Trump dà il via libera agli oleodotti che Obama aveva bloccato
dalla nostra inviata ANNA LOMBARDI
NEW YORK – Nella riserva Sioux di Standing Rock rullano già i tamburi. Corvo Rosso-Donald Trump scende sul sentiero di guerra: firmando, poche ore fa, l’ordine esecutivo che sblocca i progetti di due grandi oleodotti. Uno è appunto il Dakota Access, quello che sventrerà la riserva di Standing rock attraversando appunto le terre sacre dei Sioux, col rischio fra l’altro di contaminarne le acque potabili. Un progetto da 3,8 miliardi di dollari della Energy Transfer Partners, che dopo mesi di proteste dei nativi, con centinaia di attivisti schierarsi sulle gelide nevi come scudi umani, a dicembre era stato fermato dal governo federale. Ora i lavori potrebbero riprendere molto in fretta. Come d’altronde le proteste, che in queste ore si stanno intanto già scatenando sui social.
L’ordine esecutivo firmato stamattina a Washington riguarda però anche un altro importante oleodotto. Il famigerato Keysonte Xl, il serpentone progettato dal consorzio Transcanada per trasportare 800 mila barili di petrolio al giorno appunto dal Canada alle raffinerie di Texas e Louisiana, attraversando l’America. Il progetto, di cui una parte è già stata realizzata, scatena polemiche da anni. L’amministrazione Obama l’aveva infine accantonato ritenendo che l’impatto ambientale era troppo grave rispetto agli scarsi benefici. L’oleodotto, aveva concluso Obama, non avrebbe infatti fornito un numero sufficientemente alto di posti di lavoro da giustificare l’impresa faraonica. E col prezzo di petrolio sempre più basso, gli alti costi dell’estrazione dalle sabbie bituminose del Canada era sembrato all’allora presidente un affare ben poco competitivo.
Anche perché quel tipo di estrazione provoca l’emissione di gas particolarmente inquinanti, che all’epoca (era il 2015) avevano spinto John Kerry ad affermare: “Portarlo avanti minerebbe la nostra credibilità come guida nella lotta al cambiamento climatico”. Un argomento, com’è noto, che a Donald Trump non interessa affatto visco che al surriscaldamento globale ha già detto più volte di non credere e ha d’altronde voluto Rex Tillerson, già numero uno di Exxon Mobile, come suo Segretario di stato.
“Gli ambientalisti sono ormai fuori controllo”, ha anzi detto oggi il Presidente Usa, durante l’incontro con gli amministratori delegati di Fca, Ford e General Motors cui ha partecipato anche il nostro Sergio Marchionne. Per il Presidente la costruzione di questi e di altri oleodotti (“ne costruiremo di nuovi”, ha detto), servirà a creare nuovi posti di lavoro. “Li costruiremo con acciaio americano”, ha infatti affermato Trump mostrando l’ordine esecutivo firmato ai fotografi.
Le reazioni non si sono fatte attendere. Esulta Jack Gerard, presidente dell’American Petroleum Institute: “Siamo felici di constatare che il nuovo corso dell’amministrazione riconosce l’importanza delle infrastrutture energetiche e torna ad imporre la legge permettendo di terminare i lavori già iniziati”. Gli ambientalisti, però, promettono battaglia. Annie Leonard, direttore di Greenpeace lo ha detto subito: “Nativi, agricoltori, attivisti: abbiamo bloccato questi progetti in passato e non ci arrenderemo certo ora”. La guerra è dichiarata.
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