La tentazione di tornare al passato Stavolta non imitiamo la gauche
Il confronto tra Italia e Francia sta infiammando le Borse e i mercati. Ma ha qualcosa da dire anche sul piano politico. I due Paesi sono legati da una storia comune, da radici culturali, da dimensioni e da interessi. La differenza è che la Francia è un sistema: ha uno Stato che costa ma funziona, una classe dirigente selezionata dalle alte scuole, una consapevolezza nazionale che a noi manca. Eppure è un sistema che rischia di collassare, a dispetto dell’attivismo di protagonisti un tempo legati a Sarkozy e oggi rimasti senza punti di riferimento: un destino che potrebbe toccare non solo alle élites francesi, ma all’intero Paese.
Il 23 aprile e il 7 maggio si elegge il presidente, e l’unica candidatura solida è quella di Marine Le Pen. Una sua vittoria resta improbabile, e per fortuna, visto che segnerebbe la fine dell’Europa; però se il solo leader pressoché certo di arrivare al ballottaggio è lei, vuol dire che la situazione è grave. Fillon, vincitore a sorpresa delle primarie della destra, è già azzoppato da uno scandalo imbarazzante: è accusato di aver pagato con soldi pubblici la moglie per non lavorare. Hollande è il primo presidente della Quinta Repubblica a non ricandidarsi per propria scelta (ci sarebbe il precedente di Pompidou, che però era morto). Il capo del suo governo, Valls, dopo averlo costretto a un passo indietro, è andato a schiantarsi alle primarie socialiste contro un esponente dell’ala sinistra del partito: Benoit Hamon. Una figura considerata di secondo piano, che i sondaggi collocano alle spalle sia del radicale Mélenchon, sia del centrista Macron. Tutto è ancora possibile.
Quando nel 1965 si affrontarono per l’Eliseo De Gaulle e Mitterrand – e già questo dà la misura del declino europeo -, a un mese dal voto i sondaggi davano al Generale il 68% e al candidato della sinistra il 23; finì 55 a 45 (il ministro dell’Interno portò a De Gaulle la foto di Mitterrand collaborazionista al fianco di Pétain, e il Generale diede ordine di non pubblicarla; altri tempi). Ma un dato ormai è evidente. La sconfessione della Gauche di governo non potrebbe essere più completa. Però l’arroccamento a sinistra dei socialisti non li salverà dall’irrilevanza; la stessa condanna che a Londra incombe sui laburisti, incantati dal pifferaio Corbyn. E qui dovrebbe scattare il segnale d’allarme per la sinistra italiana.
Il partito democratico è sull’orlo della scissione. I vecchi dirigenti e i loro seguaci vagheggiano una sinistra in grado di ritrovare la sintonia con i ceti popolari, i sindacati, i giovani. Aspirazione comprensibile, dopo la netta sconfitta del referendum. Ma un ritorno all’antico, guidato dalle facce di vent’anni fa, che facesse leva sulla pressione fiscale e sulla protezione sociale, riporterebbe il Pd al 25% del 2013, forse anche sotto. Hamon parla di reddito di cittadinanza, una battaglia che parte della sinistra italiana non vorrebbe lasciare a Grillo; e non c’è dubbio che la povertà vada contrastata in modo più efficace. Ma nel Paese europeo che detiene il triste record dell’elusione fiscale e dei giovani che non studiano né lavorano né si formano, dare mille euro a tutti in cambio di nulla avrebbe un impatto devastante, e non solo sui conti pubblici. Soluzioni semplici non esistono; altrimenti sarebbero già state trovate.
Il socialismo europeo è in profonda difficoltà ovunque: in Germania alleato subalterno della Merkel e della sua arcigna austerity; in Spagna costretto ad appoggiare il governo della destra postfranchista, dopo una drammatica spaccatura tra la base tentata dall’alleanza con i populisti (come quella al potere in Portogallo) e il vertice, ancora condizionato da Felipe Gonzalez che vede Iglesias di Podemos come un pericoloso usurpatore. Una cosa è certa: l’arroccamento non giova a una sinistra che intenda cambiare le cose, e non limitarsi allo stimolo critico o alla testimonianza. Scorciatoie e nostalgie lasciano il tempo che trovano. La via della crescita passa dal lavoro, non dall’assistenza. Lo sviluppo si fa con il rilancio degli investimenti, a cominciare da quelli privati, non con altro debito pubblico. I giovani e i loro genitori giustamente angosciati sono più attenti alle opportunità reali che alle garanzie teoriche. Se la Gauche intende marginalizzarsi, allora la Francia rappresenta in questo momento un modello da non imitare.
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