La nostra economia sempre più povera. Persino Malta ci supera sul Pil
Roma – Un’Italia sempre più piccola nel confronto internazionale, ma soprattutto sempre più povera.
È quella che emerge dai dati e dalle stime contenuti nel World Economic Outlook del Fondo monetario internazionale pubblicato qualche giorno fa e sintetizzato in maniera molto eloquente da VividMaps, un sito statunitense che si occupa di infografiche. Ebbene, l’Italia nella classifica del prodotto interno lordo pro capite calcolato in dollari internazionali è scivolata al 37simo posto globale con 36.313 dollari a testa ed è ormai superata stabilmente da Paesi molto più piccoli come Malta (37.900 dollari), Porto Rico (37.700 dollari), Nuova Zelanda (37.200 dollari), ma soprattutto dalla Spagna (36.450 dollari).
Proprio quello del Paese iberico è il sorpasso più recente perché, sulle base delle stime 2016, i nostri compagni di sventura dell’area euro dovrebbero avere ritrovato molto più slancio. Certo, le statistiche tendono ad appiattire le differenze e le specificità, soprattutto se si considera che le tre nazioni più ricche del mondo sono il Qatar (130mila dollari pro capite), il Lussemburgo (101.900 dollari) e Macao (87mila dollari), cioè un emirato seduto su una montagna di petrolio e poi due Stati che hanno nella finanza il loro core business. Anche Malta e Porto Rico, che ci precedono, sono Paesi caratterizzati da una fiscalità poco aggressiva sulle imprese, ma il sorpasso spagnolo significa che, nonostante la grande crisi, a Madrid e Barcellona sono riusciti a ripartire, invece l’Italia deve sempre dibattersi fra gli zero virgola e le suppliche a Bruxelles di maggiore flessibilità. Nel frattempo il divario con i nostri partner si è allargato: se nel 2007 il divario in termini di Pil pro capite con la Germania era di soli 2.700 dollari, oggi veleggia verso i 12mila euro. Alta disoccupazione, bassa crescita e tasse insostenibili hanno prodotto l’arretramento dell’Italia.
Un’Italia che, come dicevamo, oggi si trova a chiedere con il cappello in mano un segnale di clemenza da Bruxelles che ha chiesto una manovra correttiva visto il deficit eccessivo connesso alla legge di Bilancio 2017 firmata Renzi. Ieri a Davos il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ha incontrato per un quarto d’ora il commissario agli Affari economici e monetari, Pierre Moscovici, ripetendo concetti già enunciati, ossia che la congiuntura sfavorevole impedisce al governo di tirare troppo le redini del bilancio pubblico. «Sono fiducioso, abbiamo parlato di gap non di misure», si è limitato a dire Moscovici alludendo allo «scostamento» tra le proiezioni del deficit e quello che dovrebbe essere l’impegno dell’Italia. Con il famigerato 0,2% di Pil (3,4 miliardi), o anche meno, la vicenda potrebbe chiudersi: il problema sono le «misure» con cui raggiungere l’obiettivo ed evitare che si traducano in un eccessivo incremento della pressione fiscale, almeno nell’immediato. Anche nel 2018 la musica è destinata a non cambiare perché ci sono altri 20 miliardi di clausole di salvaguardia su Iva e accise da disinnescare.
IL GIORNALE