Sulle spalle di Berlino oltre la metà delle spese europee per i rifugiati
Prendete i fondi che l’Italia spende per l’accoglienza dei rifugiati, 4,2 miliardi nel 2016, e moltiplicateli per cinque. Il conto fa 21,7 miliardi di euro, di cui 7 destinati solo alle spese nei Paesi d’origine dei migranti, per contrastare la cause della fuga. Tanto l’anno scorso ha investito la Germania per far fronte all’emergenza dei profughi in arrivo, mezzo punto percentuale del suo Pil. Sul capitolo «rifugiati» ha puntato più della metà di tutto quel che investono complessivamente i 15 Paesi dell’Unione europea che hanno aperto le loro porte ai richiedenti asilo, cioè 37 miliardi di euro.
Va detto che è difficilissimo equiparare i fondi che ciascuno degli Stati membri destina all’emergenza dell’accoglienza e dell’integrazione. Perché? Al netto dei (non molti) soldi che la Ue mette a bilancio sulla voce migranti e richiedenti asilo, è complesso individuare criteri comuni con cui i vari Stati effettuano gli stanziamenti a casa loro. Il Fondo Monetario Internazionale è riuscito a fare un confronto e a livellare le cifre. Dal 2014 al 2016, ha calcolato una crescita esponenziale: i 15 Paesi interessati dal fenomeno migratorio hanno speso il 150% in più per i rifugiati in tre anni. Dai freddi conti dei banchieri, scendiamo a terra, e vediamo nel dettaglio. «In relazione al Pil, la spesa maggiore si registra in Svezia, seguita dalla Danimarca, con lo 0,57% del Pil, cioè 1,5 miliardi di euro di investimento», spiegano dalla Fondazione Leone Moressa, che ha incrociato le stime pubblicate dal Fmi con i dati della Commissione Europea. Un lavoro non semplice.
All’interno della Ue, veleggiano sul miliardo e mezzo o poco meno gli investimenti per i rifugiarti dell’Olanda (0,23% del Pil) e della Francia, con 1,3 miliardi. Ma Parigi di migranti non ne ha ricevuti molti e spende pochissimo al confronto degli altri, lo 0,06% del Pil. L’Austria ha destinato 1 miliardo all’emergenza nel 2016. La Finlandia 789 milioni (0,37% del Pil), seguono Belgio e Spagna (rispettivamente 463 e 335 milioni), da ultimo Irlanda, Croazia, Lussemburgo, Repubblica Ceca e Cipro, con qualche milione di stanziamento.
Ma l’esplosione delle migrazioni non può certo essere affrontata solo in cifre. Lo spiega bene Alessandra Venturini, docente all’Università di Torino e vicedirettrice del Migration Policy Center (Eui di Firenze): «Il nostro Paese spende un quarto dei suoi fondi per il recupero in mare, un problema che non hanno molti Stati Ue, e che crea una differenza importante negli investimenti possibili per l’integrazione». Dei 4,2 miliardi che l’Italia tira fuori, infatti, il soccorso nel Mediterraneo costa 1 miliardo, 2,4 miliardi va all’accoglienza, per sanità e istruzione dei rifugiati spendiamo 689 milioni (dati Centro Studi Impresa Lavoro per il Viminale).
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