Così i guai del Pd fanno ridere l’Italia
Si era partiti con House of cards, siamo finiti a Quo vado? (a sinistra? Con Renzi? Con Speranza? Senza speranza?).
Bisogna arrendersi all’evidenza, le strategie sofisticate alla Frank Underwood non fanno per noi, col gioco delle tre carte del pugliese Emiliano (vado, resto, vado ma resto un po’, forse non resto, forse non vado) e il teatrino della scissione, l’assemblea Pd è precipitata in piena commedia all’italiana, semmai con rimandi allo spaghetti-western, dove al massimo vola qualche schiaffone nel saloon. Il primo Renzi aveva proposto proprio House of cards come materia di studio per una nuova scuola di partito («So che qualcuno si metterà le mani nei capelli ma imparare da un racconto è importante»), prima di essere smentito dallo stesso autore della serie tv americana, Michael Dobbs («È solo intrattenimento, non un manuale di istruzioni»). Il segretario Pd raccontò di aver abbandonato la serie alla seconda stagione («Va bene appassionarsi agli intrighi di potere, ma non esageriamo»). E in effetti l’assemblea Pd si è svolta in altro clima. Dagli intrighi della Casa Bianca, a Casa Cupiello.
Dopo due anni e mezzo di potere, poi le dimissioni e infine l’esondazione nel Pd di tutti i rancori a lungo covati contro l’ex premier, ci si aspettava un thriller con un finale drammatico, una resa dei conti sanguinosa. Invece lo spettacolo andato in scena somiglia più ad una commedia degli equivoci, il pathos si è perso subito nel macchiettismo dei protagonisti, coadiuvati da una sceneggiatura incomprensibile fatta di alchimie di correnti, tattiche precongressuali, furbate levantine. E infatti, in mancanza di un significato chiaro che vada oltre la lotta di potere personale tra i vari leader o aspiranti tali, la scissione del Pd alimenta una lettura in chiave comica, anche perché gli spunti non mancano e i personaggi si prestano alla parodia (guarda la gallery).
Emiliano è riuscito nell’impresa di rubare la scena a Renzi (che gli tiene il viso tra le mani, come Michael Corleone con Fredo, prima di farlo uccidere) e si afferma come il vero protagonista della telenovela grazie ai continui colpi di scena, anche nello spazio di pochi minuti, che ha saputo regalare alla vicenda. La fantasia della Rete si è concentrata infatti su di lui, evocando ad esempio l’omonimo messicano di Lo chiamavano Trinità, che cambia subito idea appena Bud Spencer gli infila una colt nelle narici («Emiliano non tradisce, gringo!», «Emiliano dice tutto, gringo!»). Sempre il governatore pugliese e la sua «terza via» diventa la terza risposta possibile in un interrogativo che ne prevederebbe due: «Sì, no. Oppure Emiliano». Sempre lui, sul trono di House of Cards. Ma leggermente diverso: Cap d’Cards.
This entry was posted on mercoledì, Febbraio 22nd, 2017 at 08:37 and is filed under Politica. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can skip to the end and leave a response. Pinging is currently not allowed.