Il lavoro non tollera amnesie

Il governo Gentiloni porrà mano alla regolamentazione dell’uso dei voucher per evitare il referendum popolare appena dichiarato ammissibile dalla Consulta. Si tratta di una scelta pienamente comprensibile ma sarebbe un errore da parte dell’esecutivo limitarsi a un intervento di pura chirurgia giuridica. Le questioni legate alla disoccupazione e al lavoro debole sono oggi in testa nella gerarchia dei temi che veramente contano per la stragrande maggioranza degli italiani. Risulterà giusto quindi togliere l’acqua sporca e non buttare dalla finestra il bambino-voucher se in parallelo il governo sarà capace di spiegare cosa intende fare per il lavoro giovanile. Non ci sono alchimie politico-elettorali sulla tempistica del voto che reggano e possano giustificare un’amnesia.

Un medico che opera al pronto soccorso non potrà mai girarsi dall’altra parte solo perché un’ora dopo finisce il turno. Del resto anche gli ultimi dati forniti questa settimana dall’Istat dimostrano come l’occupazione sia aumentata negli ultimi 12 mesi soprattutto per gli over 50 e in buona parte per gli effetti dell’allungamento dell’età pensionabile. Di conseguenza se il centro-sinistra vuole evitare che la vera riforma del lavoro alla fin fine sia considerata la legge Fornero sulle pensioni deve darsi da fare per sfruttare fino in fondo le potenzialità del Jobs act.

In prima battuta non va dimenticato che nella legge di Stabilità 2017 sono previsti ulteriori 730 milioni di incentivi alle assunzioni focalizzati su due sole platee, i giovani sotto i 29 anni e il Sud.

C’è il rischio che in un clima caratterizzato da confusione ed elementi di sfiducia come l’attuale, questi soldi non vengano nemmeno utilizzati per mancanza di richieste e ciò rappresenterebbe una clamorosa beffa. Perché se è giusto sostenere che finora la leva degli incentivi per il jobs act si è rivelata troppo generosa rispetto ai risultati, bisogna essere coscienti che l’occupazione giovanile va aiutata. Quest’anno con le risorse già messe a budget, nei prossimi con una misura strutturale come potrebbe essere considerata la riduzione mirata del cuneo contributivo. Per renderla credibile, seppur collocata sullo sfondo, bisogna però che nel frattempo le imprese utilizzino i provvedimenti già approvati dal Parlamento. E sarà più facile se i datori di lavoro capiranno che non si tratta di una politica dell’una tantum, di un bonus volatile ma di una scelta di medio periodo.

Il secondo capitolo riguarda le politiche attive del lavoro. Per molti quest’espressione suona come una giaculatoria e invece contiene all’interno la vera differenza tra noi e i migliori standard europei. Passa troppo tempo da quando i nostri figli lasciano la scuola al momento in cui si avvicinano timidamente al primo lavoro e non a caso gli italiani primeggiano nelle graduatorie dei Neet, i ragazzi che non studiano e non lavorano.

Per ridurre questo intervallo c’è molto da fare in termini di orientamento professionale, accompagnamento e incrocio con l’offerta di lavoro. In questo intermezzo i giovani e le famiglie non devono sentirsi lasciati a se stessi. È qui e non altrove che si palesa, come si usa dire, un «bisogno di Stato» e per di più abbiamo il vantaggio di poter attingere ai fondi comunitari.

So che questi temi appassionano poco i politici e persino i sindacalisti ma non c’è alternativa. Nessun governo, nessuna consultazione via Internet, nessun referendum popolare potrà fare a meno della costruzione di una moderna infrastruttura per la ricerca di lavoro. Non ce l’abbiamo e dobbiamo averla per tempo, anche perché sullo sfondo si prepara almeno un altro paio di grandi questioni che dovremo saper affrontare: l’ulteriore avanzata dell’automazione industriale e l’inclusione delle seconde generazioni di immigrati.

Infine la Ue, nonostante i risultati non omogenei conseguiti, ha deciso di rifinanziare per il 2017 il programma Youth Guarantee (Garanzia Giovani). In Italia il bilancio della prima stagione non è stato esaltante, quantomeno è stato gestito con gli occhi interamente rivolti al funzionamento della macchina burocratica. Nella seconda si può fare molto di più: aprire un canale di comunicazione con i ragazzi per spiegar loro la complessità del mercato del lavoro di oggi, per mobilitarli a difesa del loro stesso capitale umano e infine per offrire una vera prima chance. Un’esperienza. Potrà sembrare che stiamo parlando di problemi amministrativi o per addetti ai lavori e invece passa da qui la buona relazione tra giovani e democrazia.

CORRIERE.IT

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