La vergogna di «Charlie» e il dovere della pietà

Caro Aldo, se i vignettisti di Charlie Hebdo avessero un figlio sotto la valanga, non penso si divertirebbero. Chi è veramente libero non insulta, facendosi beffe del dolore altrui. La morte si rispetta, sempre. Non deve diventare spunto di satira oltraggiosa in nome di una libertà che viene difesa ad ogni costo, e che è solo materiale rivoltante. Mi auguro che quel giornalaccio chiuda.
Almorina Festa, Padova

Tutto il mio disgusto per la squallida vignetta di Charlie Hebdo che per la seconda volta sghignazza sulle disgrazie dell’Italia. È inaccettabile! La satira non può essere cinica e distruttiva, oltretutto non facendo neppure ridere. Dobbiamo augurarci che qualche abruzzese vada a sparare ai vignettisti come hanno fatto gli islamici?
Cristiano Urbani, Torino

Cara Almorina, caro Cristiano, la satira non soltanto può; deve essere cinica e distruttiva. Ma con i forti, i potenti. Non con le vittime innocenti, i morti indifesi. Con loro anche la satira ha il dovere della pietà. Infierire non significa essere scomodi, ma indegni. Ricordo vignette piene di commozione, tracciate da Forattini in morte dei politici che aveva giustamente irriso in vita. Il nostro Giannelli, amatissimo dai lettori, non farebbe mai una cosa del genere. È vero che Charlie Hebdo ha radici e pubblico diversi. Ma quelle vignette hanno ferito moltissimi italiani.

Ho ricevuto diverse lettere al riguardo. Vito Codacci Pisanelli mi ha scritto che chi si sente offeso non dovrebbe comprare prodotti francesi. Anche ragazzi giovani, a volte un po’ disattenti alla vita pubblica, hanno espresso la loro indignazione. Che è sempre un sentimento sano: la conferma che noi italiani siamo più legati all’Italia di quel che pensiamo di essere. Ci piace parlarne male, ma se gli stranieri le mancano di rispetto, reagiamo.

Posso esprimere però un dubbio? Quando ci fu l’orrendo attacco dei terroristi islamici contro i disegnatori di Charlie, un po’ tutti abbiamo difeso la loro libertà; e in molti ci siamo rimasti male, quando il Papa è parso comprendere le ragioni di chi «tira un pugno a chi gli ha offeso la mamma», in questo caso Maometto e l’Islam. Verità incontrovertibili qui non esistono, se non una: caro Cristiano, a nessun abruzzese verrebbe in mente di fare quello che lei provocatoriamente scrive, e che gli integralisti armati hanno fatto.

Le lettere firmate con nome, cognome e città e le foto vanno inviate a:
«Lo dico al Corriere», Corriere della Sera, via Solferino, 28, 20121 Milano
Fax: 02-62827579
Mail: lettere@corriere.it; letterealdocazzullo@corriere.it
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