Trump preoccupa le Borse. Milano chiude a -3%, sale lo spread

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La confusione seguita alle decisioni del presidente Usa Donald Trump in tema di immigrazione, e alle successive reazioni di condanna arrivate da istituzioni internazionali, imprese e anche dai procuratori generali di 16 Stati americani, preoccupa i mercati globali. La settimana si è aperta all’insegna delle vendite su tutti i principali listini azionari (qui l’andamento degli indici principali). In Europa maglia nera è stata Milano (-2,95% il FTSE MIB), zavorrata dalle pesanti perdite accusate dai titoli bancari mentre si avvicina il lancio del maxi aumento di capitale da 13 miliardi di Unicredit (-5,45%). Debole anche il settore dell’energia con il petrolio Wti in calo di oltre un punto percentuale (Saipem -6,72%).

Il clima di incertezza pesa anche sull’andamento dei titoli di Stato italiani: il rendimento del BTp decennale è salito al 2,33% con uno spread rispetto al Bund arrivato a sfiorare quota 190 punti base e ai massimi da tre anni.

Sul mercato dei cambi, rapporto euro/dollaro poco mosso a 1,0695 da 1,0696 venerdì in chiusura. In deciso rafforzamento lo yen, a 121,59 per un euro (123,07) e 113,69 per un dollaro (115,06). Scende, infine, il prezzo del petrolio: il future marzo sul Wti lascia sul terreno l’1,09% a 52,59 dollari al barile, mentre l’analoga consegna sul Brent cede lo 0,63% a 55,17 dollari.

Nel Vecchio Continente, intanto, è stato pubblicato l’atteso dato sull l’inflazione tedesca che a gennaio si è attestata all’1,9%, sotto le previsioni (2%) degli analisti: gli operatori aspettano domani i dati dei prezzi al consumo dell’eurozona con le sue possibili conseguenze sulle prossime mosse della Banca centrale europea anche se il governatore della Banca di Austria e membro del direttorio della Bce, Ewald Nowotny, durante un discorso a Vienna,ha escluso che a Francoforte, già nella riunione di marzo, si parlerà dei tempi del programma di acquisto di titoli di stato.

Milano ai minimi da un mese: il Ftse Mib torna sotto 19mila punti

A Milano il FTSE MIB è tornato sotto i 19mila punti ai minimi da oltre un mese. Gli operatori citano l’imminenza dell’aumento di capitale di Unicredit, con l’incertezza sul prezzo di emissioni dei nuovi titoli per

il rafforzamento da 13 miliardi di euro, e le prese di beneficio sugli altri bancari che potrebbero essere interessati da ricapitalizzazioni (a cominciare da Ubi Banca che necessita di un intervento da 400 milioni dopo l’acquisizione di Etruria, Carichieti e Banca Marche) come i fattori principali della correzione odierna del listino. Giù nel comparto anche Intesa Sanpaolo in attesa che si chiariscano le intenzioni sulle Generali e Banca Pop Er il cui amministratore delegato Alessandro Vandelli nel week end, parlando con Radiocor Plus, ha preannunciato un nuovo piano entro l’estate confermando la disponibilità a un confronto con CreVal per una possibile aggregazione.

Vendite su petroliferi e utility, Eni si riprende dopo tonfo in avvio

Giù le utility, sempre sensibili ai movimenti dei titoli di stato, vendite anche sui petroliferi a cominciare da Saipem. Eni cede meno dell’indice dopo una partenza in calo del 5% provocata, secondo qualche operatore da un possibile errore tecnico nell’immissione di un ordine. Gli analisti di Mps Capital Services ricordano, come fattore negativo per il titolo, che venerdì un tribunale in Nigeria ha deciso di sospendere, temporaneamente, il controllo di una licenza rilasciata ad Eni e Royal Dutch Shell per un pozzo petrolifero off shore, in attesa del completamento di un’indagine di presunta corruzione per una cifra pari a 1,3 miliardi di dollari.

Attesa per mosse Trump e in settimana per riunione Fed

Ma gli analisti – mentre sono in rosso i primi futures di Wall Street – guardano anche alle evoluzioni della politica statunitense dopo la raffica di provvedimenti esecutivi del presidente Trump in materia di immigrazione e dopo i segnali contrastanti sul fronte economico arrivati dalla pubblicazione del Pil americano del IV trimestre. In questo senso assumerà importanza centrale nella settimana l’appuntamento con il Fomc, il comitato monetario della Federal Reserve, mercoledì mentre già da domani gli occhi saranno puntati su altre banche centrali visti gli incontri in calendario dei board della Bank of Japan (domani) e della Banca d’Inghilterra (giovedì). Nel pomeriggio invece ricco il calendario di indicatori macroeconomici Usa a cominciare dai redditi personali e dai consumi di dicembre.

Vendite su BTp: rendimento 10 anni a 2,33%

Quanto ai titoli di Stato, non si ferma la corsa dello spread BTp/Bund che sfiora quota 190 punti e vola ai massimi da tre anni. Il differenziale di rendimento tra il decennale benchmark italiano e il pari scadenza tedesco è infatti salito a 189 punti base, superando il livello registrato alla vigilia del referendum costituzionale e tornando su livelli che non si vedevano da febbraio 2014. Anche il rendimento dei decennali italiani continua la sua corsa e sale al 2,33%.

Banche sotto pressione, Unicredit e Ubi nel mirino

Sull’azionario, Unicredit viaggia in fondo al Ftse Mib a pochi giorni dall’avvio dell’aumento di capitale da 13 miliardi di euro, che potrebbe partire il prossimo 6 febbraio. Le indiscrezioni parlano di un prezzo di emissione delle nuove azioni a sconto del 30-40% sul prezzo teorico ex diritto (cioè scorporato del valore dei diritti di opzione assegnati a titolari delle azioni per sottoscrivere l’aumento) mentre oggi si riunirà un consiglio di amministrazione straordinario per esaminare i conti preliminari del 2016.

I numeri sono attesi deboli come già annunciato dall’istituto alla presentazione del business plan in quanto l’ultimo trimestre dell’esercizio passato assorbirà svalutazioni su attivi e crediti per oltre 12 miliardi di euro. «Il Piano Strategico – si legge nel Documento di registrazione funzionale all’aumento diffuso questa mattina – prevede impatti negativi non ricorrenti sul risultato economico netto del quarto trimestre 2016 del Gruppo UniCredit per circa Euro 12,2 miliardi, prevalentemente riferibili ad azioni volte a migliorare la qualità dell’attivo patrimoniale, conseguentemente il risultato economico netto del gruppo UniCredit dell’esercizio 2016, riflettendo i suddetti impatti negativi, sarà caratterizzato da una discontinuità rispetto a quello dei primi nove mesi del 2016 in quanto è attesa una significativa perdita per il 2016 a fronte di un utile consuntivato per i primi nove mesi del 2016».

Lo sfasamento temporale – scrive ancora la banca – tra questi impatti negativi e le azioni di rafforzamento patrimoniale (cessioni e aumento) comporterà che «non risulteranno rispettati i limiti prudenziali dell’emittente applicabili sia al 31 dicembre 2016 sia a partire dal 1 gennaio 2017 ai sensi dello Srep 2016».

Di conseguenza, Unicredit dovrà segnalare la circostanza alla Bce e inviare all’Autorita’ di vigilanza le misure di rafforzamento patrimoniale previste e già comunicate:«L’adeguatezza del capital plan sara’ oggetto di valutazione da parte della Bce». In tema di crediti deteriorati inoltre la Banca centrale europea ha chiesto a Unicredit «di presentare, entro il 28 febbraio 2017 una strategia in materia di crediti deteriorati, supportata da un piano operativo per affrontare la tematica dell’elevato livello di crediti deteriorati».

In generale il settore bancario si mostra debole. Il numero uno della Vigilanza europea sulle banche Daniele Nouy in una intervista ha spiegato che gli istituti italiani devono ancora fare molto sui crediti inesigibili e sarà necessario da parte dell Vigilanza di ulteriore «pressione perché facciano ciò che c’è da fare». Oltre a Unicredit, in netto calo Ubi Banca , arrivata anche a cedere il 6%, e Banca Mediolanum.

Mercati attendono mosse sull’ipotesi operazione Generali-Intesa Sp

In discesa Intesa Sanpaoloe Generali: nel week end sono emerse indiscrezioni sui contatti in corso su valutazioni in corso tra gli investitori di Intesa Sanpaolo in merito a una possibile operazione di aggregazione con la compagnia triestina ma la convinzione degli operatori e’ che sia necessario ancora qualche giorno per chiarire lo scenario sulle mosse del ceo di Intesa Carlo Messina e sull’accoglienza di un progetto di questo tipo tra i soci di Generali. Intanto venerdi’ Moody’s ha sottolineato che una eventuale combinazione con Intesa avrebbe un impatto negativo sul merito di credito di Generali. Attesa venerdi’ la presentazione dei conti del IV trimestre di Intesa Sanpaolo.

Alerion in calo: Fri-El vince in assemblea e nominerà cda

Fri-El vince in assemblea sulla cordata Edison-F2i (Eolo Energia) e nomina il nuovo consiglio di amministrazione di Alerion. Il gruppo bolzanino – che partiva da una situazione di netto svantaggio: aveva il 29,3% del capitale contro il 39% di Eolo – ha raccolto il 53,6% dei voti del capitale presente (circa il 46% di tutto l’azionariato di Alerion). In Borsa il titolo è in flessione. «Siamo davvero soddisfatti – ha commentato Josef Gostner, numero uno di Fri-El – Con Edison i rapporti saranno sicuramente buoni, credo intendano collaborare con noi, vedrete sarà una bella storia”. “Sono italiano al 100%, anche se parlo tedesco”, ha anche detto scherzando Gostner a chi gli faceva notare che, per una volta, sono state respinte le avances francesi (Edison è controllata al 100% da Edf) su un gruppo italiano. Gostner, che sarà anche ad di Alerion, ha confermato che l’Ops su Alerion inizierà a fine marzo e che il cda verrà ampliato da otto a nove membri per fare entrare un rappresentante dei soci di minoranza: «Loro, per noi, sono la cosa più importante. E oggi hanno dimostrato di essere dalla nostra parte».

Dagli States alcuni dati deludenti

Alcuni dato macro americani sono risultati deludenti. A dicembre i consumi sono cresciuti per il quarto mese di fila, a un passo in linea con le previsioni, ma i redditi personali sono aumentati meno delle stime. Secondo quanto riportato dal Dipartimento del Commercio, le spese per consumi sono salite dello 0,5%, appunto come previsto, mentre i redditi personali sono saliti dello 0,3%, contro attese di una crescita dello 0,4%. Così il tasso di risparmio in dicembre si è attestato al 5,4%, in calo rispetto al 5,6% del mese precedente. E’ inoltre emerso che l’inflazione calcolata sui consumi personali, dato utilizzato dalla Federal Reserve, si è attestata allo 0,2% a dicembre su base mensile, mentre su base annuale è stata pari all’1,6%, al di sotto del 2% considerato ottimale dalla Fed. La componente “core” del dato, depurata dagli elementi volatili, si è attestata rispettivamente allo 0,1% su base mensile e all’1,7% su base annuale.

(Il Sole 24 Ore Radiocor Plus)

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