Il sistema delle sette Terre che può ospitare gli alieni
Ecco come potrebbe apparire in questa simulazione della Nasa la superficie di uno dei sette pianeti, quello identificato come «f»
Siamo soli o non siamo soli nell’Universo? Chi ama il tormentone ha da ieri sera un motivo in più per estenuarsi: a Washington il professor Thomas Zurbichen ha dichiarato, con gravità e convinzione, che adesso «rispondere alla domanda è una priorità della scienza».
Il motivo di tanta eccitazione c’è e l’ha spiegato Michael Gillon, l’astronomo dell’Università di Liegi che ha coordinato lo studio internazionale: «Siamo di fronte a un sistema planetario stupefacente». Sette pianeti, più o meno delle dimensioni della Terra. Tutti in orbita intorno a una stella nana, battezzata «Trappist-1», e tutti potrebbero ospitare oceani di acqua liquida. Tre sembrano ideali per la vita. Aliena.
Gli altri cloni della Terra finora individuati – e sono tanti, all’incirca 5 mila – erano come enigmatiche palle di roccia sparse qua e là nella galassia. Stavolta, invece, la scoperta riguarda «sette fratelli», compressi in orbite ravvicinate. Formano un sistema solare in miniatura, simile per dimensioni a quello di Giove con le proprie lune, ma con la Terra condividono la massa e alcune caratteristiche. Si trovano infatti – tre in particolare – nella «zona di abitabilità», vale a dire non troppo lontani né troppo vicini al loro sole. Così laggiù non si dovrebbe finire istantaneamente bolliti o prematuramente congelati.
LEGGI ANCHE – Scoperti 7 pianeti “gemelli” della Terra: 3 di loro potrebbero ospitare la vita
E in più – e questo aspetto ha ulteriormente emozionato gli studiosi – i «Sette» sono vicini a noi, almeno secondo le controintuitive logiche astronomiche: 40 anni-luce, 40 volte la distanza percorsa dalla luce in un anno. Che per i patiti di cifre e viaggi interstellari – ha calcolato la Nasa – significano 235 trilioni di miglia. Scrutando il cielo, sono prossimi alla costellazione dell’Acquario e li si può immaginare come un variegato condominio alieno, esuberante nelle possibilità di declinare forme viventi diverse.
Qualche esempio: «Trappist-1» è più piccola e decisamente meno luminosa del nostro Sole e le simil-Terre compiono un’orbita completa in pochi giorni. Un anno può equivalere, laggiù, a 12 giorni. Non solo. È possibile che i pianeti siano «legati» in modo particolare alla stella, esponendo sempre la stessa metà alla loro fonte energetica. Così una parte sarebbe accarezzata da un giorno perenne e l’altra schiacciata da una notte senza fine, con venti impetuosi a collegare le due zone.
LEGGI ANCHE Vent’anni a caccia di pianeti: così si cercano le “nuove Terre”
Simil-Terre sì, ma con potenziali aspetti tutti loro, tanto che Zurbuchen ha commentato che possono essere «un pezzo del grande puzzle rappresentato dalla ricerca di habitat favorevoli alla vita». Le osservazioni quindi proseguiranno, affinando il lavoro del «Very Large Telescope» nel deserto cileno di Atacama e quello, nello spazio, di un altro telescopio, lo «Spitzer» della Nasa: astronomi ed esobiologi promettono che la scoperta è soltanto l’inizio di un lungo percorso di raccolta dati. Prossimo passo? Capire se i «Sette» possiedono un’atmosfera e che tipo di aria si respira a 40 anni luce da noi. Qui sulla Terra, intanto, l’atmosfera è euforica. Il prof Gillon è riuscito a battezzare la stella che è il motore di tutto con il nome della birra-simbolo del Belgio – Trappist, appunto – e alle future tecniche di studio ha dato il nome di «Speculoos», lo stesso dei biscotti di cui vanno golosi i suoi connazionali. Cerchiamo gli alieni con impegno e qualche fragorosa risata.
LA STAMPA