Schiaffo del governo: chiesti 42 milioni a Verdini
Roma Se fino a poche settimane fa si poteva legittimamente parlare di Denis Verdini come del core business del governo Renzi, con l’avvento del premier Paolo Gentiloni le fortune verdiniane stanno via via declinando.
Fuori dal governo, in perenni trattative nel sottogoverno, sminuito il peso specifico dei suoi voti per l’atteggiamento costruttivo tenuto da Palazzo Chigi nei confronti di Forza Italia.
Come se non bastasse, è in corso di svolgimento a Firenze il processo sul crac dell’ex Credito cooperativo fiorentino di cui fu presidente Verdini. Sul quale pende non solo la pesantissima richiesta del Pm, undici anni, ma da ieri anche le super-richieste di risarcimento milionario delle parti civili. «Dovuta» quella di Palazzo Chigi, considerato che nel crac si parla anche dell’indebito accesso ai fondi per l’editoria stanziati dalla presidenza del Consiglio. Una «truffa», secondo gli Avvocati dello Stato, che vale circa 42 milioni di euro di danni: i quasi 23 percepiti tra il 2005 e il 2009 dai giornali di Verdini che, con la rivalutazione degli interessi, fanno 28. Più il 50 per cento a titolo di «danno emergente». Totale da capogiro: appunto 42 milioni, con l’Avvocatura dello Stato che ha chiesto il sequestro conservativo di 23 milioni di beni equivalenti già sotto sequestro penale.
Nella giornata delle parti civili, altra cifra pesantissima, 48 milioni di euro, è stata avanzata da un pool di banche capeggiate da Mps per la mancata restituzione di finanziamenti per un prestito da 150 milioni che il pool aveva accordato a societa del gruppo di Riccardo Fusi e Roberto Bartolomei. Anche in questo caso i legali di Mps hanno richiesto provvisionali immediatamente esecutive per più di 22 milioni. A esigere danni come parte civile è stata infine Bankitalia, che mandava gli ispettori al Ccf e ora pretende il riconoscimento di danni non patrimoniali come quelli d’immagine. Subìti, si presume, per la figuraccia di non essersi accorta di nulla ed essere stata raggirata (reati di ostacolo alla vigilanza, falso in bilancio, omesse segnalazioni, false comunicazioni e altre violazioni della normativa bancaria che «minarono la credibilità dell’istituto di vigilanza» e indussero «sfiducia nella cittadinanza» verso la stessa Bankitalia). Ulteriori richieste di risarcimento sono arrivate infine dal liquidatore di Ccf e da Bnl, Unipol, BPVi e Mb.
IL GIORNALE