Un anno senza Umberto Eco, gli omaggi che probabilmente lui non avrebbe voluto

razioni, addirittura con nuove edizioni che arrivano in libreria

Umberto Eco (nato ad Alessandria il 5 gennaio del 1932 e morto a Milano il 19 febbraio dell’anno scorso) fotografato da Federica Castellana davanti a un piatto dell’adorata farinata di Savino, la tradizionale «bellecalda» di Alessandria come fece quando inaugurò la Biblioteca civica restaurata della sua città

valentina frezzato

Un anno fa, oggi, moriva Umberto Eco. A dare la notizia fu la famiglia e subito, da tutto il mondo, l’annuncio: «La cultura è in lutto». Grave perdita quella dello scrittore nato ad Alessandria 84 anni prima, autore di numerosi saggi di semiotica, estetica medievale, linguistica e filosofia, oltre che di romanzi tradotti (e letti) in decine di lingue. E la cultura è in lutto tutt’ora e vuole ricordare la grande figura di Eco con omaggi che probabilmente lui non avrebbe voluto.

 La sua volontà – «Non organizzate convegni su di me per dieci anni» – è stata in parte ignorata: a un anno dalla morte, il 19 febbraio, studiosi e colleghi hanno voglia di ricordarlo. E lo faranno con giornate speciali, commemorazioni, addirittura con nuove edizioni che arrivano in libreria.

 

 

Alessandria, la sua città (dove si discute se intitolargli il liceo dove ha studiato), l’ha celebrato domenica scorsa con delle letture tratte da suoi testi, organizzate nella biblioteca che proprio lui aveva inaugurato, dieci anni fa. Sempre lì, in piazza Vittorio Veneto, fino a oggi si potrà visitare la mostra dei disegni nati dalla penna stilografica di Umberto Eco studente del liceo classico Plana, conservati nell’archivio personale di Mario Garavelli (compagno di scuola di Alessandria e nel Collegio Universitario di Torino). E ci sono pure i disegni di Tullio Pericoli (nella foto sotto) che lo ritraggono, conservati e visibili fino al 23 al primo piano.

 

Per La nave di Teseo (la casa editrice che ha fondato) è appena uscito «Non sperate di liberarvi dei libri», il profetico e attualissimo manifesto scritto con Jean Claude Carriere e dedicato alla lettura; e sempre La nave inaugura la nuova collana di tascabili di gran formato, «I Delfini best seller». Non è finita: Morcelliana pubblica il piccolo volume «Con l’aria di scherzare. Ritratti» dedicato a Eco e al suo amico teologo e biblista Paolo De Benedetti (a cui è ispirata la figura del redattore esperto di giudaismo ne «Il pendolo di Foucault»). Eco anche in tv: Rai Cultura ha dedicato all’autore lo speciale «L’Alter Eco. Umberto, lo storico delle idee» di Giovanni Paolo Fontana, andato in onda il 14 febbraio. A Parigi il 30 marzo, ci sarà un ricordo alla Sorbona, poi delle letture all’Institut Culturel Italien con Paolo Fabbri, Jean-Jacques Annaud, Jean-Claude Fasquelle, Danco Singer, Mario Andreose, Jean-Noël Schifano.

 

 

Nel frattempo, continua la discussione sull’intitolazione a Eco della scuola che ha frequentato: via lettera, telefono e email, in queste settimane in redazione a La Stampa di Alessandria, sono arrivate tante voci di lettori e innumerevoli opinioni, discordanti e da stretta di mano, contrarie o risolutamente favorevoli. C’è chi ha proposto «di intitolargli la biblioteca» (molti), chi ovviamente il Plana, chi di dare il suo nome «a un bel niente, per rispettare la sua volontà». Chiamati a esprimersi sull’opportunità di dedicare a Eco la sua ex scuola, gli alessandrini non si sono certo tirati indietro. Anche se proprio lui, il «professore», nel testamento era stato, forse ironicamente, chiaro: «Non organizzate convegni su di me per dieci anni».

 

Sulle intitolazioni, invece, si era schierato dalle pagine de L’Espresso in una sagace uscita de «La bustina di Minerva» del 5 settembre 2008: «C’è da considerare, almeno per rispetto a persone defunte, che intitolare a qualcuno una strada è il modo più facile per condannarlo alla pubblica dimenticanza e a un fragoroso anonimato. Tranne rari casi, come Garibaldi o Cavour, nessuno sa chi sono i personaggi a cui è stata intitolata una piazza o un viale – e se una volta lo si sapeva, il personaggio ha finito per diventare nella memoria collettiva una via e basta. Nella mia città natale sono passato migliaia di volte per via Schiavina senza mai chiedermi chi fosse costui (lo so ora, era un annalista ottocentesco), per via Chenna (so chi era perché ho a casa la sua opera sui vescovadi di Alessandria, 1785), per non dire di Lorenzo Burgonzio (apprendo solo ora su internet che era l’autore di un “Le notizie istoriche in onore di Maria Santissima della Salve”, Vimercati Editore, 1738)».

 

Alessandria non vuole dedicargli una via ma il liceo classico che ha frequentato. E su questo Eco non si era espresso. Mentre il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, proprio a una via sta pensando: «Milano gli deve molto, dobbiamo trovare il modo di manifestare la nostra riconoscenza alla sua memoria. Come è noto, la legge prevede che siano trascorsi dieci anni dalla scomparsa per poter dedicare una via alla memoria di un defunto. Delle eccezioni possono però essere fatte. Mi impegno a verificare se, nel caso di Umberto Eco, si possa arrivare a una soluzione a breve termine».

 

 

Chissà se Sala ha letto la continuazione di quella «Bustina»: «New York sopravvive benissimo con strade che hanno solo dei numeri, il che non è tanto diverso da quando a Milano si battezzava una strada via Larga. E ci sono nelle cento città d’Italia bellissime salite del Grillo, vie dell’Orso o della Spiga, vie del Colle, e si potrebbero aggiungere via dei Tigli (in fondo ce n’è una anche a Berlino), via degli Ontani, e via botanizzando».

LA STAMPA

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