Pm, ambasciatori e burocrati I maxiaumenti della vera casta
C’è il lavoratore pubblico e quello privato, ed è noto quanto al primo sia riservato un trattamento più generoso rispetto al secondo.
Ma ci sono differenze notevoli anche tra statale e statale, soprattutto negli stipendi. In un mondo – quello dello Stato e parastato – dove il merito resta un’utopia, le differenze di stipendio sono notevoli. La parte variabile della busta paga pubblica è una pura formalità e gli aumenti, nonostante le tante riforme, sono ancora legati ad automatismi. Ma se si guada alle buste paga, esistono statali di serie e A di serie B e anche di serie C.
Dopo la pubblicazione dell’ultimo commento al Conto annuale della Ragioneria generale dello Stato, si sono sprecate analisi su quanto potere di acquisto abbiano perso gli statali. Il calcolo è semplice. La variazione percentuale delle retribuzione medie annue dei pubblici dal 2005 al 2015 è stata del 14,8%. Dal 2007 il tasso di inflazione è aumentato del 13,5%. Poco rispetto ai decenni precedenti, ma il blocco della contrattazione nel pubblico in vigore dal 2011 al 2016 ha reso impossibile anche recuperare il mini carovita di questi anni di crisi. Dal 2005 gli aumenti degli assegni sono stati poco più della metà di quelli dei prezzi.
Ma non per tutti. Il dato statistico sugli stipendi dei «pubblici» è un po’ come la media di Trilussa. Dentro ci sono categorie che dal 2005 hanno messo a segno aumenti mini, come l’università con l’8% (2,1% dal 2007) e gli enti di ricerca, con il 14,8% (4,1% dal 2007).
Poi il mondo della scuola, che da solo assorbe un terzo dei 3,5 milioni di dipendenti pubblici e ha messo a segno un aumento del 6,8%. Uno stipendi medio del 2007 era di 26.532 lordi, nel 2015 è salito a 28.343 euro. E l’aumento dal 2005 è stato dell’11,8%.
Ma ci sono anche categorie alle quali è andata molto meglio, come ai dipendenti della Presidenza del Consiglio. I lavoratori di Palazzo Chigi e dintorni nel 2007 avevano una retribuzione media lorda di 43 mila e 728 euro, che sono diventati 57 mila e 612 euro nel 2015. Circa il 31%. Addirittura del 45% se si prende come anno di riferimento il 2005. Niente perdita di potere di acquisto nemmeno per i magistrati, che peraltro partono da assegni già alti. Nel 2007 erano in medi 120.161 euro all’anno. Nel 2015, ben 138.481. Un aumento del 15,1% che recupera ampiamente l’inflazione (+28,4% dal 2005). Nella stessa barca i diplomatici, con un aumento del 15,1% (+37% dal 2005): da 50 mila e 936 euro a 93 mila e 183 euro. Sotto la media dell’inflazione invece i corpi di polizia, con aumenti del 12,1% (+18,6% dal 2005). In otto anni, in media, circa 4 mila euro in più (da 35 mila e 153 euro a 39.390 euro).
Niente in confronto ai Prefetti che mettono a segno il miglior aumento (a parte Palazzo Chigi): 19,1% (22,3% dal 2005). Sono 15 mila euro in più: da 79 mila euro a 94 mila euro di stipendio.
Una delle ragioni ella differenza di stipendio tra statali è semplice. Per la gran parte gli aumenti vengono decisi dalla contrattazione. Dal 2011 fino a quest’anno il rinnovo dei contratti del pubblico impiego è stata bloccata per ragioni di risparmio. Altre categorie non sono soggette alla contrattazione e ottengono aumenti grazie ad automatismi previsti dalla legge. È il caso dei magistrati. Per i prefetti vale un sistema misto che gli garantisce i benefici dei dirigenti privati e la sicurezza del pubblico.
Il blocco dei contratti ha fatto aumentare le differenze di retribuzione tra i privilegiati della pubblica amministrazione e la grande massa dei dipendenti pubblici. Ma un merito l’ha avuto. Ha reso gli stipendi pubblici molto più simili a quelli privati. Prima uno statale guadagnava più di un operaio o un impiegato privato. Oggi la differenza è ridotta. In media la retribuzione di un pubblico è di 34 mila euro, quella di un privato intorno ai 32 mila euro.
Restano tutte le altre differenze. Da una parte la carriera blindata dei pubblici, dall’altra la sempre maggiore precarizzazione di chi ha un datore privato. Poi la legislazione sui licenziamenti, che continua a garantire gli statali e tutela sempre meno gli altri dipendenti. Differenze che, con il ritorno della contrattazione pubblica, potrebbero tornare ad aumentare.
IL GIORNALE