“Avanti popolo alla riscossa”. Renzi prigioniero
«Avanti popolo alla riscossa, bandiera rossa la trionferà». L’inno del comunismo italiano è risuonato nella sala dove ieri gli scissionisti del Pd si sono dati appuntamento per mettere a punto l’assalto di oggi a Matteo Renzi.
Ci sono tutti: da D’Alema a Bersani, da Speranza ad Emiliano, passando per Epifani. È la nuova brigata partigiana che ha fatto prigioniero Matteo Renzi che, comunque vada, da oggi non è più un uomo e un politico libero.
«Avanti popolo», cantano i congiurati, anche se loro il popolo l’hanno perso da mo’ e la classe operaia che un tempo lo intonava non esiste più: Vendola ha sborsato centinaia di migliaia di euro per comprare l’utero di una donna in miseria economica e morale, altro che Trump; la Boldrini vive tra arazzi e lussi mantenuta alla grande manco fosse Melania. Ma quali comunisti, questi di «rosso» calpestano solo le passatoie dei palazzi che frequentano, omaggiati e riveriti, dai quali Renzi voleva sbatterli fuori a calci nel sedere.
Affari loro. Quello che ci interessa è quello che succederà dopo. Una scissione del «partito unico della sinistra» dovrebbe accelerare una nuova legge elettorale tendente al proporzionale: ognuno alle urne per sé e poi si vede. In molti sostengono: è un passo indietro, un ritorno al passato. C’è del vero, ma non sempre i mali vengono per nuocere. Penso che la vera sfida sia quella di riportare alle urne almeno una parte di quel cinquanta per cento di italiani che pensa di non avere buoni motivi per farlo. Il maggioritario ha provocato infatti anche tanta confusione. Il Pd è Renzi o Bersani? Il centrodestra è Berlusconi o Salvini? Nel dubbio, probabilmente, in molti hanno mollato il colpo o si sono rifugiati in Grillo, che sarà quel che sarà, ma almeno si sa cos’è.
Una legge elettorale potrebbe riportare identità, e quindi chiarezza: Berlusconi è Berlusconi, Salvini è Salvini, Renzi è Renzi e Bersani è Bersani. La gente scelga, il resto seguirà, come in molte democrazie, in base a convergenze su programmi di governo. Sono curioso di vedere con chi potrebbero farne quelli che ieri cantavano «Bandiera rossa», la canzone degli sconfitti dalla storia.
IL GIORNALE