La voglia dell’Uomo forte: il leader solo al comando piace a otto italiani su dieci
di ILVO DIAMANTI
INTERVISTATO da Le Journal du Dimanche, nei giorni scorsi, Beppe Grillo ha tessuto l’elogio dell’Uomo Forte. Meglio, dello Statista forte. Interpretato, nel nostro tempo, da Donald Trump e Vladimir Putin.
Grillo lo ha chiarito esplicitamente al JDD: “La politica internazionale ha bisogno di statisti forti come loro”. Un giudizio espresso non solo per valutazioni di politica internazionale, ma perché i due “statisti” propongono un comune modello di leadership. L’Uomo Forte, appunto. Beppe Grillo, d’altronde, non parla mai senza pensare al “suo” pubblico. Ai “suoi” elettori. E agli elettori in generale. Non interviene mai senza valutare il momento. E questo è, sicuramente, un momento giusto. Perché l’unico Uomo Forte che abbia agito nel Paese negli ultimi anni, oggi, appare meno forte. Mi riferisco a Matteo Renzi. Potente e un po’ prepotente. Come si è dimostrato fin dagli esordi, nel gennaio 2014. Quando ha rassicurato Enrico Letta con un tweet entrato nel linguaggio comune. “Enrico stai sereno”, twittava allora Matteo – mentre aveva già deciso di scalzarlo. Per sostituirlo, egli stesso, riassumendo, in prima persona, i due ruoli di comando. Nel Pd e nel governo. Renzi: aveva, così, avviato la trasformazione del Pd in PdR. Il Partito di Renzi. E, analogamente, del governo nel GdR. Il Governo (personale) di Renzi. Proprio per questo il M5s, insieme alla Lega di Salvini e a tutti i partiti di opposizione – di Destra, ma anche di Sinistra – ha condotto una campagna decisa per il No al referendum costituzionale. Perché si era trasformato, nei fatti, in un referendum “personale” su Matteo Renzi. Poi, perché il ridimensionamento del Senato avrebbe accentuato ulteriormente ruolo e poteri del Premier. Visto che la nuova legge elettorale, l’Italicum, nell’attuale versione, garantirebbe, alla Camera, una larga maggioranza al partito vincitore (con oltre il 40% dei voti al primo turno oppure al ballottaggio). Rafforzando l’esecutivo e chi lo presiede. Ma oggi, dopo la vittoria del No, il Bicameralismo in Italia resta – e resterà a lungo – paritario. Mentre Renzi si è dimesso, ma non si è certo ritirato. Al contrario. È in attesa. Di ri-presentarsi davvero con un Pd(R) vero.
A Renzi è subentrato Paolo Gentiloni che è tutt’altro. Un leader “impopulista” (così l’ho definito all’indomani dell’incarico). Per stile decisionale e di comunicazione. “Uomo di squadra”, non certo il leader di un “partito – e di un governo – personale”. Così la polemica aperta da Grillo assume un significato più chiaro. Perché i riferimenti evocati – Trump e Putin – condividono non solo un comune modello di leadership. Ma un comune bersaglio. L’Unione Europea. Che oggi appare stretta tra due fronti. Fra la Russia di Putin e l’America di Trump. Eugenio Scalfari, d’altronde, nell’editoriale di domenica, ha indicato in Trump, ma anche in Renzi, due figure esemplari, per quanto con un “diverso raggio d’azione”, di un’epoca nella quale “l’Io la fa da padrone”.
Per averne conferma è sufficiente osservare gli orientamenti dell’Opinione Pubblica. Italiana. Che appare attratta, a sua volta, dalla prospettiva di un Uomo Forte. Come mostrano i sondaggi condotti da Demos. Dai quali emerge come, fra i cittadini, questa idea risulti non solo maggioritaria, ma in costante crescita. E oggi dominante. L’affermazione: “C’è troppa confusione, ci vorrebbe un Uomo Forte a guidare il Paese”, infatti, nel 2004 era vicina – ma ancora sotto – alla maggioranza degli elettori. Nel 2006, però, era condivisa dal 55% degli elettori e nel 2010 quasi dal 60%. Ma oggi (meglio, pochi mesi fa, nel novembre 2016) l’attrazione verso l’Uomo Forte sfiora l’80%. Pare divenuta, dunque, un’idea dominante. Sulla quale conviene interrogarsi seriamente. Riflette, certamente, il declino dei partiti e delle organizzazioni di rappresentanza sociale e degli interessi. Ma anche il processo di “personalizzazione”, che si è imposto in ogni ambito della vita pubblica. Non solo in politica. Così il rapporto dei cittadini con i poteri e i potenti è divenuto sempre più “diretto”. Anzi, “immediato”. Senza mediazioni. E sempre più “verticale”. Perché la possibilità dei cittadini di re-agire con i leader, anche al tempo del digitale, non si può paragonare alla tendenza inversa. Che vede i leader comunicare “direttamente” con i (meglio: “ai”) cittadini. TV e Social media vengono, ormai utilizzati senza soluzione di continuità dai leader, come Renzi. Che twitta mentre parla e sta in TV. Ma, a confronto di Trump, anche Renzi è un dilettante. Perché Trump, più che parlare, cinguetta.
L’Uomo Forte, comunque, oggi appare un modello per tutti. Soprattutto fra i più giovani. I più disillusi, d’altronde, dalla politica e dai partiti. Se osserviamo gli elettorati di partito, inoltre, solo fra gli elettori di Sel e degli altri soggetti di Sinistra l’adesione a questa prospettiva non è maggioritaria. Anche se di poco. Presso la base degli altri partiti, invece, il consenso appare larghissimo. In alcuni casi, come FI (l’archetipo del “partito personale”), pressoché totale. Fra gli elettori della Lega e dei Fd’I: prossimo al 90%. Mentre nei due principali “avversari” politici, di questa fase, Pd e M5s, coinvolge oltre i tre quarti della base. Inutile rammentare, d’altronde, che l’elettorato del M5s è il più trasversale. Sotto il profilo politico e sociale.
Così, il richiamo all’Uomo Forte, espresso da Grillo va incontro a un orientamento condiviso e, al contempo, contraddetto. Dagli stessi elettori. Che si sentono “orfani” di un Capo. E, di quando in quando, lo cercano e lo votano. Ma poi tendono ad allontanarsi da esso.
Per questo, è difficile credere alla possibilità di alleanze del M5s con altri partiti, anche nel caso venisse approvata una legge di tipo proporzionale. Certo, il positivo giudizio su Trump (e Putin) ha suggerito la possibilità di un accordo con la Lega di Salvini. Un’alleanza nel segno del Trumpismo – all’italiana. Eppure gli elettori del M5s sono troppo trasversali. E, dunque, troppo diversi dalla base degli altri partiti. Tutti. Ma, soprattutto, da soggetti politici molto caratterizzati. Come la Lega. Il M5s, oggi, contende al Pd il primato nelle intenzioni di voto. Ma è condannato a star da solo. Contro tutti. Un non-partito come potrebbe allearsi con altri partiti?
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