La chemio dopo l’Aspirina
E adesso tutti a dargli addosso. Addosso a Trump «il razzista», quello che chiude le frontiere degli Stati Uniti a immigrati provenienti dai Paesi canaglia ad alto rischio terrorismo.
È vero, la decisione fa un certo effetto. Ma la domanda da porsi è questa: siamo perplessi nel merito o più semplicemente da tanto, troppo tempo, siamo disabituati al fatto che qualcuno imponga regole anche dure a difesa della sicurezza e dell’equilibrio sociale?
Tutte le ricerche, i sondaggi e le analisi dicono in maniera univoca che la necessità di un freno all’immigrazione, di una selezione dei flussi, è condivisa dalla stragrande maggioranza dei cittadini, indipendentemente dal loro orientamento politico. A essere contraria è solo un’élite economica e intellettuale, soprattutto di sinistra, che peraltro vive in un ambiente immune dalle conseguenze della contaminazione.
Non essendo quindi il problema prevalente il «merito», resta la disabitudine alle ricette forti per combattere mali gravi. È come se in questi anni ci fossimo abituati all’idea che il cancro lo si deve combattere con l’Aspirina perché la chemio è troppo invasiva e dolorosa. Abbiamo pensato, in Europa, che l’immigrazione si potesse governare con accordi verbali nei vertici a Bruxelles, con quote teoriche di distribuzione rimaste inapplicate, con centri di accoglienza farlocchi e identificazioni approssimative, rifiutandoci di chiamare «islamico» un terrorismo fatto di soli islamici.
Il trumpismo, in fondo, è questo: usare la chemio invece dell’Aspirina, in tutti i campi. Prendete l’economia: è immaginabile risolvere la crisi con la mancia degli ottanta euro o con la diminuzione dello zero virgola di questa o quella tassa? Aspirina, utile a curare un raffreddore, non la polmonite che soffoca i conti delle famiglie e delle imprese, che avrebbero bisogno di un taglio drastico delle imposte e dei lacci burocratici. Su Trump non sono pessimista: la chemio produce molti danni collaterali, ma se vince il male e ripristina l’ordine delle cellule, poi viene il tempo della riabilitazione e quindi quello della nuova vita, uguale a quella precedente ma più ordinata e sana. La scommessa è arrivare a una libera circolazione di uomini e merci dentro parametri di sicurezza, legalità e sviluppo per tutti. Non solo per furbi e malintenzionati.
IL GIORNALE