Sabrina Ferilli: Roma un disastro e Milano no? Certo, è quanto l’Eur

(Foto Alessandro Dobici)

Il papà era un funzionario del Partito comunista italiano: «Quello vero! Quello che c’aveva un senso — avverte subito Sabrina Ferilli —. Quelli di adesso sembrano le maschere di Pulcinella. Non li riconosco più! Se so’ dimenticati la matrice». La mamma voleva fare la maestra: «Però si è sposata giovanissima e ha fatto la mamma a tempo pieno». È nata a Roma, ma è cresciuta a Fiano Romano: «La passione del cinema mi è venuta frequentando quello piccoletto che c’era in paese: erano i tempi dei film in bianco e nero e da noi arrivavano solo quelli di Totò, della Magnani… sono cresciuta con loro, li considero un po’ i miei babysitter». E infatti molto spesso la Ferilli è stata definita come una nuova Anna Magnani: «Per carità! Non facciamo paragoni che non esistono. La Magnani è stata unica, un esempio, ma i paragoni non reggono e ti tarpano le ali.

Per questo ho sempre rifiutato di interpretare dei remake di suoi film, che spesso mi hanno proposto. Mi posso riconoscere nella sua romanità, in una certa drammaticità, malinconia… Per il resto tra Nannarella e me c’è un mondo: la guerra, la fame, e poi tanti grandi registi che non ci sono più». Per fare l’attrice ha contato l’aspetto fisico? «Non ero, non mi sentivo assolutamente bella, anzi, ero tutto tranne che bella… Certamente mi sono sempre sentita libera nelle mie decisioni. La mia famiglia non mi ha mai costretto, né indirizzato. Ho fatto il liceo classico, poi ho studiato per un paio d’anni all’università logopedia: una materia interessante, che mi è servita in seguito…».

Fuori dal cilindro

Lascia l’università e si iscrive al Centro sperimentale di cinematografia: «L’ho frequentato per un anno e poi l’Accademia d’Arte drammatica. Ma chi mi ha tirato fuori dal cilindro è stato Marco Ferreri con il film “Diario di un vizio”». Il successo lo raggiunge con «La bella vita» di Paolo Virzì: «Marco e Paolo sono stati miei punti di riferimento. E proprio con Virzì, qualche anno dopo, ho compiuto un cambio di registro». Si riferisce a «Tutta la vita davanti»? «Per la prima volta, dopo tante commedie dove incarnavo un’icona di bontà, facevo la cattiva, una cattiva vera. Una che va fuori di testa». Un’attrice, ma soprattutto una «pasionaria»: quell’impegno politico del padre le è rimasto dentro nelle tante iniziative civili di cui si è spesso fatta promotrice. La più recente, quella a favore del No nel referendum sulle modifiche alla Costituzione: «Sono fiera di essermi spesa e del risultato ottenuto. Così come la battaglia per il riconoscimento delle coppie di fatto. Certo – aggiunge l’attrice – ho ricevuto molti attacchi, e tanti amici mi dicono ma chi te lo fa fare: sono circondata da cecchini che, appena mi espongo, sparano». E poi il referendum a favore della fecondazione assistita: «Io non la farei, ma capisco la necessità di certe coppie, il desiderio di avere figli». Condivide anche l’utero in affitto? «È una pratica strana, ma dove c’è vita, dove nasce un bambino avviene qualcosa di bello e non posso essere contro. Io di figli non ne ho avuti, non sono venuti ma non li ho nemmeno cercati e non mi mancano. Non ritengo necessario un figlio per la propria realizzazione. L’importante, più che i figli, è la coppia che deve funzionare bene».

Rapporti malati

A volte funziona male e può sfociare anche in tragedia: «Il femminicidio? Scaturisce dal profondo disagio sociale in cui viviamo e dalla mancanza dei famosi ideali che non esistono più nemmeno in famiglia. È fondamentale convincere le donne a denunciare certi rapporti malati, prima che si arrivi alle estreme conseguenze». Un’attrice, sì, e anche una militante irriducibile: «Di vecchio stampo! – aggiunge – Quante ne ho viste! E siccome non sono ancora tanto in là con l’età, chissà quante ne vedrò ancora». Però Sabrina non ha mai voluto scendere in politica personalmente: perché? «Non c’ho mai pensato. È un altro mestiere per il quale occorre impegnarsi, non è un giochetto, è una cosa che ritengo ancora molto seria e merita rispetto. Io di mestiere ne faccio un altro, non posso improvvisarmi». E riguardo alla sindaca Virginia Raggi, commenta: «Io l’ho votata con la speranza che nella mia città accadesse qualcosa di diverso: la pulizia morale, l’attenzione per la sua bellezza, la sua cultura, contro il monopolio di chi l’ha governata in passato e s’è magnato tutto, lasciandola come sta adesso. Il problema è che la sindaca non l’hanno mai fatta lavora’ in pace! Tutte le volte che ha formato una squadra, le hanno arrestato qualcuno. Si dice che Roma è un disastro e Milano è eccezionale. Te credo! – si ribella Sabrina – Milano è grossa quanto un quartiere della Capitale, è come l’Eur! E poi a Roma c’è il Papa, la politica, i ministeri, le tv… Non basta tutto questo a ingolfarla a sufficienza?». Una «romanista» convinta anche in campo di calcio. Si ricorda ancora la sua passerella in bikini nel 2001 al Circo Massimo per la vincita dello scudetto della squadra di Totti: «Eh certo! E spero proprio che si faccia il nuovo stadio! Sarebbe un’altra bella soddisfazione».

Niente traguardi

A proposito di soddisfazioni: quelle più grandi nella carriera d’attrice? «Tante, come quella di recitare al Teatro Sistina per il grande Pietro Garinei. Ma non mi sono mai posta dei traguardi, possono nascondere trappole. Credo in certi progetti». Ora è protagonista di un nuovo film, in uscita il 2 marzo, «Omicidio all’italiana» di Maccio Capatonda, dove interpreta un ruolo particolare: «Una giornalista, star televisiva di una rete locale in un paesino dell’Abruzzo, che conduce la rubrica “Chi l’ha acciso”. È una talmente determinata a fare audience che, quando avviene un omicidio in paese, non le interessa il dramma dei parenti coinvolti, pensa solo a spettacolarizzare il loro dolore. È un film cinico e sarcastico». Ma di dolori privati, Sabrina, ne ha avuti? «Certo, tanti, le disgrazie ci rendono tutti uguali: la vita è una livella, diceva il grande Totò».

CORRIERE.IT

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