“Scrutatori” e “armonizzatori”. Così la sentenza crea il grande derby delle urne
Adesso comincia la rissa. Il guaio è che le sentenze della Corte costituzionale, quando c’è di mezzo la politica, non sono draconiane.
Non risolvono fino in fondo il problema, ma scodellano la palla. È come se un arbitro con i baffi a manubrio e la giacchetta di ermellino si ritrovasse a fischiare in un campo di fango e dicesse: sarebbe rigore, ma decidete voi se è il caso di tirarlo oppure no. Il risultato è che tutti si accapigliano. C’è chi dice facciamolo subito e chi sostiene sia meglio aspettare, perché ancora non si sa bene con quali regole si calcia questo benedetto rigore: a che distanza, di spalle, da fermi, di corsa, quanto deve essere larga la porta. Alla fine si formano due squadre, per nulla omogenee, perché c’è gente con la stessa maglia che se le dà di santa ragione, mentre avversari storici si ritrovano a urlare le stesse bestemmie. Insomma, una babele.
A questo punto bisogna capire quali sono le due squadre e riverniciare, almeno per il momento, le maglie. Non sono infatti i vecchi schieramenti tradizionali. Destra e sinistra sono andate in pensione da tempo. Il centro sta sempre al centro ma è sempre più piccolo e inutile. Non è neppure l’ultima suddivisione, quella referendaria sulla Costituzione. Non c’è più il fronte del Sì e quello del No. Si rimischia e si fa la conta. Ecco. Ora da una parte ci sono quelli che possiamo chiamare gli «armonizzatori» e dall’altra gli «scrutatori». Gli armonizzatori da giorni ripetono come un mantra che bisogna armonizzare. Cosa? Le due legge elettorali. Quella del Senato sopravvissuta al fallimento della riforma renziana e quella della Camera che, dopo la sentenza della Consulta, è un moncherino di Italicum. Sono, in effetti, due leggi abbastanza strabiche. Il rischio è che se si va a votare escano fuori maggioranze che si mandano a quel paese una con l’altra. Risultato, non si governa. Non è però l’unica preoccupazione.
Gli armonizzatori sussurrano che votare adesso non faccia neppure bene al Paese, perché il normalizzatore Gentiloni sta guidando meglio di altri e non è poi così una buona cosa dover scegliere a primavera tra Grillo e Renzi. Meglio, tra miseria e nobiltà, desistere. Il partito degli armonizzatori come capo ha il capo dello Stato, cioè Mattarella. In teoria dovrebbe essere il capo degli arbitri ma, dopo la rivoluzione restauratrice di Napolitano, questo davvero non è più un problema. Con lui ci sono i centristi, gli ex montiani, Forza Italia, bersaniani, dalemiani, pisapiani sparsi e tutto il Pd anti renziano. E Gentiloni? Be’, Gentiloni sarebbe uomo di Renzi e in questo è leale, ma è anche molto amico di Mattarella e comunque in questo momento siede operoso a Palazzo Chigi: di certo non sarà lui ad affrettarsi a tirare per primo il rigore.
Gli scrutatori sono quelli che vogliono votare domani e ogni giorno che passa è un attentato alla democrazia. Le leggi elettorali ci sono e chi se ne frega se sono poco armonizzate. L’Italia – sostengono – è nella melma e si vota con quello che c’è. Il loro simbolo è Matteo Renzi, rabbioso di vendette, ma per questa battaglia si ritrova al fianco di tutti quelli che lo detestano: Grillo, Salvini, Meloni, Toti. Non hanno mai avuto nulla in comune, ma rivendicano la febbre del voto. Il loro timore è morire gentiloniani. In mezzo c’è la palude di tutti quelli che tirano a campare, il parlamentare di ogni risma e razza che con un occhio guarda il vitalizio e con l’altro si chiede se verrà ricandidato.
Tutto lo spettro che va da «scrutatori» ad «armonizzatori» è palese nei commenti post sentenza. Eccoli. Salvini: «Elezioni subito, il 23 aprile». Meloni: «Ora al voto, non ci sono più scuse». Grillo: «Obiettivo 40 per cento e al governo con legalicum». Renzi: «Rifaccio la segreteria e poi si vota» (con in lista quelli che dico io, ndr). Guerini, vice di Renzi: «Il Pd non ha paura del voto» (e se lo dice un po’ ha paura). Speranza ed Emiliano: «Il Parlamento deve intervenire» (senza fretta). Centristi: non pervenuti (ma fanno gli scongiuri). Brunetta: «Legge elettorale? Serve un passaggio parlamentare molto approfondito». Mattarella: prende atto e mantiene il riserbo (ma quando tra un mese usciranno le motivazioni della sentenza farà un monito al Parlamento: armonizzare).
La politica è tutta una questione di tempo. L’unica cosa certa è che l’Italicum non era costituzionale. A voi la palla.
IL GIORNALE