L’ultimo regalo di Renzi al Paese
Il declassamento a BBB da A, da parte dell’agenzia di rating canadese Dbrs, la quarta delle quattro star del rating che contano per la valutazione dei nostri titoli pubblici, li degrada ufficialmente alla classe B dalla classe A in cui sino ad ora erano stati, nonostante le tre maggiori Standard & Poor’s, Moodys e Fitch ci avessero già declassato fra la fine del 2011 e l’inizio del 2012 quando il debito pubblico era al 118% del Pil e non come ora al 133%.
Sostenere che una delle principali ragioni per il declassamento è l’instabilità politica dovuta alla caduta di Renzi è stravagante, dato che il governo che si dimesso aveva le mani bucate. Il declassamento fa perder fra il 5,5 e l’8% alle valutazioni dei nostri titoli pubblici in relazione alla scadenza breve o lunga dal punto di vista della Bce che presta soldi alle banche e dell’autorità finanziaria ad essa collegata che calcola i parametri di solidità delle banche, in rapporto ai prestiti che esse detengono fra cui debito pubblico.
In apparenza questo danno può sembrare molto per le banche ma è poco, perché questa forchetta di percentuali 5,5-8% non riguarda molti casi. Quando una banca si fa prestare soldi dalla Bce deve dare in cambio garanzie, tramite titoli valutati sulla base delle stime delle maggiori agenzie di rating. Quelli di classe A vengono valutati con un taglio del 16 rispetto al loro valore, per quelli con tre B si dovrò aggiungere un + 5,5%-8% ossia mediamente 6,75. Sicché per ogni prestito di 100 non occorrerà dare 116 ma 122,75 di garanzie. Poiché la banca ha molti titoli in portafoglio, dovrà darne a garanzia un po’ di più, ma non è obbligata a darne in debito pubblico: può dare altri titoli, che ha nel portafoglio, che sono una grande varietà, con gli attuali regolamenti Bce.
Dunque per una banca normale per i prestiti Bce questo declassamento non conta granché. La seconda conseguenza del declassamento riguarda la convenienza delle banche a tenere debito pubblico. I parametri patrimoniali che le banche debbono avere sono il 12% dei prestiti che esse detengono, cioè un ottavo circa. Per il debito pubblico il rischio aumenta del 5,5%-8% e quindi l’importo di parametro patrimoniali di pari a un ottavo del prestito aumenta del 5,5%-8%.
Non è molto, ma può indurre le banche a tenere meno debito pubblico, che ora. Il tasso di interesse sui debiti pubblici salirà un po’. Lo stato dovrà esser più cauto nel far nuovi debiti, rispetto all’era di Renzi e del suo referendum, che voleva vincere con questi regali.
IL GIORNALE