Sovrani, ma senza fretta
La questione del «quando e come» andare a votare sta prendendo una brutta piega. La discussione è a un bivio pericoloso: si può prendere la strada maestra che porta a decidere modi e tempi per fare una legge elettorale che stia in piedi e sia utile a fare uscire oggi e per sempre, o almeno il più a lungo possibile, la politica italiana dalla palude, oppure si imbocca il sentiero pericoloso del pateracchio utile a qualcuno e non al Paese.
Il «qualcuno» più importante è certamente Matteo Renzi, per il quale il «quando» è addirittura decisivo per il proseguimento della sua carriera. Noi insomma dovremmo andare a votare al più presto e con una legge decisa da magistrati (che secondo le simulazioni fatte in questi giorni non permetterebbe il formarsi di nessuna maggioranza) per salvare Matteo Renzi dagli agguati dei suoi e dall’ira dei cittadini che tra non molto saranno chiamati a pagare di tasca loro, con tasse e accise, le cambiali firmate dall’ex premier.
Gli interessi di Renzi non sono mai coincisi con quelli degli italiani fin dai tempi dell’«Enrico stai sereno». Le guerre interne al Pd in questi anni hanno creato disastri non tanto al partito ma al Paese, rimasto al palo della crescita e di recente umiliato da una strage dovuta alla mancanza di uno spazzaneve e di corrente elettrica per giorni in più regioni. Direi che a Renzi abbiamo già dato: la sua ansia di «votare subito» a prescindere dal «come» è solo interesse privato in fatto pubblico, come lo è stato il referendum, come lo sono state quelle riforme, compresa quella elettorale, bocciate o smembrate dagli organi di controllo.
Dopo oltre cinque anni di democrazia sospesa e quattro governi non eletti, non sarà un mese in più o in meno ad aggravare la situazione. Oggi a Roma una larga fetta del centrodestra scende in piazza al motto di «ripigliamoci la sovranità». Giusto, siamo al loro fianco. Ma occhio a non fare il gioco di Renzi, o peggio di Grillo. Per esercitare la sovranità bisogna conquistare il castello, e per farlo ci vuole un esercito di elettori e un condottiero affidabile. Che Dio ci scampi da armate Brancaleone.
IL GIORNALE