Renzi lancia la corsa nel Pd verso il congresso lampo. Dimissioni sabato prossimo

francesca schianchi
roma

Oggi «il segretario dirà in modo chiaro la prospettiva che intende proporre al partito e al Paese. Dalla proposta che verrà avanzata ognuno, mi auguro, assumerà responsabilmente una posizione chiara». A metà pomeriggio è il solitamente pacato vicesegretario del Pd, Lorenzo Guerini, a cercare energicamente di riportare ordine in un partito in fermento, alla vigilia della Direzione-fine del mondo in programma per oggi pomeriggio. Circa cinquecento presenze previste – invitati anche parlamentari e segretari provinciali e regionali – tanto da costringere a spostarsi dalla sede del partito a qualche centinaia di metri più in là, in un più capiente centro congressi; minoranza al completo (in forse solo la presenza di D’Alema, in arrivo dal Sudafrica all’alba di stamani) per assistere all’atteso discorso del segretario Matteo Renzi e, da quello, capire il futuro del partito e della legislatura.

 Fino a ieri mattina, il leader era convinto di rassegnare le dimissioni già nell’appuntamento di oggi, per correre al congresso anticipato al più presto, sempre con l’obiettivo del voto a giugno. Un’accelerazione voluta per tentare di riprendersi il partito attraverso la chiamata alle urne degli iscritti. «Nel pomeriggio però abbiamo avuto segnali che, forse, potrebbe rallentare e aspettare a dimettersi», confidavano ieri pomeriggio nella minoranza.

Fatto sapere a giornali e agenzie che quel che ha da dire lo dirà oggi in streaming, Renzi ha cominciato a inviare un po’ di sms in giro: «Che ne dici, cosa pensi dovremmo fare?», hanno ricevuto richieste di consiglio vari esponenti del partito.

 

In realtà, più che di un rallentamento si tratta di un rinvio a regola di Statuto, secondo cui le dimissioni vanno rassegnate davanti all’Assemblea nazionale: il segretario potrebbe quindi oggi prendere la parola, fare un discorso sul partito e sul Paese, e poi annunciare le dimissioni posticipandole però alla sede più opportuna, l’Assemblea nazionale da convocare sabato 18. Una traccia del percorso scelto la si trova nella lettera – di cui la Stampa è entrata in possesso – che il segretario invierà oggi agli iscritti dopo la Direzione. Un testo in cui si deplora una discussione interna al partito «totalmente incardinata sulle polemiche, sulle accuse, sulle divisioni». E si annuncia l’intenzione di «rimetterci in cammino, senza perdere altro tempo».

 

Dopo una puntuale rivendicazione delle cose fatte dal suo governo, Renzi aggiunge: «Molto ancora c’è da fare, e per farlo abbiamo bisogno di due cose: un grande coinvolgimento popolare e una leadership legittimata da un passaggio popolare». Ma soprattutto, «abbiamo bisogno che chi perde un congresso o le primarie il giorno dopo rispetti l’esito del voto». Infine si annuncia un confronto congressuale «nel pieno rispetto dello Statuto e proponendo le stesse regole del passato». Nessun blitz, dunque. Da Nazareno filtra che «la data del Congresso non è collegata al voto anticipato, una circostanza che dipende invece dalla legge elettorale e dalle scelte del governo».

 

In queste ore convulse, tanti sono stati i colloqui, anche con big della maggioranza che hanno cercato di convincerlo a evitare passi che porterebbero a una rottura: in caso di precipitazione verso un congresso lampo e eventuale scissione, anche un personaggio come Andrea Orlando potrebbe essere tentato di lasciare. Mentre Dario Franceschini, che pure resterebbe con lui, ha confidato di temere toni troppo grillini che renderebbero difficile sostenerlo. Per preparare le sue truppe alla battaglia, ieri si vociferava di un arrivo di Renzi già in serata a Roma e di una riunione con alcuni fedelissimi.

 

Alle richieste di «segreteria di garanzia» di Rossi prova a rispondere Guerini: «Se persino uno mite e calmo come me arriva a dire “finiamola con le polemiche inutili”, significa che si è superato il livello di guardia». L’appuntamento per chiarirsi è per oggi pomeriggio.
LA STAMPA

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