Pd: fra congresso e scissione cosa succede adesso. Renzi punta alle primarie il 9 aprile
Matteo Renzi ha formalizzato le sue dimissioni da segretario Pd, dando avvio al conto alla rovescia per il congresso dem che – da statuto – dovrà concludersi entro quattro mesi da oggi. Prima quindi delle elezioni amministrative di giugno e in tempo per un eventuale voto a settembre.
48 ORE PER DECIDERE LA SCISSIONE
Si sono dati un limite ultimo, Michele Emiliano, Enrico Rossi e Roberto Speranza. Ancora 48 ore per appurare se Matteo Renzi sia disposto a fare «una mossa politica vera» per scongiurare la scissione. Poco più di un atto formale. Se così non sarà, si tireranno fuori dal percorso congressuale. E quello sarà il segnale: via all’uscita dai gruppi parlamentari e alla costituente di un nuovo partito della sinistra.
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CONVOCAZIONE DELLA DIREZIONE
«Terminano i lavori dell’assemblea ed è indetto il congresso» ha annunciato a chiusura dell’assemblea il presidente del Pd, Matteo Orfini, che in questa fase sarà il reggente del partito. Convocherà per martedì la direzione.
IL CONFRONTO NEI CIRCOLI
All’ordine del giorno della direzione del Pd la nomina della commissione. Verranno decise le regole base a garanzia di tutti i candidati e poi inizierà il confronto nei circoli tra gli iscritti.
CANDIDATURE
Solo in una seconda fase si procederà alla presentazione delle candidature. Quali saranno gli sfidanti di Renzi è ancora tutto da vedere, con Roberto Speranza ed Enrico Rossi che sembrano intenzionati a condurre la loro lotta al “renzismo” fuori dal partito. Anche senza la minoranza, il congresso si farà comunque. Si guarda alle mosse di Andrea Orlando che nel suo intervento ha tentato un’ultima mediazione attaccando i «tifosi» di entrambi i fronti. E tra i renziani si scommette anche sulla candidatura di Cesare Damiano, che nel suo intervento ha detto che non si iscrive «al monocolore di Renzi» ma darà «battaglia aperta, dialettica» dentro il Pd.
RENZI AL LINGOTTO IL 10 E 11 MARZO
Il leader dem ha già in mente la sua cavalcata che comincerà da dove è cominciata la storia del Pd: al Lingotto di Torino il 10 e 11 marzo. Poi una campagna in giro per l’Italia per dimostrare, sono certi i fedelissimi, che sui territori la scissione è limitata. Anche perché, avvertono, «in vista delle amministrative siamo noi gli unici a poter dare il simbolo a chi si vuole candidare», chi esce dal partito dovrà correre sotto altre insegne.
L’OBIETTIVO DI RENZI: PRIMARIE DEL PD IL 9 APRILE
Renzi guarda dunque avanti, convinto che non ci sia più tempo da perdere: a questo punto, senza la minoranza, il congresso può chiudersi con le primarie il 9 aprile per buttarsi poi, con una nuova legittimazione, nella campagna per le amministrative.
ESCLUSE ELEZIONI POLITICHE A GIUGNO
Su un tema Renzi avrebbe dato garanzie a tutte le componenti del partito: la finestra di giugno per le elezioni politiche resta esclusa. I tempi ci sarebbero pure ma, spiegano dalla maggioranza, al netto della necessità di mettere mano alla riforma elettorale, ancora in alto mare in Parlamento, l’ex premier, fresco di conferma alla guida del Pd, non ha fretta. Settembre, invece, resta una possibilità ma, dicono ai vertici del partito è ancora presto per decidere.
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