Sedici Stati Usa contro Trump: “Il bando degli islamici è incostituzionale”
La protesta contro Donald Trump assedia la Casa Bianca. E trova il supporto dei procuratori generali (l’equivalente dei ministri della Giustizia) di quindici Stati americani più il distretto di Columbia che hanno condannato l’ordine esecutivo sul bando ai musulmani.
Lo definiscono “non americano e illegale”, si dicono fiduciosi che verrà bocciato nei tribunali e affermano che “useranno tutti gli strumenti dei nostri uffici per contrastare questo ordine incostituzionale”. Fino a quando non sarà annullato dai tribunali, “lavoreremo per assicurare che il minor numero possibile di persone soffra per la situazione caotica che ha creato”. “La libertà religiosa – affermano ancora i sedici procuratori – è sempre stata e sempre sarà un principio basilare del nostro Paese e nessun presidente può cambiare questa verità”.
La giustizia americana interviene, ma l’amministrazione Trump non dà segnali di voler cambiare in modo sostanziale la linea. Tutto quel che fa è precisare che la regola non si applica ai possessori del permesso di soggiorno. Una mossa giudicata dalla stampa parziale e poco efficace, e che non ha certo stemperato gli animi nell’opinione pubblica americana e soprattutto tra quanti stanno dando vita a proteste in tutto il paese. Se infatti il capo di gabinetto della Casa Bianca, Reince Priebus, fa sapere in un comunicato che la green card garantirà il rientro, precisa immediatamente dopo che alle autorità di frontiera continuerà ad essere garantita di fatto una totale autonomia nel tenere in stato di fermo e nel sottoporre ad interrogatorio i soggetti considerati sospetti. Da parte sua Trump in persona fa sapere che l’America “ha bisogno di confini robusti e severamente controllati”. E invita, con un paragone non certo destinato ad alleviare i rapporti con chi lo aveva criticato in questi giorni, ad andare a vedere “quello che accade in tutta Europa e nel mondo, una orrenda confusione”.
Contro il bando si sono scatenati i democratici. Tra coloro che guidano la battaglia c’è invece il sindaco di New York, l’italoamericano democratico Bill De Blasio, “americano e nipote di immigrati”. Anche molti esponenti repubblicani non hanno nascosto profonde perplessità. Ma la maggioranza tace, e con essa i big del partito a cominciare da Ted Cruz e Marc Rubio. Intanto nel Paese la protesta, sobillata dagli attivisti che nei giorni scorsi avevano gonfiato le schiere della “Marcia delle Donne”, esplode. Ieri sono stati presi d’assalto i principali aeroporti statunitensi. Oggi migliaia di persone si sono riversate davanti alla Casa Bianca. “Vietate Trump” e “Benvenuti ai rifugiati” recitano i cartelli.
IL GIORNALE