamento. Per la chiusura dell’operazione comunque bisogna attendere la scadenza del 19 gennaio, termine entro il quale almeno 300 dipendenti di Carife dovranno comunicare all’azienda la volontà di lasciare la banca come previsto dall’accordo sindacale. Occhi puntati anche su Unicredit nel giorno dell’assemblea che approverà l’aumento di capitale da 13 miliardi di euro. In un’intervista l’a.d. Jean Pierre Mustier ha detto che l’aumento sarà pronto prima del 10 marzo. Ieri indiscrezioni parlavano di un prezzo a sconto del 30%-40%. Mustier ha anche allontanato ipotesi di un rafforzamento nel capitale di Mediobanca così come scenari di alleanza tra le Generali e Axa o con altre compagnie assicurative. Tra i segni positivi, in rialzo energetici e petroliferi. In coda al listino invece Mediaset, sulle prese di beneficio dopo il balzo della vigilia dopo la smentita di Finivest alle indiscrezioni su uno scambio azionario con Vivendi.
Rendimenti in calo nell’asta BTp. Produzione industriale in crescita
Rendimenti in flessione nell’asta di oggi sul medio e lungo termine. Il BTp a 3 anni scadenza 15/10/2019, offerto in quinta tranche per 3 miliardi e richiesto per 4,37 miliardi, è stato emesso con un rendimento lordo dello 0,06%, in flessione di 24 centesimi rispetto all’asta precedente. In calo anche il rendimento del BTp a 7 anni scadenza 15/10/2023: la settima tranche, offerta per 2,75 miliardi e richiesta per 4,03 miliardi, è stata collocata con un tasso lordo dell’1,15%, in ribasso di 22 centesimi rispetto all’asta precedente. Il Tesoro ha anche emesso la sesta tranche del BTp a 20 anni scadenza 01/09/2036, L’importo offerto, pari a 1,5 miliardi, ha calamitato richieste per 2,183 miliardi ed ha spuntato un rendimento del 2,53%. In calo lo spread tra BTp e Bund. Negli Usa tassi in marcato calo, all’indomani del discorso di Trump e dopo la forte domanda sulla riapertura del titolo decennale, soprattutto dalle banche centrali estere. Oggi attesi numerosi discorsi di membri Fed votanti nel pomeriggio e, questa notte, anche della Yellen, con successiva sessione domande e risposte.
Indicazioni positive per l’economia dell’Eurozona da produzione e crescita
Per quanto riguarda i dati macroeconomici, a novembre rispetto a ottobre la produzione industriale nella zona euro è aumentata dell’1,5% e dell’1,6% nella Ue. Rispetto a novembre 2015 è aumentata rispettivamente di 3,2% e 3,1%. Per l’Italia novembre ha visto un solido rialzo della produzione dello 0,7% rispetto a ottobre. Secondo i dati diffusi dall’Istat, nella media del trimestre settembre-novembre 2016 la produzione è aumentata dello 0,9% rispetto al trimestre precedente. Corretto per gli effetti di calendario, a novembre 2016 l’indice è aumentato in termini tendenziali del 3,2%. Infine, forte crescita per la Germania: il Pil tedesco ha registrato una netta accelerazione nel 2016, con un +1,9% rispetto al 2015, quando era cresciuto dell’1,7%. Si tratta della crescita più forte negli ultimi 5 anni
Dollaro perde terreno dopo Trump. Sale il greggio
Sul fronte dei cambi, l’euro ha riconquistato la soglia di 1,06 dollari dopo che il biglietto verde ha risentito della delusione per la conferenza stampa di Trump (segui qui l’andamento del dollaro contro le principali valute e qui l’andamento dell’euro). Dagli States oggi è emerso che nella settimana chiusa il 7 gennaio il numero di lavoratori che per la prima volta hanno fatto richiesta per ricevere sussidi di disoccupazione negli Stati Uniti è salito, allontanandosi dai minimi in quarant’anni toccati nei sette giorni precedenti. Secondo quanto riportato dal dipartimento del Lavoro, le richieste iniziali di sussidi di disoccupazione sono aumentate di 10.000 unità a 247.000, contro le 237.000 della settimana precedente (dato rivisto al rialzo dalle 235.000 della prima stima). In aggiunta i prezzi all’importazione negli Stati Uniti sono saliti a dicembre meno delle previsioni, ma comunque a un ritmo sostenuto sulla scia del rialzo del costo del petrolio. Stando a quanto reso noto dal dipartimento del Lavoro americano, i prezzi all’importazione sono cresciuti dello 0,4%, mentre le previsioni erano per un rialzo dello 0,6%, dopo il calo dello 0,3% di novembre. Su base annuale il dato è in rialzo dell’1,8%, il maggiore dal 2012. Prezzi del petrolio ancora in rialzo, spinti dalla notizia del taglio della produzione da parte dell’Iraq e dalla forte domanda da parte della Cina (segui qui l‘andamento di Brent e Wti). Nonostante il forte aumento settimanale delle scorte di greggio e derivati Usa, scrivono gli analisti di Mps Capital Services, gli operatori hanno visto di buon occhio il fatto che l’ammontare settimanale di petrolio raffinato sia giunto al massimo dal 1989. Inoltre il mercato era già ben intonato grazie alle dichiarazioni del ministro petrolifero degli Emirati Arabi, secondo cui, i paesi del cartello stanno rispettando gli accordi sul taglio della produzione, aggiungendo che un prezzo di 50 dollari è troppo basso per molti paesi produttori. Il segretario generale Opec, Barkindo, ha poi dichiarato che a maggio l’Opec deciderà se saranno necessari ulteriori tagli, augurandosi che nel frattempo le scorte globali scendano verso la media degli ultimi 5 anni nel secondo trimestre. Negli altri settori bene i preziosi, con l’oro tornato sopra i 1200 dollari l’oncia, grazie anche alla debolezza del dollaro.
(Il Sole 24 Ore Radiocor Plus)