Renzi: “Negli Usa cerco idee per battere i populismi e rilanciare la sinistra”

paolo mastrolilli
inviato a San Francisco

Sono passate da poco le otto, quando Matteo Renzi torna in albergo dalla sua corsa mattutina: 15 miglia sul lungomare di San Francisco, indossando il colore azzurro dell’Italia. Il cellulare è rovente e continua a squillare senza tregua, ma lui è «sereno e sorridente, lontano ottomila chilometri dalle polemiche». È venuto in California per staccare la spina e «ossigenare il cervello», ma soprattutto per cercare le idee con cui riproporsi alla guida del paese, rispondendo alle ansie della gente che hanno provocato l’ondata populista cominciata in Gran Bretagna con la Brexit, e proseguita negli Usa con Trump. «Il punto di questo viaggio – spiega Renzi, mentre con Marco Carrai va alla Apple per incontrare Tim Cook e Luca Maestri – è politico».

 «Dopo il referendum sembra che si sia tutto bloccato: si torna al proporzionale, si torna alle scissioni, si torna alle esperienze che vengono dal passato. Il che è rispettabile, perché lo avevamo detto che il referendum rappresentava un appuntamento importante e un nodo. Però mentre noi stiamo a discutere da tre mesi di come si fa il congresso del Pd, come si muove Sel, come Berlusconi e Salvini vanno d’accordo, fuori c’è un’Europa che continua ad essere il punto fondamentale in un mondo che viaggia a una velocità straordinaria.

Allora ho cercato di togliermi dalle polemiche, anche perché non sono più il presidente del Consiglio, e non sono più il segretario del Pd, in attesa del Congresso. Quindi ho deciso di andare un po’ a rinfrescare la mente, così come sono andato da solo a visitare Scampia e le periferie in Italia. Non sono venuto in California a fare il fighetto. Sto cercando di ossigenare il cervello, e in quattro e quattr’otto abbiamo messo su questa roba di due giorni e mezzo, incontrando Elon Musk di Tesla, Tim Cook della Apple, il fondatore di Airbnb, Stanford, la comunità italiana. Io avevo iniziato la mia prima visita da premier negli Stati Uniti dalla West Coast, non da East. Stanford ad esempio è un punto di riferimento fondamentale per il rapporto tra le università e il lavoro, le università e le aziende. Nessuna delle grandi compagnie della Silicon Valley che tutti conosciamo esisterebbe, se non ci fosse stata la straordinaria forza di Stanford e delle altre grandi università. Questo è il tema che mi sta a cuore: il rapporto tra le università e l’innovazione, e il messaggio positivo dell’innovazione».

 

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Renzi inquadra la sua riflessione nei cambiamenti epocali in corso: «Oggi siamo in una fase in cui la gente vede l’innovazione come un pericolo, ma lo diceva anche quando Gutenberg aveva inventato la stampa, o all’epoca della rivoluzione industriale. Secondo me la rivoluzione digitale è un passaggio simile a quelli, ed è chiaro che nel breve periodo le preoccupazioni, in particolare del ceto medio, sono forti. Ma la scommessa per un paese deve essere quella di investire sul futuro, non evitarlo. Noi italiani abbiamo molti cervelli, alcuni anche qui, tranquillamente in grado di essere protagonisti del tempo che cambia».

 

Negli Usa le paure del ceto medio hanno determinato la vittoria di Trump alle presidenziali, e ora in Europa sono in programma elezioni in Olanda, Francia e Germania, dove il populismo potrebbe dare la spallata definitiva all’Unione Europea. La California è il cuore della resistenza a Trump, e anche la culla dell’innovazione che potrebbe dare risposta alle ansie da cui nasce il populismo? «La risposta al populismo potrebbe stare nella crescita favorita dall’innovazione – risponde Renzi – a condizione che ci aggiungiamo un pezzo mancato anche nella mia narrazione: come garantire un sistema di protezione a chi si sente tagliato fuori. Qui non è un argomento, perché da un lato esistono comunque i numeri di Barack Obama che sono pazzeschi in termini di crescita economica, e dall’altro non c’è la cultura del Welfare come da noi. Però in Europa e in Italia c’è, e noi dobbiamo rivoluzionarla ancora. Quando viene proposto, ad esempio dai Cinque stelle, il reddito di cittadinanza a tutti, è un messaggio sbagliato perché favorisce il ripiegamento su se stessi. Posso anche non cercare lavoro, tanto ricevo comunque lo stipendio. Invece il messaggio deve essere: mettiti in gioco, provaci. Poi, se non ce la fai, io ti do’ una mano. Non è un reddito di cittadinanza per tutti, ma un paracadute per chi non ce la fa. In cambio fai formazione, lavori. Bisogna dare un messaggio di stimolo, di forza. Il punto è come. L’innovazione va posta davanti ad un paese come l’Italia con questa narrazione positiva. Basti pensare solo a tutta la ricaduta che la rivoluzione digitale potrebbe avere per le piccole e medie imprese, ma ancora non è stata affrontata come avremmo dovuto e potuto».

 

Renzi già sente le critiche degli scettici, e le previene: «Non voglio fare la parte del positivo, l’ottimista, evviva. Sto dicendo che qui c’è un pezzo di mondo che corre. La California produce il 50% del pil degli Usa, che è molto più grande del nostro, ed è generato dalle aziende nate qui. Allora mi chiedo: facciamo l’elenco delle aziende più grandi nate in Italia negli ultimi 20 anni? È più facile contare quelle andate via. Vogliamo avere solo uno sguardo di rassegnazione e ritiro, o vogliamo provare a trovare soluzioni innovative? Questo è il mio ragionamento».

 

Quindi Renzi vorrebbe che il congresso del Pd discutesse queste idee, per riproporsi come forza di governo capace di dare un futuro all’Italia: «Io penso che il Pd sia una grande cosa. Ora fa notizia perché litiga, ma sta facendo una cosa bella: discute al suo interno e prepara un congresso democratico. La cosa strana è che in Italia lo facciamo solo noi. Gli altri hanno un modo diverso di agire, e di conseguenza noi facciamo notizia. Però è impossibile che questo dibattito nel Pd sia soltanto sulle regole, è cruciale e fondamentale che sia sulle idee. Perciò al Lingotto lavoreremo solo su questo. Penso al tema del terzo settore e del sociale, all’innovazione, ma anche a come si fanno le cose già esistenti, dall’università alla scuola. Credo che ragionando su quello che funziona e quello che non va, si possa scrivere una pagina nuova». Superfluo, quindi, chiedergli cosa pensa della candidatura di Emiliano alla segreteria, o la data delle primarie: «Non fatemi parlare più di politica, l’ho fatto già troppo. Cerchiamo invece di immaginare un futuro migliore per l’Italia».

LA STAMPA

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