Ritorno al passato
Da ieri, con l’approvazione dei decreti attuativi, le unioni civili sono legge e lo Stato riconoscerà da tutti i punti di vista i matrimoni indipendentemente dal sesso dei contraenti.
È di fatto l’unica riforma per cui sarà ricordato il governo Renzi, anche se l’atto finale porta la firma di Gentiloni. Chissà cosa ne pensa dall’oltretomba il suo avo Vincenzo Ottorino che all’inizio del secolo scorso riportò i cattolici in politica attraverso il «patto Gentiloni» che segnò la definitiva fine delle ostilità iniziate a Porta Pia tra la Chiesa e il Regno d’Italia. Corsi e ricorsi, a volte beffardi, della storia. Dicono che così ora siamo un Paese più moderno. Può essere, e sono felice per le non tante coppie omosessuali che aspettavano con ansia questo giorno. Anche se la modernità non è in sé un valore assoluto. Possiamo per esempio considerare «moderno» estendere il concetto di tutela di Stato all’amore in quanto tale alla poligamia? Non è una provocazione ma il prossimo problema etico che ci troveremo, più presto di quanto immaginiamo, ad affrontare.
Le leggi che introduciamo, per rendere in teoria più moderna la nostra comunità, si prestano infatti al rischio di essere usate come grimaldello per ottenere diritti che nulla hanno a che fare con la nostra cultura e la nostra organizzazione sociale. Se è vero, come è vero, che da oggi il requisito per ottenere il matrimonio di Stato non è più il rapporto uomo-donna ma semplicemente l’amore, quanto pensate ci metterà la comunità islamica – a oggi parliamo di oltre quattro milioni di persone – a ottenere da qualche giudice il riconoscimento del loro amore a tre, quattro o cinque? Il che non porrà solo un problema etico ma bensì e soprattutto economico, assistenziale, previdenziale.
L’indottrinamento all’islam nella sua forma più integralista che oggi documentiamo non è infatti solo una minaccia alla sicurezza, non genera solo terroristi o potenziali tali, ma mantiene ancorata al Medioevo una buona parte di una comunità straniera che vive stabilmente insieme a noi. E non vorrei allora che un eccesso di «modernità» legislativa mal interpretata sortisca l’effetto opposto, cioè quello di ributtare la vita del nostro Paese indietro nei secoli, a quando per esempio le donne non avevano diritti.
IL GIORNALE