La festa oscena dei manettari
Doveva essere la celebrazione dell’epopea di Mani pulite, nel venticinquesimo anniversario dell’avvio di quell’inchiesta.
Ma nel salone d’onore del Palazzo di Giustizia di Milano si sono presentati una decina tra fotografi e giornalisti e altrettanti attivisti grillini. Non un magistrato, non un avvocato, non un cittadino comune. Sul palco due reduci di quella sciagurata stagione, Piercamillo Davigo e Antonio Di Pietro ad autocelebrarsi nel deserto. Il primo ora è capo dell’Associazione nazionale magistrati, il secondo è un ricco pensionato che aveva tentato, anche per sfilarsi dal clima di sospetti sulla sua persona, l’avventura politica guarda caso con il Pci-Pds prima e poi con il suo partitino «Italia dei valori», soprannominato «Italia dei valori immobiliari» per via di strani investimenti in case fatti coi soldi del partito che alla fine gli costarono la faccia e il posto.
Perché si debba celebrare il compleanno della più violenta inchiesta giudiziaria nella storia della Repubblica lo sanno solo loro. Da ricordare c’è semmai l’introduzione in Italia della carcerazione preventiva come arma di minaccia e ricatto, i non pochi suicidi di persone dimenticate in carcere o portate all’impazzimento, il dolore delle 4.250 famiglie di indagati il più delle volte a vanvera come dimostra il bilancio a istruttorie chiuse e processi celebrati.
Ma soprattutto resta la resa della politica al potere giudiziario a sua volta preso ostaggio dalle toghe comuniste di Magistratura democratica.
Se proprio devo, preferisco ricordare quella stagione con le parole che Carlo Nordio, storico pm di Venezia che visse in prima linea quei mesi e che oggi si ritira senza clamore a vita privata, ha consegnato al Foglio: «Quando le indagini si concentrarono su democristiani e socialisti non ci furono polemiche e fummo dipinti come eroi. Quando iniziai a indagare sulle cooperative rosse e su D’Alema, sono scoppiate molte polemiche anche con i colleghi di Milano. Ma per me fu un onore avere le riserve da parte dei colleghi di Magistratura democratica».
Due vecchi signori un po’ patetici che parlano in un’aula vuota pensando di avere davanti folle osannanti. Questo resta venticinque anni dopo. Fantasmi, ma purtroppo ancora in grado di fare tanti danni, perché continuano a seminare odio e rancore.
IL GIORALE