E Berlusconi (a cena con Emiliano) si informa sulla rottura tra i dem

Perciò la scorsa settimana ha accolto l’invito ad incontrare riservatamente Emiliano: appuntamento a cena in un’abitazione romana, quattro coperti a tavola padroni di casa compresi. Il Cavaliere desiderava sapere se il Pd si stava davvero avviando alla scissione, ed era parso sollevato dalle parole dell’interlocutore, che aveva garantito sulla tenuta del proprio partito: «E comunque io non me ne andrò mai», aveva detto lapidario Emiliano.

Ma si sa, in politica le cose possono evolvere rapidamente. Lo testimonia il fatto che ieri il governatore pugliese sia apparso sul palco di un teatro romano in compagnia dei «diversamente democratici». Ciò non significa che il pronostico fatto a cena sia già stato smentito dagli eventi, viste le trattative ancora in corso. E soprattutto non è detto che Emiliano finisca per smentire se stesso, impegnato com’è nel cercare un compromesso. Perché un conto è la posizione di D’Alema, che da tempo teorizzava e praticava la rottura, così da indebolire il leader del Pd e garantire alla «ditta» un ruolo che nel partito aveva ormai perso. Altra cosa è la scelta di quanti provengono da una diversa tradizione.

Le dichiarazioni di Emiliano e del lettiano Boccia segnalano come la scissione per alcuni sia un passaggio drammatico, lo si intuiva alla convention dei «diversamente democratici». Il loro disagio non era limitato alle scelte iconografiche e musicali (i pugni chiusi e Bandiera Rossa); né poteva essere ridotto a una questione di lessico politico e armamentario ideologico (la critica al capitalismo, la condanna delle spese militari a danno della sanità, la scelta delle tute blu invece del maglioncino di Marchionne). Il problema è la prospettiva, il rischio che di qui a breve si possa scatenare la bagarre sulla leadership, il timore che la «ditta» lavori comunque e solo per la «ditta».

In ogni caso, di quel colloquio a cena Berlusconi ricorda gli attestati di stima e simpatia del suo interlocutore, «già fatti in pubblico e in tempi non sospetti, presidente». «Lo so, non l’ho dimenticato», aveva risposto il Cavaliere ad Emiliano: «Altri invece mi hanno deluso profondamente». E giù una tiritera contro Renzi. Se i rapporti personali con il leader del Pd sono «irrimediabilmente compromessi», come rivela un autorevole esponente democrat del governo, è altrettanto vero che — nella prospettiva delle larghe intese — il Cavaliere sa farsi concavo e convesso all’occorrenza. Perciò attenderà di capire come finirà la sfida nel Pd e con chi in futuro dovrà confrontarsi.

In fondo Berlusconi ha coltivato rapporti con tutti a sinistra durante il suo ventennio, e in tutti ha fatto maturare un pizzico di berlusconismo. D’Alema, per esempio, storico cultore del partitismo, ora dice ciò che da sempre sostiene il Cavaliere: «Noi non saremo un partito, saremo un movimento», ha annunciato presentando la futura piattaforma anti-renziana. Proprio ciò che il leader azzurro ripete ossessivamente ai suoi dirigenti: «Non definite mai Forza Italia un partito ma un movimento». I sondaggi lo consigliano: il termine «partito» sta in coda agli indici di gradimento…

Che sia Renzi (obtorto collo), che sia Emiliano (a cui accredita un futuro), che sia Gentiloni (a cui ha fatto pervenire gli auguri), Berlusconi in ogni caso è pronto a dialogare, «nell’interesse del Paese». Ma l’eventuale scissione gli creerebbe più di un problema. Uno è di prospettiva, ed è stato sollevato dal capogruppo forzista Romani, secondo il quale — in caso di scissione — Renzi potrebbe spostare il posizionamento del Pd «al centro», finendo per sovrapporsi a Forza Italia ed entrando in competizione per lo stesso elettorato.

L’altro problema è legato invece alla contingenza, riguarda la tenuta dell’esecutivo e dunque della legislatura. Il Cavaliere, a cui non mancano mai informazioni di prima mano dal Pd, è giunta voce di un Gentiloni sinceramente preoccupato dall’eventuale rottura del partito, che «danneggerebbe il governo» perché renderebbe «molto più faticoso il nostro lavoro in Parlamento». Da tempo c’è una rete di protezione azzurra alle Camere, volta a evitare l’irreparabile. Si vedrà se e come rafforzarla. Intanto si aspetta l’esito dell’assemblea pd. A Berlusconi hanno spiegato che oggi potrebbe non essere il giorno decisivo: la dead line per la scissione sarebbe fissata a martedì, quando si terrà la direzione che dovrà nominare la commissione per il congresso. Problemi statutari che il Cavaliere non ha mai avuto.

CORRIERE.IT

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