Disoccupazione stabile al 12% dicembre, risale quella giovanile: oltre il 40%

MILANO – Il tasso di disoccupazione a dicembre è rimasto stabile in Italia attestandosi al 12 per cento. Suona ancora, invece, l’allarme per quanto accade ai più giovani: il tasso di senza lavoro tra i 15 e i 24 anni è risalito a dicembre superando la soglia del 40%. Si è portato per la precisione al 40,1%, in aumento di 0,2 punti su novembre e al livello più alto da giugno 2015.

Occupati in crescita. I dati pubblicati oggi consentono di tracciare un primo bilancio sull’andamento del mercato del lavoro nel corso del 2016. A dicembre ci sono 242mila occupati in più del dicembre 2015 (+1,1%), mentre sono rimasti di fatto invariati su novembre (+1.000). Su questo numero positivo influiscono da una parte i 266mila lavoratori dipendenti in più censiti dall’Istat, mentre gli autonomi sono scesi di 24mila unità. Si conferma il rallentamento degli effetti benefici degli sgravi contributivi: a tirare la crescita dei dipendenti è infatti il tempo determinato con 155mila occupati in più contro i 111.000 a tempo indeterminato.

“Anziani” favoriti. A conferma degli ultimi trend censiti, emerge che l’aumento dell’occupazione riguarda soprattutto gli over 50. Nelle classi tra i 15 e i 49 anni, infatti, complessivamente il numero degli occupati si è ridotto di 168mila unità nel 2016 (-149mila solo nella classe tra 39 e 49 anni) mentre tra gli ultracinquantenni gli occupati sono aumentati di 410mila unità. Nell’arco dell’anno passato, comunque, il tasso di occupazione cresce in tutte le classi di età con variazioni comprese tra +0,1 punti percentuali per i giovani di 15-24 anni e +1,8 punti per gli ultracinquantenni. Cresce anche quello di disoccupazione, ad eccezione che per gli ultracinquantenni.

L’Istat aggiunge in questa rilevazione un ulteriore dettaglio sulla scomposizione dei dati per classi d’età, anticipato nei giorni scorsi da Repubblica. Gli statistici spiegano che “sul calo degli occupati di 15-49 anni (-168 mila unità) influisce in modo decisivo la diminuzione della popolazione in questa classe di età”. Di fatto, è colpa anche dell’invecchiamento della popolazione: “Al netto della dinamica demografica la performance occupazionale risulta positiva (+76 mila unità), con un aumento del tasso di occupazione. Tra i 50-64enni, al contrario, la crescita demografica contribuisce ad accentuare la crescita dell’occupazione determinata dalla sempre più ampia partecipazione al lavoro.

Rebus giovani. Dopo l’ultimo segnale di crescita, registrato a novembre, l’Istat lancia ancora numeri preoccupanti per gli under 25. A dicembre il tasso di disoccupazione giovanile, cioè la quota di giovani disoccupati sul totale di quelli attivi, è cresciuto come detto di 0,2 punti al 40,1%. Se si considera che la maggior parte dei ragazzi di quell’età sta studiando, l’incidenza dei giovani disoccupati sul totale di quella popolazione è del 10,9%: significa che più di un ragazzo su dieci è a casa. Se si guarda al dettaglio delle altre fasce d’età, aggiunge l’Istat, la disoccupazione cala tra i 25-34enni (-0,9 punti), mentre aumenta nelle classi 35-49 anni (+0,1 punti) e 50-64 anni (+0,4 punti).

Salgono anche persone in cerca e disoccupati. Sempre nel raffronto sul dicembre del 2015, si registra una crescita della ricerca di lavoro: calano gli inattivi (-3,4%, pari a -478 mila), ma visto che le aziende non riescono ad assorbire per intero l’offerta di lavoro aumentano anche i disoccupati (+4,9%, pari a +144 mila).

Il raffronto pre-sgravi e Jobs Act. A dicembre 2016, il tasso di occupazione risulta del 57,3 per cento, invariato rispetto a novembre e in aumento di 0,7 punti su dicembre 2015. E’ interessante confrontare i dati pubblicati oggi dall’Istituto di statistica con quelli relativi alla prestazione del mercato del lavoro italiano nel 2014, prima cioè che il governo Renzi avviasse gli sgravi contributivi per le assunzioni stabili (partite da inizio 2015) e avviasse la riforma del Jobs Act con le relative tutele crescenti e – tra le altre cose – il depotenziamento dell’articolo 18 (7 marzo 2015).

COME STA IL JOBS ACT? UN BILANCIO DELL’ITALIA AL LAVORO

Come hanno più volte messo in evidenza anche i dati dell’Inps (che a differenza dell’Istat misurano i flussi di contratti attivati o cessati), d’altra parte, con il 2016 il ritmo di assunzioni stabili ha fortemente rallentato: sono stati tagliati al 40% gli sgravi contributivi che permettevano ai datori di lavoro, nel 2015, di risparmiare fino a 8mila euro a lavoratore assunto, per tre anni. Un metadone che ha solo parzialmente curato il malato Italia: come hanno via via riconosciuto molti osservatori, senza una reale ripresa industriale e la spinta alla creazione di lavoro attraverso la crescita economica, per le imprese prevarrà il concetto di convenienza economica all’assunzione. Che, dimostrano anche queste statistiche, si esaurisce nel momento in cui finiscono gli sgravi.

REP.IT

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