Il miracolo degli ascolti nel Festival senza canzoni

alberto mattioli
inviato a Sanremo

L’altro fiorentino ci avrebbe fatto la firma, per una percentuale così: 50,37%. Carlo Conti supera di dieci punti abbondanti Matteo Renzi e anche sé stesso: l’anno scorso, la serata inaugurale del Festivalone aveva fatto «solo» il 49,48, che comunque era già un’enormità. E così il day after del debutto diventa un incrocio fra il bollettino della Vittoria e la marcia trionfale dell’Aida. Paradossalmente, alla messa cantata di mezzogiorno il meno eccitato è Conti: sa che la strada è ancora lunga. Parla più volentieri del compleanno del su’ figliolo, ovvìa, mentre Maria De Filippi continua a fare quella che passa di lì per caso.


Intanto il direttore di Raiuno, Andrea Fabiano, dà i numeri: 11 milioni e 374 mila gli spettatori che si sono sorbettati il Festival, lo share è il migliore dalle ultime dodici edizioni, il picco di ascolto mentre Raoul Bova sbatteva l’occhio miope alla ricerca del gobbo. Benissimo, come ascolti, anche i siparietti di Crozza. Aggiungiamo all’attivo l’assenza di polemiche. Le poche che scoppiano vengono subito depotenziate, con Conti che improvvisa anche una conferenza stampa bis per smentire le voci che lo danno in transito da Rai a Mediaset, ammesso che ci sia ancora differenza.

 

Quanto alla seconda serata, lo schema è sempre quello, ma per la parte canora c’è l’aggravante che si esibiscono pure i «gggiovani». Eliminati Braschi e la sua canzone sui migranti, e subito Salvini gode via Twitter (Salvini parla continuamente del Sanremone, forse è l’unico italiano che se lo sciroppa tutto) e anche l’unica fanciulla, Marianne Mirage, promossi l’hipster Francesco Guasti e Leonardo Lamacchia. Peraltro, al solito, il «votatore» distribuito ai giornalisti ha fatto i capricci, ma pare senza inficiare il risultato.

 

Per il resto, solita insalata mista. Il mattatore della serata è Francesco Totti, un gaffeur di talento che prende a calci i palloni e la solennità sanremese. E alla rituale domanda sulla canzone preferita, sbotta: «Ahò, er piccione!». Povia torna, tutto è perdonato, l’Ariston è in delirio. Robbie Williams rifà Robbie Williams e come bonus bacia Maria sulle labbra, Giorgia non è in formissima ma rispetto alla compagnia di giro che la circonda è su un altro pianeta, Keanu Reeves è invecchiato e professionale. Canzoni una più mesta dell’altra. Monologo di Crozza nella media, però Mattarella gli viene benissimo. Il «Prima Festival» riesce nell’impresa di far venir voglia di vedere il Festival vero e proprio, nel senso che se comincia questo finalmente finisce quello.

 

La coppia Carlo-Maria, intanto, ha ormai perfezionato le rispettive maschere. Lui è il leggero, lei la seria, lui ride e lei sorride. Sono il poliziotto buono e quello cattivo, il bidello che non ti fa pagare la merenda e la prof che ti interroga a tradimento per due giorni di fila, l’infermiere che ti porta la mela cotta e quella che ti sveglia alle cinque con il clistere fumante. Tutto un gioco delle parti, ovvio. Che Conti si muovesse sul palco dell’Ariston come nel tinello della su’ casa, lo si sapeva; lei ormai ha preso le misure e ci sta pure prendendo gusto. Si concentra più sui casi umani, com’è logico. Però non è vero che ha valletizzato Conti: anzi, è molto attenta a non cannibalizzare lo show.

 

Domani il verdetto degli ascolti, paradossalmente più problematici per la seconda serata che per la prima, perché non c’è più l’effetto sorpresa (neanche la partita di cartello, però). Nonostante le canzoni, si nutre fiducia. Come Facta.

LA STAMPA

 

 

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