Emiliano e il Pd: «Renzi anaffettivo Ma a chi sta uscendo manca tutto: tesi, strutture, nome»

Michele Emiliano (Ansa)

«Rimango nel Pd perché Renzi era felice che me andassi – dice Michele Emiliano al Corriere – . Alle primarie posso batterlo anche con i voti degli scissionisti. E riunificherò il partito. D’Alema? L’Italia ha bisogno di una sinistra forte, non di una presenza di testimonianza. Renzi? È anaffettivo. Ma agli scissionisti manca tutto: struttura, tesi e persino il nome».Emiliano resta e frega D’Alema.
«D’Alema non mi ha mai chiesto di lasciare il Pd. Spero che restino tutti: Rossi, Speranza, pure Bersani e D’Alema».Ma quando mai?
«L’Italia ha bisogno di una sinistra forte. Non di una presenza di testimonianza».

 I sondaggi danno agli scissionisti il 10%.

«Mi pare un po’ tanto…Non mi sembrano pronti. Mancano tesi, strutture, organizzazione. Financo un nome».

Per questo ha deciso di rimanere?
«No. Rimango perché ho visto che Renzi era felice che me ne andassi. Allora mi sono detto che stavo sbagliando tutto. Il campo di battaglia è il Pd».

E con una giravolta ha spiazzato i suoi compagni di avventura.
«Io sono sempre stato leale. Quando mi sono avvicinato a Bersani e agli altri non ho mai parlato di scissione, ma di opposizione a Renzi. Sono loro che mi hanno spiegato che con Renzi non potevano più convivere».

E perché?
«Perché alza la voce, urla. Li maltratta. Al che mi sono detto: sei un vecchio magistrato di frontiera, ne hai viste di ogni, non ti lascerai certo intimidire. Ma devo riconoscere che avevano ragione loro: Renzi non solo aggredisce, è pure anaffettivo. Napoleonico. La differenza con lui è quasi antropologica».

E della scissione avete parlato, eccome.
«Sì, ma come soluzione estrema. Io non ho promesso nulla. Mi sono preso 48 ore per riflettere. Poi con Speranza e Rossi ho parlato chiaro: lasciare il Pd nelle mani di Renzi come un regalo sarebbe un errore storico; se vogliamo cambiare il Paese dobbiamo avere un partito di una certa dimensione, capace di fare massa critica».

E loro?
«Stanno soffrendo. Spero che rimangano e mi appoggino. Cuperlo oggi ha parlato di primarie a luglio: può essere un buon compromesso».

Crede che Renzi lo accetterà?
«Temo di no. Ma anche se alcuni dirigenti lasceranno, alle primarie posso battere Renzi anche con i loro voti. E riunificherò il Partito democratico».

È sicuro di poter battere Renzi?
«Sono sicuro che lui avrebbe preferito un altro avversario».

Eppure dicono che sotto sotto vi siate messi d’accordo.
«Ma ha sentito il mio intervento in direzione? Ho citato don Milani e Che Guevara. A Renzi gliene ho dette di tutti i colori».

Appunto. Durezza verbale, intesa politica.
«Non colgo queste raffinatezze; quando io meno, meno. Mica l’ho fatto per Renzi. L’ho fatto per far dispetto a lui, e per far piacere alla nostra gente».

Dicono tutti così.
«Il mio numero di telefono è su Facebook. Ho ricevuto migliaia di messaggi: il 99% mi chiedeva di battermi dentro il Pd, non fuori».

Le si attribuiva anche un altro progetto: una Lega Sud, magari con de Magistris.
«Questo sì sarebbe un partito con un grosso potenziale: al Sud la gente quando vede le bandiere del Pd prende la croce come davanti ai vampiri. Sono esasperati, perché sentono di non contare nulla: non solo i disoccupati, anche gli imprenditori. Basta un embargo politico per gettarli sul lastrico».

Difende Putin?
«No. Ma noi abbiamo fatto un embargo per fregare i russi, e ci siamo fregati da soli. Ci sono aziende agricole che vanno in rovina».

Allora perché non la Lega Sud?
«Io sono un pezzo di Sud. Ma da quando avevo 25 anni ho sempre lavorato per la Repubblica. Le Leghe dividono il Paese. E poi sono un uomo di sinistra».

Però alla riunione degli scissionisti non ha cantato Bandiera Rossa.
«Io ho cantato decine di volte Bandiera Rossa, l’Internazionale, Bella Ciao, e mi commuovo quando lo faccio. Ma non si fonda un partito del terzo millennio riesumando un inno del ‘900».

D’Alema dice che con lei avrebbero avuto in lista pure i fascisti.
«Mio padre era missino, è vero. Era amico di Tatarella. Ma io ho votato comunista fin da ragazzo».

Ora finalmente si dimetterà dalla magistratura.
«Non è scritto da nessuna parte che ci si debba dimettere. Non l’ha fatto nessuno, tranne de Magistris e Di Pietro».

Come mai è andato a pranzo da Berlusconi?
«Questo non è vero».

Lo dice Berlusconi.
«L’ultima volta l’ho visto al Quirinale. Comunque sì, ho con lui un antico rapporto. Ogni tanto tramite la batteria del Viminale mi cerca, e ci parliamo».

È preoccupato per la rottura del Pd?
«Mi pare abbia abbastanza motivi di preoccupazione per il suo partito».

Grillo dice che i tassisti hanno ragione.
«I 5 Stelle non sono pronti a governare, e Roma lo dimostra. Ma i tassisti hanno perfettamente ragione».

Perché?
«Perché con un emendamento non concordato li si vuole mandare in rovina. Questo significa governare a “fregacompagno”. I tassisti hanno ragione a dire: volete ristrutturare il settore? Fatelo, però pagateci i mancati introiti, come ai cassintegrati. Su questo punto non sto con Grillo; sto con Trump».

Dopo Putin, Trump?
«A me piace papa Francesco, che ha mandato in Puglia i suoi tecnici a studiare la decarbonificazione per la salvezza dell’ambiente, del creato. Di Trump non condivido nulla, tranne una cosa: si governa per il popolo, per i cittadini. Non per gli stakeholder, per le lobby. Renzi ha dato troppa retta alle lobby, come sulla storia delle trivelle. E ora Gentiloni deve tappare il buco della finanziaria fatta per tentare invano di vincere il referendum».

Sicuro che Renzi sia anaffettivo?
«Vola sopra le cose e non si occupa delle persone. Ora, in un momento di sofferenza per migliaia di militanti, se n’è andato in California. Non è la prima volta: nel settembre 2015 mi lasciò come un salame ad aspettarlo alla Fiera del Levante, con la banda, le majorettes, i tricolori e tutto. Era andato a New York a vedere la finale degli Us Open di tennis».

Lei accusa Renzi di non averla mai ricevuta per parlare dell’Ilva. Renzi ribatte di essere venuto a Taranto tre volte. Chi ha ragione?
«Sa perché chiamano Renzi con quel soprannome che non voglio ripetere?».

Il Bomba?
«Non perché dica bugie; perché le spara grosse, con superficialità. Ha annunciato che avrebbe versato più di un miliardo di euro della famiglia Riva agli ospedali pugliesi; ma quella cifra non era acquisita, e infatti il giudice non ha omologato il patteggiamento. Come quando ha detto che avrebbe lasciato la politica in caso di sconfitta: una sciocchezza. Avrebbe fatto meglio a restare a Palazzo Chigi».

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