Massacrati dalle telefonate dei call center? Ora l’Ue pensa a un prefisso unico per limitarle

marco menduni
genova

InItalia ci sono 115 milioni di linee telefoniche, tra fisse e mobili. Solo un milione e mezzo è protetta (ma nemmeno con la totale garanzia dell’inviolabilità) dalle telefonate del telemarketing aggressivo. Lo sbarramento esiste, si chiama Registro delle opposizioni, copre poco più dell’un per cento delle utenze (nessuna di quelle dei cellulari) e nemmeno tutti gli operatori di telemarketing sono così corretti da rispettarlo.

 Così ogni giorno sui cittadini si riversa una tempesta di offerte apparentemente mirabolanti: sul gas, sulla luce, sui telefoni, sulle assicurazioni auto. Operatori incalzanti fanno il loro mestiere: tentare di convincere, ad ogni costo. A volte ci riescono: le difese psicologiche, spesso nei più anziani, sono facili da travolgere.

Ormai le telefonate giungono dalle numerazioni più innocue: prefissi italiani (anche se le agenzie di telemarketing sono all’estero), i più ricorrenti quelli di Milano e di Roma.

 

Un solo prefisso

Non è solo un problema del nostro Paese. L’Europa delle istituzioni spesso bizantine stavolta ha partorito un’idea semplice semplice. Un solo prefisso speciale, e solo quello, può essere utilizzato dai teleoperatori. È una proposta che sta nella bozza di regolamento sulla riservatezza che la Commissione europea ha presentato nelle settimane scorse. Attenta ai conti degli Stati, la Commissione ipotizza che si possa anche pagare una tassa per ottenere queste numerazioni.

È la più semplice delle soluzioni. Sarà adottata in Italia? Nessuno ci crede. Non solo perché la legislazione è tra le più tolleranti nel continente, ma anche perché hanno fatto flop fino a oggi i tentativi di arginare il fenomeno. Il motivo? Anche se nessuno lo dice mai esplicitamente, interventi troppo radicali potrebbero mettere in ginocchio un comparto che impiega 40 mila lavoratori.

 

La legge nel cassetto

Ma qual è lo stato dell’arte in Italia? Il traguardo più rapido pareva essere la proposta della senatrice dei Conservatori e Riformisti Anna Bonfrisco insieme con il disegno di legge concorrenza predisposto dal governo Renzi. Poi però è tornato nel mondo dei sogni dopo il No al referendum e le dimissioni dell’ex premier. Gentiloni sembra intenzionato a rispolverarlo in tempi brevi. La proposta prevede l’apertura del registro delle opposizioni anche a tutti i numeri dei telefoni cellulari. Sarebbe il primo passo.

 

Tabula rasa

C’è però un’altra iniziativa, più completa, in cammino. Nuove (eventuali) elezioni permettendo dovrebbe approdare in Parlamento a marzo. Alla Camera se ne occupa il senatore eletto in Liguria Stefano Quaranta (Si-Sel), che racconta: «Dal 31 dicembre 2015, quando è stato istituito, il registro delle pubbliche opposizioni ha ricevuto oltre ventimila segnalazioni di cittadini che lamentavano la violazione della privacy. Nemmeno le multe sono servite per mettere freno alle telefonate indesiderate».

 

Qual è il futuro prefigurato? Non solo la possibilità per tutti, anche per i numeri dei telefonini, di iscriversi al registro delle opposizioni. Ma anche di poter riparare a quella che, nella maggior parte dei casi, appare una «disattenzione» degli utenti. In moltissimi casi, il consenso a utilizzare il numero privato è stato concesso, ma inavvertitamente. Magari ritirando la card gratuita di un grande magazzino, firmando un contratto d’acquisto o un finanziamento, magari dando l’ok per l’uso gratuito del wi-fi di un albergo. Certo: l’avvertenza che il proprio numero sarebbe stato ceduto anche alle società di promozione era scritto in caratteri minuscoli, oppure con formule non chiarissime. Ma una volta apposta la firma, è quasi impossibile tornare indietro. La proposta di legge prevede un azzeramento totale del sistema. Una soluzione caldeggiata dal garante della privacy. Tabula rasa. Però, poi, attenzione.

LA STAMPA

 

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