Buttafuoco, Crocetta e la Sicilia da salvare

LO DICO AL CORRIERE

Caro Aldo,
la bellissima Autonomia regionale — lo Statuto speciale — giusto in Sicilia è buttanissima cosa. Non è come in Trentino-Alto Adige. Chiunque prenda un bus a Bolzano e un altro a Palermo capisce la differenza. Noi siciliani abbiamo fatto dell’Autonomia il pozzo nero del malaffare, del clientelismo e dell’arretratezza. La rivolta dei disabili gravi nella terra dei certificati falsi ha avuto in Pif — che lei ieri ha difeso — un benemerito capopopolo. E solo lui, forte di genuina passione, ha potuto segnalare nella sanità una sciagura conclamata più che un’emergenza. Lucia Borsellino — assessore del governo di Rosario Crocetta, ospite gradito delle Leopolde del Pd — se n’è dovuta scappare via da Palermo, tanto erano enormi gli scandali. La figlia di Paolo Borsellino ha perfino ricevuto una telefonata di solidarietà dal siciliano Sergio Mattarella, eppure niente: Crocetta è rimasto. Ed è — giorno dopo giorno — disastro sopra disastro.
Pietrangelo Buttafuoco

Caro Pietrangelo,
Non c’è dubbio che Crocetta abbia fallito. Ma prima di lui ha fallito Lombardo, condannato in primo grado a sei anni e otto mesi per concorso esterno in associazione mafiosa. E prima ancora Cuffaro, appena uscito da Rebibbia.

All’evidenza non è solo questione di uomini. Lei, appassionato della propria terra non meno di Pif, individua nell’Autonomia uno dei mali della Sicilia. Non ho motivi di dubitarne. Non so però se una gestione centralista cambierebbe qualcosa. Io non voglio vivere in un Paese che abbandona i disabili gravi; e sono certo che la grande maggioranza degli italiani la pensa come me. L’assistenza alle persone non autosufficienti è la priorità di una nazione civile. Quando si parla in genere di sanità, però, sarebbe intellettualmente disonesto non ricordare che ogni Paese ha la sanità che può permettersi di finanziare. A forza di spendere soldi che non si hanno, il bilancio pubblico va a catafascio. Se la Lombardia versa il 20% delle tasse che si pagano in Italia, e la Sicilia poco più del 2%, è difficile che la Sicilia possa avere la sanità — organizzata com’è noto su base regionale — della Lombardia. L’unica soluzione è lo sviluppo. È valorizzare l’isola più bella al mondo, con mosaici bizantini che neanche a Bisanzio, templi e teatri greci che neanche in Grecia, cattedrali normanne che neanche in Normandia, vulcani attivi a strapiombo su spiagge caraibiche e mari caldi da Pasqua ai Santi. I siciliani piangono seduti su un tesoro: che lo aprano.

CORRIERE.IT

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