La battaglia sulle Generali: il Leone compra il 3% di Intesa

francesco spini
milano

Il primo colpo di cannone della nuova battaglia sulle Generali è stato sparato. Ed è un colpo partito da una fortezza – quella di Trieste – che evidentemente, anche senza conferme ufficiali, si sente sotto assedio, in primis da Intesa Sanpaolo. Al punto che, a Borsa chiusa, con una nota, Generali ha annunciato di avere acquistato «i diritti di voto su 505 milioni di azioni» della banca guidata da Carlo Messina, «pari al 3,01% del capitale sociale», attraverso un’operazione di prestito titoli.

Segno che le indiscrezioni pubblicate da questo giornale di una possibile operazione allo studio da parte di Ca’ de Sass (e che vedrebbe un intervento anche della tedesca Allianz) hanno trovato sostanza tale da allarmare i grandi azionisti in primis Mediobanca (col 13,7%) che, nel pomeriggio, ha dato fuoco alle polveri dopo fitte consultazioni con gli altri principali soci. La mossa di prendere il 3% ha infatti carattere difensivo.

Secondo la norma che regolamenta le partecipazioni reciproche (l’articolo è il 121 del Testo Unico della Finanza) se Intesa non ha battuto sul tempo il Leone – acquisendo ancor prima il 3% delle Generali, cosa che non trova conferma – l’unico modo che avrà per entrare a Trieste sarà quello di lanciare un’offerta pubblica su almeno il 60% del capitale. Insomma, tale operazione mira a fare uscire allo scoperto Ca’ de Sass sulle sue reali intenzioni. In Borsa il titolo è stato comprato come da anni non si vedeva: per qualche minuto non è riuscito a fare prezzo, ha veleggiato a lungo tra il +5 e il +6% per chiudere con un rialzo del 3,94% a 14,25 euro. Il 2,2% del capitale è passato di mano. La Consob sta monitorando la situazione e sta acquisendo informazioni sull’operatività sul titolo.

 

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Nessuno però ha fatto granché per gettare acqua sul fuoco: in mattinata il presidente di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros-Pietro, alle domande dei giornalisti ha risposto con un «no comment». «Non ho niente da dire», ha aggiunto il presidente onorario, Giovanni Bazoli. In serata indiscrezioni su una convocazione per oggi del cda della banca non hanno trovato riscontro.

 

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Il mercato si interroga sugli scenari possibili. Casomai dovesse succedere, diversi osservatori scommettono su un’operazione carta contro carta, un’Ops che farebbe leva sul fatto che la capitalizzazione di Borsa di Intesa è doppia di quella triestina, ed entrambi i soggetti hanno un’ottima dotazione patrimoniale. Un’operazione del genere catapulterebbe Intesa tra i giganti della finanza internazionale ma con i piedi ben piantati in Italia: diverrebbe il campione nazionale del risparmio che, nei piani di Messina, rappresenta uno dei business su cui la banca punta di più per il suo futuro. Allianz potrebbe intervenire acquisendo le filiali estere del Leone meno interessanti per la nuova strategia a cui, a quanto si dice, starebbe lavorando McKinsey. Morgan Stanley («no comment», è la reazione) e Citigroup (da cui smentiscono) vengono da più parti indicate tra i possibili advisor.

 

L’intervento di Intesa poi potrebbe costituire un baluardo, di certo non sgradito al governo, di fronte a una eventuale mossa francese. Lo sguardo è sempre rivolto ad Axa, il «Godot» delle Generali. E in questa chiave, in taluni ambienti finanziari, viene letta la prossima uscita di Alberto Minali, attuale direttore generale e direttore finanziario del gruppo di Trieste. Per domani è stato convocato un cda in cui l’ad Philippe Donnet segnerà il cambio: sarà cancellata la figura del direttore generale, introdotta un anno fa per dare al mercato un senso di continuità dopo l’uscita di Mario Greco e di tranquillità, con un italiano messo al fianco del manager francese. Tutto questo non serve più. Donnet si limiterà a nominare un direttore finanziario (in pole c’è Luigi Lubelli, ma si parla anche di Enrico Matteoli, entrambi interni). E prenderà in mano il timone in solitaria. Qualcuno dice per aprire la strada ai francesi. Di certo per sbarrare quella di Intesa Sanpaolo.

LA STAMPA

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