Roma, Raggi indagata per abuso e falso
Nella giornata del bavaglio messo da Beppe Grillo ai suoi parlamentari con un duro messaggio sul blog, arriva dal Campidoglio una nuova grana a sconquassare gli animi già agitati dei cinque stelle: la sindaca Virginia Raggi ha ricevuto un avviso di garanzia dalla Procura di Roma. Le viene contestato il reato di falso nella vicenda delle nomine dei dirigenti capitolini, in un’indagine che coinvolge anche Raffaele Marra, il suo ex-braccio destro. Lei si dice «molto serena». «Ho completa fiducia nella magistratura, come sempre – scrive su Facebook. – Siamo pronti a dare ogni chiarimento». E sui social network, in sua difesa, interviene anche l’ex premier Matteo Renzi, invitando «tutto il Pd a rispettare la presunzione di innocenza e non rincorrere le polemiche. Non cerchiamo scorciatoie giudiziarie, non cediamo all’odio per l’avversario, non attacchiamo Virginia Raggi oggi».
Meno sereni, invece, i deputati pentastellati. Il silenzio ordinato dal capo non è stato gradito e così la vicenda Raggi diventa un buon motivo per sfogarsi con i giornalisti, a patto di mantenere l’anonimato. «Le intercettazioni uscite finora dalla chat dei “quattro amici al bar” (composta da Raggi, Marra, il vicesindaco Daniele Frongia e il fedelissimo Salvatore Romeo, ndr) non fanno dormire sonni tranquilli», dice un deputato commentando il post della Raggi.
«Spero che Virginia non continui a tenere in piedi la storia che Marra è solo uno dei 23mila dipendenti del Comune. Lui è il peccato originale. Da lì nascono tutti gli errori successivi». E se la situazione giudiziaria della sindaca si dovesse aggravare, c’è chi vede come soluzione naturale quella di toglierle il simbolo, ma senza auto-sospensione. Mediaticamente esporrebbe meno alle critiche. Solo un’ipotesi, certo, e di cui si dovrà ancora discutere, aspettando comunque l’evoluzione dell’inchiesta che coinvolge la sindaca. Il nuovo regolamento pentastellato prevede infatti che sia l’eventuale condanna in primo grado a comportare sanzioni ma, senza dover aspettare la sentenza, anche un possibile danno di immagine al Movimento potrebbe risultare decisivo.
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Raggi sembra sempre più lontana dai cuori dei parlamentari pentastellati. In pochi la difendono. Si augurano soltanto «di venirne fuori al più presto», come Stefano Vignaroli. In sua difesa interviene però un deputato di spicco come Alessandro Di Battista: «Il Comune non è facile, quello che noi chiediamo dall’inizio è del tempo. Ha sbagliato probabilmente a mettere una firma, vediamo che succederà, ma è pure vero che questa nomina è stata revocata».
Tutti, però, chi più chi meno, eludono l’obbligo di silenzio lanciato da Grillo. «Dell’avviso di garanzia? Ne possiamo parlare, ma come quattro amici al bar», dice un deputato serio ai giornalisti che lo circondano, per poi correggersi un attimo dopo: «Scusate, è stato un lapsus, non ci avevo pensato alla chat di Marra». Il suggerimento per salvare la situazione arriva dal collega che lo accompagna: «Meglio “off the record”, come direbbe Trump».
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