«Gli studenti non sanno l’italiano» La denuncia di 600 prof universitari
Possibile ritrovarsi a correggere una tesi di laurea dovendo usare la matita rossa e blu come in un temino della scuola elementare? Purtroppo sì. Basta leggere alcune delle testimonianze drammatiche dei 600 professori universitari che in pochi giorni hanno sottoscritto un accorato appello al governo e al Parlamento per mettere in campo un piano di emergenza che rilanci lo studio della lingua italiana nelle scuole elementari e medie. Ripartendo dai fondamentali: «dettato ortografico, riassunto, comprensione del testo, conoscenza del lessico, analisi grammaticale e scrittura corsiva a mano». Può sembrare un ritorno indietro ma, come spiega Giorgio Ragazzini, uno dei quattro docenti di scuola media e superiore del Gruppo di Firenze che hanno promosso la lettera, «forse stiamo risentendo anche di una svalutazione della grammatica e dell’ortografia che risale agli anni 70». E invece, come già si diceva in un film diventato di culto dopo gli anni del riflusso, «chi parla male pensa male». O, come preferisce ricordare il professor Ragazzini citando Sciascia, «l’italiano non è l’italiano, è il ragionare».
Errori da terza elementare
«E’ chiaro ormai da molti anni che alla fine del percorso scolastico troppi ragazzi scrivono male in italiano, leggono poco e faticano a esprimersi oralmente – si legge nella lettera -. Da tempo i docenti universitari denunciano le carenze linguistiche dei loro studenti (grammatica, sintassi, lessico), con errori appena tollerabili in terza elementare. Nel tentativo di porvi rimedio, alcune facoltà hanno persino attivato corsi di recupero di lingua italiana». La notizia non è nuova, ma non per questo è meno drammatica. Anche dall’ultimo rapporto Ocse-Pisa che misura le competenze dei quindicenni di mezzo mondo i nostri ragazzi sono usciti con le ossa rotte. E a sorpresa è soprattutto in italiano che andiamo male. Con buona pace della stanca retorica anti-crociana. Dal 2000 a oggi non abbiamo recuperato mezza posizione, mentre in matematica, dove pure eravamo molto più indietro, abbiamo fatto enormi passi avanti.
Cosa vuol dire «penultima»?
Tra i firmatari della lettera si contano (al momento) 8 accademici della Crusca, quattro rettori, il pedagogista Benedetto Vertecchi, gli storici Ernesto Galli della Loggia, Luciano Canfora e Mario Isnenghi, e poi filosofi (Massimo Cacciari), sociologi (Ilvo Diamanti), la scrittrice e insegnante Paola Mastrocola, da sempre in prima linea per una scuola severa e giusta (giusta anche perché severa), matematici e docenti di diritto, storici dell’arte e neuropsichiatri. Tutti uniti nel denunciare la condizione di semi-analfabetismo di una parte degli studenti universitari. Come racconta bene questa testimonianza di uno dei firmatari: «Mi è capitato di incontrare in treno una studentessa che non sapeva quale fosse la “penultima” lettera del codice di prenotazione del suo biglietto».
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