Brexit, l’impegno di Gentiloni: “Un negoziato non distruttivo”
Il premier italiano è stato ricevuto al numero 10 di Downing Street. Il primo incontro con Theresa May era stato annullato per un malore di Gentiloni
Quando il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, appena iniziato il suo discorso, chiarisce che quello sulla Brexit «non sarà un negoziato semplice, ma dobbiamo affrontarlo in modo amichevole e costruttivo: nessuno ha interesse a un negoziato distruttivo», la premier britannica Theresa May, in piedi accanto a lui nella piccola sala stampa del mitico 10 di Downing Street, accenna un sorriso di approvazione: «Usciamo dall’Unione europea, non dall’Europa», ha appena finito di dire.
È la prima visita ufficiale del nuovo inquilino di Palazzo Chigi alla premier conservatrice che sta gestendo la delicata partita della Brexit: in programma un mese fa, venne rinviata per il malore e il ricovero in ospedale di Gentiloni. Ieri, in una Londra grigia sferzata da un vento gelido, nelle stanze ovattate della sede del governo, i due riallacciano i fili di una collaborazione antica («Daremo vita a incontri periodici», garantisce la May) e guardano avanti:
alla gestione dell’abbandono della Ue da parte del Regno Unito – «una decisione che non ci ha riempito di gioia», sospira Gentiloni, ma che va accettata, visto che ieri l’altro ha fatto un altro passo avanti con il voto della Camera dei Comuni – e soprattutto, sottolinea il premier italiano, al futuro della Unione europea, «non un microbo, è la più grande potenza commerciale del mondo», che deve essere capace di ripensarsi, magari sposando l’ipotesi avanzata dalla Merkel di un’Europa a due velocità, perché «è un’idea molto ragionevole che nell’ambito della Ue possano esserci livelli di integrazione diversi».
Con un’Italia che, in questo contesto, ha un ruolo di «interlocutore serio e stabile», chiarisce: «Siamo impegnati in un percorso di continuità e stabilità nel percorso delle riforme», dice, ricordando di guidare un esecutivo «nella pienezza dei poteri» che ha la «fiducia del Parlamento», una sottolineatura che fa pensare a qualcuno possa trattarsi di un messaggio in codice al segretario Renzi, qualcosa come dire che il suo orizzonte di governo è la fine della legislatura nel 2018. «Orizzonte de che…», liquida lui l’ipotesi con una battuta in romanesco, andandosene.
«Sono riluttante verso chi si lamenta troppo di Bruxelles», dice in un’altra prima volta: il primo discorso pubblico in Inghilterra di un premier italiano dopo il referendum sulla Brexit. Lo dice alla platea della London School of Economics: tanti ragazzi, ma in prima fila anche il finanziere amico di Renzi Davide Serra, il manager Vittorio Colao, il creatore del gioco Candy Crush Riccardo Zacconi. Bruxelles che non va semplicemente criticata («i populisti sono maestri dell’illusione» che non si curano «di conoscere la causa delle cose»), ma a cui va chiesto uno scatto su sicurezza e difesa, per interpretare Brexit e l’arrivo di Trump come «una sveglia» e capire «che l’austerity non è l’unico parametro, e sono fiducioso che ci sia vicino», per lavorare a una politica migratoria comune. «Gli sbarchi non sono un problema solo dell’Italia», predica la May, «continueremo a lavorare insieme su questo e anche nella coalizione anti Isis», garantisce.
Sullo sfondo, i grandi temi internazionali: Trump che porta avanti una politica «che la Gran Bretagna non adotterebbe», ammette la May che pure è stata la prima interlocutrice europea del presidente americano, e su cui Gentiloni resta cauto, «vedremo, ho sempre cercato di vedere il lato ottimistico delle cose», ma anche il presidente russo Putin che, scandisce chiaramente Gentiloni, «rubando» una domanda che era stata posta alla May, non sarà invitato al G7 di Taormina. La sua presenza è «al momento» una ipotesi «non realistica».