Renzi sogna il Mattarellum e liquida la segreteria via sms
Euforia e preoccupazione: gli umori del Nazareno ondeggiano tra questi due sentimenti, nel giorno dell’attesissima pronuncia della Corte Costituzionale sull’Italicum.
Euforia, perché finalmente si è sgombrato il campo dall’ipoteca che immobilizzava il quadro politico e lo lasciava appeso nel vuoto, senza regole elettorali praticabili. Preoccupazione, perché Matteo Renzi è il primo a sapere che la strada verso il voto a giugno è ancora in salita. «Basta melina, il Pd è per il Mattarellum, i partiti dicano subito se vogliono il confronto. Altrimenti la strada è il voto con le leggi esistenti», sono i messaggi che il leader lascia filtrare oltre il silenzio ufficiale. Sull’Italicum lui ancora non si pronuncia, riservandosi le esternazioni per sabato, quando romperà il silenzio che dura dall’Assemblea nazionale Pd subito dopo il referendum del 4 dicembre. Lo farà da Rimini, dove nel fine settimana riunisce gli amministratori locali del Pd, e dove insieme a lui interverranno ministri chiave del governo Gentiloni (da Marco Minniti a Graziano Delrio): un appuntamento che per Renzi deve costituire in qualche modo l’avvio di una lunga campagna elettorale da chiudere con le urne a giugno.
Nel Nazareno circola anche l’ipotesi (perfida) che a Bersani venga chiesto il «sacrificio» di candidarsi sindaco a Piacenza. Intanto, ieri l’ex premier ha annunciato (ringraziando via sms gli uscenti) che la segreteria Pd è azzerata e «nei prossimi giorni» verrà annunciata la nuova compagine, con alcune new entry come Tommaso Nannicini (destinato a lavorare al programma elettorale) e l’emiliano Andrea Rossi.
Ed è tornato a parlare via social, annunciando l’apertura di un nuovo blog, come a tirare una linea con la comunicazione precedente gestita per quasi tre anni da Palazzo Chigi, inaugurato ieri con un post dal titolo Il futuro prima o poi ritorna. Un ragionamento che tiene insieme l’autocritica per il passato ma anche la sfida per il futuro, e che comincia a mettere giù alcuni slogan già da campagna elettorale, come quelli piuttosto polemici e aggressivi verso la Ue. «La sconfitta al referendum ci ha fatto male, vorrei vedere il contrario», scrive Renzi. «Ma anche quella sconfitta appartiene al passato. E ci sono milioni di italiani che hanno votato Sì e che vogliono vedere tornare il futuro». È quella la base da cui Renzi vuole ripartire: gli oltre 13 milioni di voti a favore della sua riforma costituzionale, una platea che va oltre la base storica Pd e torna a quel 40% che lo incoronò primo partito alle Europee e che per il futuro diventa esiziale: è la soglia oltre la quale una lista si aggiudicherà il premio di maggioranza dell’Italicum, che in realtà esce pressoché intatto (salvo il ballottaggio e il criterio di assegnazione delle pluricandidature) dai colpi di maglio della Consulta. Poi il leader Pd lancia l’affondo contro i «burocrati» dell’Unione europea (in sintonia, se non di toni almeno di contenuti, con il premier Gentiloni, che ieri ha fatto sapere in Parlamento di aver avvertito la Ue che saranno necessarie ulteriori risorse per far fronte al post-terremoto). «A cosa serve l’idea dell’Europa nata a Ventotene? A inviare letterine ridicole per chiedere assurde correzioni sul deficit, come quelle che ci hanno inviato senza risultati per tre anni? Davanti a 45mila scosse di terremoto e all’inadempienza dell’Unione Europea sugli immigrati, come rispondiamo non alle regole che rispettiamo ma alle miopi interpretazioni delle regole fatte da qualche euro burocrate?».
La campagna elettorale sta iniziando. Resta da vedere come ci si arriva. Mezzo Pd frena e dice che è meglio pensarci bene prima di andare a votare. Ma «la Consulta dice un renziano doc gli ha consegnato un coltello dalla parte del manico, lasciando intatto sia il premio, che archivia le tentazioni di scissione, che i capilista bloccati: un’arma fondamentale per costringere le correnti a trattare con lui, se vogliono riportare qualcuno in Parlamento».
IL GIORNALE