Italicum, le motivazioni della Consulta: «Maggioranze omogenee per Camera e Senato»

ROMA E adesso tocca al Parlamento. La legge elettorale chiamata «Italicum» è stata decapitata, tagliando via il ballottaggio e la possibilità dei capilista eletti in più collegi di sceglierne uno a propria discrezione, così decidendo la nomina di altri deputati. Ma modificare ciò che resta — un sistema che grazie alle norme sopravvissute diventa proporzionale quasi puro se nessun partito conquista il premio di maggioranza al primo turno, e con il sorteggio del collegio per i candidati plurieletti —, spetta al legislatore. Dunque alle forze politiche.

Cento pagine

La Corte costituzionale lo scrive chiaramente nelle cento pagine di motivazione della sentenza con cui il 25 gennaio ha cancellato due pezzi portanti della legge elettorale voluta dal governo Renzi, depositate ieri sera dopo l’approvazione dei tredici giudici arrivata nel primo pomeriggio. Nelle quali è scritto che regole diverse per eleggere deputati e senatori sono ben possibili, ma la Costituzione «esige che, al fine di non compromettere il corretto funzionamento della forma di governo parlamentare, i sistemi adottati, pur se differenti, non devono ostacolare, all’esito delle elezioni, la formazione di maggioranze parlamentari omogenee».

Distorsioni eccessive

Il ballottaggio (nel quale il partito arrivato primo avrebbe preso la maggioranza assoluta dei seggi a Montecitorio, senza quorum di partecipazione né soglia minima da raggiungere) è incostituzionale. Perché «una lista può accedervi anche avendo conseguito, al primo turno, un consenso esiguo e ciononostante ottenere il premio, vedendo più che raddoppiati i seggi che avrebbe conseguito sulla base dei voti ottenuti al primo turno». Una distorsione che viola il principio di uguaglianza attraverso «una sproporzionata divaricazione» tra la composizione della Camera «e la volontà dei cittadini espressa con il voto, principale strumento di manifestazione della sovranità popolare».

Secondo turno possibile

Il secondo turno non è di per sé illegittimo, a patto di scriverlo bene, e nel rispetto del principio di rappresentanza. «Ma non potrebbe essere questa Corte — scrivono i giudici — a modificare, tramite interventi manipolativi o additivi, le concrete modalità attraverso le quali il premio viene assegnato all’esito del ballottaggio. Ciò spetta all’ampia discrezionalità del legislatore al quale il giudice costituzionale, nel rigoroso rispetto dei propri limiti d’intervento, non può sostituirsi».

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Capilista bloccati

Anche la scelta discrezionale dei capilista eletti in più collegi trasgredisce la legge fondamentale della Repubblica, poiché «l’opzione arbitraria affida irragionevolmente alla sua decisione il destino del voto di preferenza espresso dall’elettore, determinando una distorsione del suo esito». In altri termini, denuncia la Corte, l’Italicum attribuiva «al capolista bloccato, indirettamente, un improprio potere di designazione del rappresentante di un dato collegio elettorale, secondo una logica idonea a condizionare l’effetto utile dei voti di preferenza espressi dagli elettori».

I rimedi

Norma incostituzionale, dunque. I rimedi possono essere diversi, ma ancora una volta non può essere la Consulta a sceglierne uno. Con il taglio netto della scelta discrezionale, unica operazione consentita alla Corte, torna a vivere l’antico criterio del sorteggio indicato come criterio residuale dalla legge del 1957. Ma è solo «una normativa di risulta immediatamente applicabile all’esito della pronuncia, idonea a garantire il rinnovo, in ogni momento, dell’organo costituzionale elettivo». Quindi a rendere possibile lo scioglimento delle Camere e le elezioni anticipate anche domani. Tuttavia, in questo caso, l’appello a intervenire rivolto dalla Corte al Parlamento suona ancora più esplicito: «Appartiene con evidenza alla responsabilità del legislatore sostituire tale criterio con altra più adeguata regola, rispettosa della volontà degli elettori».

Premio legittimo

Il premio di maggioranza al primo al primo turno è invece legittimo perché subordinato a «una soglia di sbarramento non irragionevolmente elevata (40 per cento di voti, per ottenere il 55 per cento dei seggi, ndr), che non determina, di per sé una sproporzionata distorsione della rappresentatività dell’organo elettivo». Anche perché «se il premio ha lo scopo di assicurare l’esistenza di una maggioranza, una ragionevole soglia di sbarramento può a sua volta contribuire allo scopo di non ostacolarne la formazione».

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