Serve una classe dirigente capace oltre che onesta

Le ultime rivelazioni su Virginia Raggi, dalla polizza vita stipulata «a sua insaputa» dall’ex segretario particolare Salvatore Romeo al dossier costruito dagli amici della sindaca per screditare un potenziale concorrente alla poltrona da lei occupata, rendono ancor più macroscopico il vero punto debole del Movimento 5 stelle. Così debole da pregiudicare, come stanno penosamente dimostrando le peripezie nella capitale, la stessa capacità di governo: il che, per una forza politica che si propone per guidare un Paese del G7, non è un dettaglio trascurabile. Parliamo della qualità di una classe dirigente selezionata con metodi che fanno acqua da tutte le parti.

Si dirà che questo non è soltanto un problema del Movimento di cui Beppe Grillo è garante. La prova è riscontrabile nella situazione stessa di un Paese bloccato, conseguenza anche di un progressivo degrado delle classi dirigenti di ogni ordine e grado: dalla politica alla burocrazia pubblica, alle professioni, alla finanza… Ma proprio per tale ragione un Movimento con la fondata aspirazione di cambiare l’Italia non dovrebbe commettere un errore così marchiano come quello di affidare (di fatto) al caso le scelte decisive. Quelle, cioè, che riguardano le persone alle quali affidare ruoli tali da presupporre competenze, esperienza, cultura e attitudini. I risultati delle selezioni online sono purtroppo sotto gli occhi di tutti.

La questione era apparsa già evidente con le elezioni dei rappresentanti del Movimento alle elezioni politiche del 2013. Ma in Parlamento i grillini sono all’opposizione e tale condizione di solito fa passare in secondo piano certi deficit qualitativi del personale politico. Ben diversa è la musica nei Comuni, dove amministrare è in qualche caso ancora più complicato che ai livelli istituzionali superiori.

Come dimostra appunto, al di là delle implicazioni di carattere penale, il caso di Roma. Qui l’inefficienza del metodo di selezione ha toccato la sua punta massima, se è vero che la capitale d’Italia era finita nelle mani di «Quattro amici al bar», a quanto pare concentrati più su piccole beghe di potere (anche personale) che sull’aggressione ai guai della città.

Il fatto è che un ceto politico dirigente impreparato, frutto di scelte approssimative e non meritocratiche, eletto unicamente sulla base dell’adesione a determinati principi, se chiamato a governare deve necessariamente attingere a esperienze estranee. Con tutti i rischi del caso, incluso quello di trovarsi a dover riciclare figure compromesse proprio con il sistema che si vuole sradicare, com’è accaduto con Raffaele Marra. Anche se qui non è stato soltanto il caso a determinare un sodalizio tanto stretto fra la sindaca di Roma e l’ex dirigente del patrimonio capitolino dell’epoca di Gianni Alemanno. Per non parlare poi dell’ex assessore all’Ambiente Paola Muraro, per 12 anni consulente dell’Ama e indagata per reati ambientali: la sua nomina è stato il primo grave errore di Virginia Raggi.

La storia che si snoda all’ombra del Campidoglio in salsa grillina testimonia quanto siano pericolosi gli effetti di un meccanismo selettivo modellato sui social media, che spinge a creare gruppi chiusi di amici e affini. Il sistema incentiva la diffidenza verso tutto ciò che non appartiene a quel mondo, con il risultato di favorire anche il tanto deprecato familismo: la forma di selezione in assoluto meno efficiente che si conosca.

Tutto questo, combinato con l’applicazione di regole etiche dettate dall’alto (ma interpretabili secondo le convenienze) rappresenta uno strumento formidabile di coesione. Ma anche una comoda arma per evitare le contaminazioni ed emarginare, quando necessario per i rapporti di potere, i presunti eretici: sacrificando pure, se del caso, i pezzi migliori. Ne sa qualcosa il bravo sindaco di Parma Federico Pizzarotti.

La morale? L’onestà tanto sbandierata è una condizione certo necessaria, ma purtroppo non sufficiente. Per cambiare un Paese, e Dio solo sa se l’Italia ne avrebbe bisogno, serve una classe dirigente onesta e capace. Scelta per i suoi meriti, oltre che per la fedeltà a determinati ideali. Questi mesi al governo della capitale hanno messo a nudo il fallimento assoluto e senza appello di quel metodo di selezione. Urge prenderne atto al più presto, se non si vogliono dissipare le speranze di milioni di italiani che hanno puntato sulle 5 stelle.

CORRIERE.IT

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