M5S, mossa filo-russa: gli italiani votino se restare nella Nato
Se, come dicono, non sono filo-russi, i 5 Stelle fanno di tutto per sembrarlo. Prendiamo Manlio Di Stefano, unico italiano presente al congresso di Russia Unita, il partito di Vladimir Putin: il blog ieri ha ospitato un suo post che affronta tre temi in uno. La possibile uscita dalla Nato, le speranze su Donald Trump, le esigenze geopolitiche di Putin.
Il M5S sa da che parte stare e lo dice chiaro: definisce «patetico» l’addio di Barack Obama, «fatto di sgambetti a Trump», e di operazioni militari che «mettono a rischio l’Europa». «Estonia, Lettonia, Lituania e Polonia si sentono “minacciate” dalla Russia e Obama che fa? Ci sommerge di carri armati». Di Stefano non lo cita ma si riferisce anche all’invio di 140 soldati italiani in Lettonia, al confine con la Russia, in missione per conto della Nato. Ma per lui la minaccia è roba da virgolette. Questioni di punti di vista, certamente quelli di Di Stefano sono gli stessi di Putin, come le argomentazioni che seguono: «A oggi Trump fortunatamente ha rassicurato gli animi e parlato di ottime relazioni con la Russia». La soluzione? «Ridiscutere e sottoporre ai cittadini la partecipazione italiana alla Nato» che «sta giocando con le nostre vite». L’indebolimento dell’Alleanza Atlantica è il sogno di Putin, con cui le simpatie non mancano. Di Stefano e i 5 Stelle sono spesso ospiti graditi dei siti russi molti dei quali ruotano attorno al governo, da Sputnik Italia a Russia Today.
Ma quelle granitiche certezze che sembrano esserci sul fronte dell’Europa orientale, mancano nel cuore burocratico del Vecchio Continente. Il pasticcio all’Europarlamento sta lasciando ferite ovunque. Si parla di nuovi fuoriusciti tra i quindici deputati tornati con la cenere sul capo dall’Ukip di Nigel Farage, mentre due sono già andati via. Ma a bruciare sono le parole di Elisa Bulgarelli, senatrice da sempre riottosa alle regole manageriali del M5S. Bulgarelli attacca i vertici sui social, unica tra molti parlamentari che invece masticano malumore in silenzio: «Ma l’associazione Rousseau – si chiede – è “la segreteria” del partito 5 stelle ovvero il centro dei cerchi e cerchietti magici del moVimento? Beppe aiutaci tu!».
Grillo viene evocato contro Davide Casaleggio, principale imputato della figuraccia europea. Ma dietro di lui è a Davide Borrelli e a Max Bugani che punta la senatrice: sono entrambi seduti ai posti di comando accanto a Casaleggio Jr dentro Rousseau, in soccorso del quale – altro motivo di insoddisfazione – sarebbero state richieste ai deputati più donazioni. Borrelli è l’artefice della trattativa, fallita, con i liberali dell’Alde. Bugani è consigliere comunale a Bologna, la stessa città di Bulgarelli, la culla di quell’eresia che da Giovanni Favia a Andrea De Franceschi ha scatenato il repulisti di Grillo. In questa faida Bugani sta con i vertici, Bulgarelli con i dissidenti come il riminese Marco Affronte, uno dei due eurodeputati usciti. Ora però rischia anche lei, già graziata a ottobre quando invitò a non votare il nuovo statuto. Grillo e Casaleggio non tollerano voci critiche e sarebbero pronti a colpire con sanzioni, ma devono valutarne gli effetti giuridici e mediatici. Soprattutto i primi, visti i tanti ricorsi in tribunale: oggi è attesa la sentenza sulla validità del contratto di Virginia Raggi.
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