Taxi, parla Delrio dopo l’accordo «Gli autisti resteranno nelle loro zone Resta il no al sistema di Uber pop»
Ministro Graziano Delrio, lei dice che il governo non ha ceduto alla piazza. Ma è proprio così? L’accordo con i tassisti è arrivato alla fine di una giornata di scontri, bombe carta e tirapugni.«Non abbiamo ceduto alla piazza. Le sigle che abbiamo convocato non erano in piazza e hanno preso le distanze da quello che è successo. Ci confrontiamo con chi vuole trovare una soluzione non con chi vuole incendiare il Paese».
Resta il fatto che i tassisti hanno ottenuto quello che volevano, non crede? «Abbiamo lavorato a un obiettivo che serve al Paese. Una regolamentazione del settore ci vuole, a prescindere dalle proteste. Non possiamo andare avanti di proroga in proroga, di emendamento in emendamento. Noi aspettavamo la legge sulla concorrenza che delega il ministero a mettere ordine nel settore».
Ma è ferma da due anni. «Appunto, abbiamo deciso di procedere lo stesso con un decreto che discuteremo con i sindacati dei tassisti, ma anche con sindaci e Regioni».
Aprirete a UberPop, l’app per gli autisti senza licenza? «Mi sembra molto difficile. Ma non è questo il problema: già adesso non è ammesso».
Gli Ncc, le auto nere. Dovranno tornare al garage di provenienza dopo aver lasciato il cliente o potranno caricarne altri sul posto? «Una differenza con i taxi deve rimanere. Gli Ncc potrebbero dover rientrare non nel garage di provenienza, ma nell’ambito territoriale ottimale».Intende nella Regione in cui hanno preso la licenza? «L’estensione della zona andrà discussa proprio con Regioni e sindaci. Ma il nodo della territorialità deve restare. Così come vanno rafforzati i controlli: se uno ha la licenza in un paesino delle Marche e poi lavora tutto il giorno a Milano, mi chiedo se è concorrenza o concorrenza sleale».
Ma ormai a fare concorrenza ai taxi sono tante cose, dal car sharing a BlaBlaCar. Non si ferma il vento con le mani. «Certo, ma non è detto che tutto il vento nuovo faccia bene per forza. Siamo aperti all’innovazione, che in molti campi sta migliorando le nostre vite. Ma non è un bene a prescindere. Dipende da cosa fa, da come lo fa, dalle conseguenze. I fattorini in bici che portano le cene a casa per tre euro l’ora, per dire: sono innovazione o sfruttamento?».
Secondo lei? «Appunto, nuovo non significa per forza meglio».
No alla rottamazione. «(Ride) No a distruggere il lavoro delle persone senza farsi domande. Le piattaforme multinazionali non sono il bene assoluto. Vanno regolamentate, a partire dalle tasse: dovrebbero pagarle in Italia».
Ma sulla web tax è stato il governo Renzi a prendere tempo, dicendo che servono regole internazionali. «Infatti ne parleremo al G7 di Bari, a maggio. Muoversi da soli non porterebbe risultati».
L’altro giorno in piazza con i tassisti c’era anche Virginia Raggi. Lei, che è stato sindaco, l’avrebbe fatto? «No, un sindaco deve assumersi le sue responsabilità, non scaricarle sugli altri. Le licenze dei taxi le danno i Comuni non il governo. E un buon sindaco non carezza il pelo alla piazza, dando ragione a una categoria per volta. Semmai le scontenta un po’ tutte e poi trova la giusta mediazione. Proprio quello che stiamo facendo noi sui taxi».
Ma in caso di altri scontri? «Diventerebbe una questione di ordine pubblico. A me non piace quando la polizia interviene in una manifestazione di lavoratori. Ma sarebbe inevitabile e quello che abbiamo deciso di fare insieme verrebbe messo in discussione».
Alitalia sciopera di nuovo: non c’è il rischio che la protesta si faccia più dura, sulla scia dei tassisti? «Sapevamo già all’incontro con Calenda e Poletti che lo sciopero non era rinviabile. Ma avevamo trovato un atteggiamento di responsabilità dei sindacati su eventuali altri scioperi, davanti alla disponibilità dell’azienda a lavorare sul contratto nazionale. Occorre continuare in quel senso».
Ma davvero non teme un effetto imitazione? «No perché, lo ripeto, non abbiamo ceduto alla piazza. Detto questo, non bisogna chiudere gli occhi davanti ai problemi della modernizzazione. Su alcune cose il capitalismo ha fallito: senza regole va a sbattere e noi con lui. Quello che ci vuole è un capitalismo temperato».
Ma non è così perché il governo viene percepito meno forte di prima e le proteste diventano più dure? «Non credo. Il caso tassisti è nato con quell’emendamento al Milleproroghe. Senza non sarebbe successo nulla».
Sarebbe andata allo stesso modo con Renzi al governo o senza scissione del Pd. «Ma dai. Non mischiamo cose che non c’entrano nulla».
CORRIERE.IT