Il governo manda i migranti fra i terremotati dell’Emilia
La torre di Finale, con il suo orologio spezzato a metà, è diventato il simbolo noto a tutti del terremoto dell’Emilia.
Correva il 20 maggio 2012, quando la terra tremò sotto i piedi degli emiliani fra le province di Modena e Mantova, facendo 20 vittime e danni incalcolabili al patrimonio artistico.
A meno di cinque anni da quella catastrofe, i Comuni colpiti che ancora faticano a riprendersi devono misurarsi con un’altra sfida, senz’altro inaspettata ma certamente impegnativa. Nelle zone del sisma sono infatti attesi duecentoventi profughi che la prefettura di Modena vorrebbe inviare nei nove Comuni della cosiddetta “Area Nord”: il luogo corrispondente al cratere sismico dove il terremoto colpì più forte.
Una mossa temuta ma tutto sommato inattesa. Comunque una scelta controversa. A guidare la protesta contro una decisione giudicata frettolosa e inopportuna è il sindaco di centrodestra di Finale Emilia, Sandro Palazzi. Che dopo l’incontro di ieri mattina in prefettura ha stabilito una linea chiarissima: il paese è ancora ufficialmente in emergenza fino al 31 dicembre 2018 e non è in grado di accogliere altri profughi fra gli sfollati.
Anche a cinque anni da quelle scosse maledette, infatti, sono centinaia i cittadini rimasti senza casa e la macchina dei servizi sociali è ancora impegnata nell’assistenza ai profughi di allora.”La ricostruzione privata è arrivata al 60% – spiega al Giornale.it il primo cittadino – Ma le strutture pubbliche sono ancora ferme al 2012. Pensi che anche il mio municipio non è ancora stato ricostruito. Il centro storico si sta spopolando e le attività commerciali chiudono. Come faccio a stressare ulteriormente la macchina del welfare?”
“Il Comune è già attivo sul fronte dell’integrazione – conclude Palazzi – L’11% della popolazione è composto da immigrati, che noi accogliamo e cerchiamo di integrare, ma di più non possiamo.”
Mentre la popolazione, con silenzio ma con fermezza, sembra schierarsi dietro al suo sindaco, gli altri otto Comuni interessati dalla novità si sono subito allineati con le richieste del governo, dicendosi disponibili all’accoglienza. Ma secondo il primo cittadino si tratta di una linea dettata dalla volontà politica di non ostacolare le direttive di Roma, più che non dall’effettiva capacità di accogliere.
“Anziché prevalere l’oggettività della difficoltà, per gli altri otto Comuni prevale l’appartenenza politica – chiosano dal municipio – Finale Emilia è un Comune terremotato a tutti gli effetti, ma in Italia dopo tre o quattro anni dalle catastrofi tutti si dimenticano.”
IL GIORNALE