Trump chiude le porte ai rifugiati Giudice blocca il rimpatrio forzato

(Ap)

WASHINGTON – È il secondo muro di Trump. Dopo quello al confine con il Messico è scattata la disposizione per tenere lontani dagli Usa potenziali terroristi islamici. Decisione che ha provocato dimostrazioni e azioni legali, compreso l’intervento di un magistrato in favore dei passeggeri intrappolati negli aeroporti dall’ordine esecutivo del presidente. La Casa Bianca ha varato una serie di misure restrittive, con effetto immediato. Eccole. Blocco di 120 giorni per l’accettazione di rifugiati. Stop indefinito all’arrivo di profughi siriani. Sospensione di 90 giorni all’arrivo di cittadini da Iran, Iraq, Sudan, Libia, Siria, Somalia, Yemen. Gli Usa accetteranno quest’anno solo 50 mila profughi, la metà rispetto al 2016. Particolare importante: le sanzioni non riguardano i cristiani, ma solo i musulmani, con test negli aeroporti.

Caos negli aeroporti e avvocati in soccorso delle persone bloccate

Il pacchetto è scattato a livello globale, con viaggiatori stoppati all’imbarco in diverse città, altri al loro arrivo in America. A seguire caos e proteste. Dimostranti si sono radunati, anche in modo spontaneo, negli scali di New York, San Francisco, Chicago. Avvocati sono accorsi per assistere le persone bloccate, alcune rimaste in un limbo. Erano in stato di fermo, in attesa che la polizia decidesse se potevano entrare nel territorio americano. Confusione provocata anche dalle disposizioni non troppo chiare.

Le sale di attesa si sono così trasformate in uffici volanti, con i legali armati di computer pronti a inviare i ricorsi necessari per sbloccare certi casi. Movimenti per i diritti civili hanno denunciato i provvedimenti come incostituzionali. Una mobilitazione intensa che attorno alle 21 (ora locale) ha dato risultati. Il giudice federale di Brooklyn, Ann Donnelly, accogliendo l’appello, ha ordinato che chiunque fosse arrivato in un aeroporto statunitense non poteva essere deportato. Un gesto non da poco che riguarda 100-200 persone, ma che ovviamente non chiude la partita in quanto quella del magistrato è solo una sospensione temporanea. C’è la prospettiva di una lunga battaglia.

La protesta dei tassisti

Clamorosa la decisione di gruppi di tassisti di New York, molti dei quali sono musulmani. Sono scesi in sciopero non caricando nessuno davanti al Terminal 4. Un gesto di solidarietà verso tanti passeggeri in difficoltà e di contestazione contro i divieti. Alcuni viaggiatori che erano già su un volo Il Cairo-New York non sono potuti partire. Altri hanno avuto problemi in voli in partenza da Germania, Olanda e Canada. Un setaccio dove sono finiti bambini, famiglie, studenti, traduttori iracheni che avevano aiutato le truppe americane, detentori di carta verde e viaggiatori con la doppia nazionalità (europea e di un Paese arabo). Persone comuni e una figura famosa come il regista iraniano Asghar Farhadi, che non potrà andare alla cerimonia degli Awards. Furibonde le polemiche. Francia e Germania hanno già espresso «preoccupazione» e l’intenzione di fare «fronte comune» contro i provvedimenti. Il premier canadese Trudeau ha aperto le porte del suo paese. Il capo del governo britannico, Theresa May, dopo un silenzio durato ore e che le ha attirato critiche ha affermato: non siamo d’accordo con la decisione degli Usa. Ancora più energica la reazione dell’Iran che ha definito la mossa un insulto e vieterà l’ingresso agli americani. Justin Trudeau, primo ministro canadese, si è invece rivolto direttamente ai rifugiati: «In Canada sarete benvenuti».

Il timore di attentati

Il piano è legato al timore di attentati. Il problema: è un nemico con molte sfumature. Dunque serve un filtro, ma non è la soluzione magica. 1) L’Isis ha sfruttato l’esodo dei civili per mandare i suoi seguaci all’estero. Gli Usa devono contrastare i «nomadi della Jihad». 2) Alcuni dei criminali responsabili di stragi in Europa sono giunti da fuori, ma non pochi erano cittadini europei. 3) La maggioranza degli attacchi avvenuti negli Usa dopo l’11 settembre sono stati compiuti da americani (d’origine straniera) o comunque da persone che vivevano nel Paese. Poche le eccezioni.

I Paesi «dimenticati»

Molti hanno evidenziato come siano rimasti fuori Stati dove gli islamisti hanno peso: Arabia Saudita, Pakistan, Afghanistan, solo per citarne alcuni. O la Tunisia, con il più alto contingente di mujaheddin in lotta per il Califfo. Ma anche chi arriva dalla Russia e dalle ex repubbliche dell’Urss. C’è chi ha insinuato che il presidente-imprenditore abbia dimenticato quei Paesi dove le sue imprese hanno interessi commerciali. Ma non sarebbe una sorpresa se la Casa Bianca allargherà la rete. Lo stesso Trump ha evocato la possibilità di un cambio di regole anche per gli europei. L’Isis, intanto, osserva. Userà lo scontro come elemento di propaganda e farà di tutto per colpire.

CORRIERE.IT

 

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